Non si può parlare di emergenza ma l’incremento dei casi di tumore alla tiroide deve far riflettere. Ancor di più in Sardegna dove si registrano le più alte incidenze mondiali di tiroidite cronica di Hashimoto.

Il reparto di Chirurgia Generale del Policlinico Casula di Cagliari, diretto dal professor Pietro Giorgio Calò, è in prima linea nella lotta contro questa patologia. Si occupa prevalentemente di Chirurgia Endocrina, ma anche di Senologia, chirurgia oncologica, chirurgia di parete, chirurgia d’urgenza, chirurgia della cute e del sistema linfatico e Day Surgery. Il reparto, dotato di 20 posti letto, ha due percorsi diagnostica terapeutici assistenziale (PDTA) per il nodulo tiroideo e per il carcinoma della mammella. Oltre al direttore, vi lavorano 13 dirigenti medici e 10 medici in formazione ed insieme alla coordinatrice Milena Pisu lavorano 23 infermieri. Il reparto effettua oltre 1400 ricoveri ed oltre 1200 interventi per anno. E’ al quarto posto in Italia per intervento di carcinoma della tiroide con oltre 150 interventi per carcinoma all’anno. Il numero totale delle tiroidectomie effettuate per anno oscilla tra le 250 e le 400.

Professor Calò, i casi di tumore alla tiroide sono più che raddoppiati, che succede?

«L’aumento di incidenza in Italia ed in tutto il mondo è, in effetti, molto rilevante; le motivazioni non sono completamente chiare. Si ipotizzano fattori ambientali, esposizione a fattori tossici e all’inquinamento atmosferico, ma sicuramente la causa principale è il miglioramento dei mezzi diagnostici che comporta un aumento delle nuove diagnosi e un aumento di incidenza. In sostanza più ecografie, miglioramento della qualità delle ecografie e degli esami citologici ed istologici più diagnosi di carcinoma con un aumento di incidenza che sarebbe più apparente che reale. E questo sarebbe confermato dal fatto che a fronte di un aumento notevole dei casi la mortalità è rimasta per fortuna invariata e bassissima».

Perché ci si ammala alla tiroide?

«Nella maggior parte dei casi in realtà non si riesce a trovare una causa determinante ma ci sono diverse condizioni predisponenti. Pazienti sottoposti a radioterapia o esposti a radiazioni o radioattività hanno un rischio elevato ed un altro aspetto importante è quello della familiarità: molte malattie della tiroide sono familiari ed anche alcune forme di tumori possono essere ereditarie o familiari. Incidono poi aspetti ambientali e dietetici: la carenza di Iodio nelle acque e nella dieta predispone a malattie della tiroide».

Come si cura il tumore?

«Il trattamento del tumore della tiroide è prevalentemente chirurgico e cioè la asportazione della tiroide o di una parte di essa. La chirurgia della tiroide oggi si avvale di importanti ausili tecnologici, in particolari dispositivi di emostasi che tagliano e coagulano contemporaneamente utilizzando Ultrasuoni o Radiofrequenze che velocizzano gli interventi aumentandone la sicurezza ed i dispositivi per il neuromonitoraggio del nervo ricorrente che riducono il rischio della lesione del nervo che si traduce in danno importante alla voce. Per i tumori più piccoli possono essere eseguiti approcci mininvasivi con incisioni sul collo di 1,5-2 cm che, riducendo le dimensioni della cicatrice, consentono un miglior risultato estetico. Sempre per i tumori più piccoli si possono eseguire interventi conservativi e cioè si può asportare solo metà della tiroide consentendo ai pazienti di evitare la dipendenza dalla terapia sostitutiva. Oggi esiste anche la possibilità di un accesso attraverso l’ascella con l’ausilio del robot o di un accesso attraverso la cavità orale. Nel primo caso si elimina la cicatrice nel collo, ma è presente una cicatrice un po' più lunga in ascella, nel secondo caso la cicatrice essendo dentro la bocca è assolutamente invisibile. Si tratta di tecniche più invasive rispetto all’accesso nel collo e un po' più lunghe ma possono essere eseguite in centri ad alto volume di attività. Per i tumori molto piccoli ci sono anche delle sperimentazioni che puntano a tenerli solo sotto controllo senza operarli. Per i tumori più grandi si può associare la terapia con Radioiodio e si stanno sperimentando farmaci molto interessanti per i casi più avanzati. Ancora un cenno va dato alle terapie percutanee che posso essere utilizzate in chi non può essere sottoposto ad intervento chirurgico; tali tecniche distruggono il nodulo con un ago inserito nel collo utilizzando radiofrequenze, microonde o laser».

L'equipe del reparto di Chirurgia Generale del Policlinico Casula
L'equipe del reparto di Chirurgia Generale del Policlinico Casula
L'equipe del reparto di Chirurgia Generale del Policlinico Casula

I pazienti sardi sono diversi dagli altri?

Indubbiamente ci sono delle caratteristiche peculiari. La Sardegna ha una delle più alte incidenze mondiali di tiroidite cronica di Hashimoto; ci sono in Sardegna diverse aree di carenza iodica e di endemia gozzigena. Insomma in Sardegna ci sono mediamente volumi della tiroide più grandi rispetto ad altre aree e qualche difficoltà tecnica in più negli interventi chirurgici, perché la tiroidite rende i piani chirurgici meno netti e chiari per la presenza di aderenze».

 La prevenzione, se esiste, è efficace?

«È difficile intervenire nel senso di impedire l’insorgenza del tumore. Le accortezze sono le solite, dieta equilibrata, evitare lo stress, evitare le aree con un maggiore inquinamento. Facile a dirsi, ma più difficile da realizzare. L’accorgimento della supplementazione di Iodio nel sale è invece facilmente realizzabile e consigliabile. Per il resto è importante fare una diagnosi precoce che consenta interventi meno invasivi e migliori risultati a distanza. Soprattutto le categorie più a rischio, i pazienti con familiarità e quelli sottoposti a radiazioni dovrebbero fare controlli più assidui».

Ha qualche consiglio?

«Dico ai pazienti: “Siamo in una regione con alta incidenza di malattie della tiroide e quindi controllate la vostra tiroide con i dosaggi ormonali e la ecografia, soprattutto, come detto prima, chi è a maggiore rischio”. Il medico di medicina generale potrà sicuramente guidare e supportare i pazienti in questo senso. Nel caso di problemi alla tiroide è importante rivolgersi a strutture qualificate e ad alto volume di attività, che come confermato da tanti lavori scientifici pubblicati in importanti riviste garantiscono migliori risultati. La Società Italiana Unitaria di Endocrinochirurgia che ho l’onore di presiedere ha organizzato un programma di accreditamento dei centri sulla base del numero di interventi, dei requisiti del centro e dei risultati ottenuti. E per finire un messaggio positivo: la maggior parte dei noduli tiroidei sono benigni e anche quando purtroppo diagnostichiamo una malignità la percentuale di guarigione è altissima, gli interventi sono tollerati molto bene e la ripresa delle normali attività dopo tiroidectomia è molto rapida, per cui possono affrontare molto serenamente queste situazioni».

© Riproduzione riservata