Il voto disgiunto è stato sufficiente per far perdere Paolo Truzzu alle Regionali del 2024, ma il sindaco di Cagliari non è l’unico leader del centrodestra colpito dal fuoco amico. Anzi: i numeri dimostrano che il fenomeno esiste da tempo, e che nel caso dei predecessori di Truzzu fu persino più consistente. Solo che, per loro, non risultò decisivo.

Gli esiti definitivi delle elezioni del 25 febbraio sono arrivati molti giorni dopo, ossia il 20 marzo, con la proclamazione ufficiale della nuova presidente Alessandra Todde e del nuovo Consiglio regionale da parte della Corte d’appello di Cagliari. Il verbale ha così confermato quello che era emerso dai risultati parziali già noti, relativi a 1.825 sezioni sulle 1.844 diffuse in tutta l’Isola: i voti ottenuti da Truzzu come candidato governatore sono rimasti di alcune migliaia al di sotto delle preferenze ottenute dalle liste della sua coalizione. Precisamente, sono stati 7.141 in meno: vale a dire 331.099, contro i 338.240 raccolti complessivamente dalle nove sigle della maggioranza uscente, pari a un considerevole 48,99 per cento.

Questo significa che almeno settemila (abbondanti) cittadini sardi nella cabina elettorale hanno fatto la croce su un simbolo del centrodestra, probabilmente hanno anche espresso una o due preferenze per i candidati e le candidate al Consiglio regionale, ma poi hanno votato per un altro aspirante governatore: Alessandra Todde, o Renato Soru, oppure ancora Lucia Chessa. La deduzione è logica, e deriva dalle regole elettorali: se quei 7.141 non avessero indicato uno dei tre rivali del sindaco, il voto dato a un partito della coalizione di Truzzu si sarebbe automaticamente esteso al leader.

Differenza decisiva

Il piccolo scarto con cui è stata attribuita la vittoria a Todde (3.061 voti, pari allo 0,42 per cento) porta a un’altra conclusione puramente matematica: se anche solo la metà di quegli elettori “ribelli” avessero confermato piena fedeltà al leader scelto dal centrodestra, oggi a Villa Devoto ci sarebbe Paolo Truzzu e non la candidata del Campo largo. Quest’ultima, invece, si è avvantaggiata della tendenza opposta: è andata molto meglio delle sue liste, che si sono fermate a 293.288 voti e al 42,48 per cento, mentre lei ha vinto con 334.160 preferenze e una percentuale del 45,39. La differenza, in questo caso, è molto più ampia: 40.872 voti. Ma soprattutto, è una differenza positiva.

Il palazzo di giustizia di Cagliari: i risultati delle Regionali sono stati certificati dalla Corte d'appello
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In realtà è quasi sicuro che i voti disgiunti a danno di Truzzu siano stati di più, perché c’è sempre una quota non piccola di persone che votano solo il candidato presidente, senza preferenze per partiti e consiglieri. Ma qui c’è da sottolineare un dato piuttosto sorprendente. Nelle prime due consultazioni regionali con l’elezione diretta del presidente, nel 2004 e 2009, entrambi i contendenti principali – sia i vincitori che gli sconfitti – avevano ottenuto più voti delle loro liste. A partire dal 2014, invece, regolarmente il candidato del centrodestra resta al di sotto del risultato della coalizione.

È accaduto a Ugo Cappellacci dieci anni fa, che aveva ottenuto 8.482 voti in meno, e a Christian Solinas nel 2019, con uno scarto negativo di 9.421. Quindi, almeno il voto disgiunto misurabile con sicurezza aveva penalizzato il leader di Forza Italia e il segretario del Psd’Az in misura più ampia di quanto sia successo nel 2024 a Truzzu. Solo che, in entrambe le occasioni, il divario tra i due grandi poli era tale da non far risultare determinante la quota di preferenze “scollegate” dalla scelta sul presidente.

Invece nelle due precedenti tornate elettorali regionali entrambi i candidati del centrosinistra, Francesco Pigliaru e Massimo Zedda, erano andati meglio delle proprie liste, conquistando nel primo caso 21.941 voti in più, nel secondo 35.619. Il loro “valore aggiunto” era stato inferiore a quello che ha portato alla vittoria Alessandra Todde, ma comunque consistente.

L’analisi politica

Ma per quale motivo si sta consolidando questa tendenza che vede i candidati del centrodestra incapaci di sfruttare appieno il potenziale di consensi della propria coalizione, e quelli del centrosinistra invece protagonisti di performance migliori? “È possibile che incida anche la valutazione del peso e delle caratteristiche di chi assume il ruolo di portabandiera della coalizione”, ammette un po’ a denti stretti Pietro Pittalis, neo segretario regionale di Forza Italia e uno dei leader storici del centrodestra sardo. “Le cause che possono determinare la vittoria o la sconfitta, però, sono tante. Di sicuro bisogna sempre avere il rispetto del responso degli elettori”. Nell’ultima tornata elettorale regionale, per altro, “la sproporzione tra i voti delle liste e quelli del candidato mi porta a chiedermi se magari non ci sia stata qualche valutazione errata da parte dei presidenti di seggio, nel tener conto della volontà espressa dagli elettori. Ma non vuol essere una scusa per la sconfitta”.

In ogni caso, prosegue il deputato azzurro, “alle Regionali il nostro candidato era una persona perbene e preparata. Come sempre accade, avrà pesato anche il giudizio sull’attività della Giunta uscente: in Sardegna si è regolarmente verificata l’alternanza. Probabilmente in futuro dovremo tenere conto degli umori dell’elettorato, più che degli equilibri tra le segreterie dei partiti”.

Secondo Piero Comandini, segretario regionale del Pd, la chiave di lettura del fenomeno sta nel fatto che “il centrosinistra riesce di solito a candidare persone più riconoscibili e apprezzabili dall’elettorato. Sia quando provengono dai partiti, sia quando sono espressione della società civile come accadde con Francesco Pigliaru”. Nel caso di Alessandra Todde, per il leader Dem si è verificata una situazione particolare: “Dall’opinione pubblica è stata percepita più come una figura della società civile che caratterizzata dalla sua appartenenza al Movimento 5Stelle. E il risultato elettorale della lista M5S lo dimostra. Poi credo che anche la scelta di candidare una donna sia stata premiata come una novità positiva”.

Il lato negativo, per il centrosinistra, è rappresentato dalla maggiore forza delle liste dello schieramento avversario, che anche stavolta sono andate molto meglio: “Credo che sia dovuto alla capacità del centrodestra di massimizzare una politica fatta di piccoli interventi”, afferma Comandini: “Se guardiamo alle ultime tre o quattro manovre finanziarie della maggioranza guidata da Christian Solinas, notiamo tanti finanziamenti parcellizzati destinati a gruppi di cittadini o territori specifici, e questo deve aver avuto un suo peso nelle urne”.

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