In Sardegna con l’imposta di soggiorno lo scorso anno sono stati incassati complessivamente 24 milioni 878 mila euro (il 28,9% in più rispetto al 2022).

Il 2023 segna un anno record per gli incassi derivati dall’applicazione dell’imposta di soggiorno - riporta l’ultimo dossier dell’Osservatorio realizzato da Jfc tourism & management - con 790 milioni di euro incamerati complessivamente in Italia (+25,7%).

La Regione con i ricavi più elevati è il Lazio (188 milioni 494mila, +35,4%), dei quali 180 milioni sono attribuibili a Roma. Segue la Toscana, con oltre 107 milioni e un importante incremento rispetto ai 74 milioni del 2022. Sfiorano i 100 milioni anche Veneto e Lombardia.

Poi, il Trentino Alto Adige (62 milioni), l’Emilia Romagna (47 milioni), la Campania (47 milioni), la Sicilia (28 milioni). Con valori intorno ai 20 milioni troviamo la Liguria e il Piemonte, la Puglia si avvicina a quota 18 milioni e la Calabria a 10 milioni.

Tornando alla Sardegna, il comune che incassato di più è Olbia (2 milioni 699mila), seguono Arzachena (2 milioni 660mila), Alghero (2 milioni 364mila), Villasimius (1 milione 977mila), Palau (1 milione 589mila) Pula (1 milione 451mila), Budoni (1 milione 408 mila), Cagliari (1 milione 185mila), Santa Teresa Gallura (1 milione 106mila) San Teodoro (1 milione 095mila).

«Mentre continuano i confronti tra il Governo e le parti sociali da sempre coinvolte nella tematica dell’imposta di soggiorno – dalle associazioni di categoria ai rappresentanti delle piattaforme on line, dall’Anci alle rappresentanze dei proprietari di alloggi turistici – e si discute su eventuali modifiche per uniformare le regole a livello nazionale», sottolinea Massimo Feruzzi, amministratore unico di Jfc e responsabile dell’Osservatorio Nazionale sulla Tassa di Soggiorno, «le amministrazioni comunali continuano a incassare notevoli quantità di denaro da questa imposta. Infatti, nessun anno è stato tanto proficuo per le casse dei Comuni come il 2023: questo per un combinato disposto che ha visto, da un lato, l’incremento delle presenze di turisti e dall’altro l’aumento delle tariffe in molti enti locali. Inoltre, si registra anche un aumento dei Comuni che hanno introdotto l’imposta per la prima volta nel 2023».

Nel 2024 i Comuni Italiani nei quali sarà in vigore l’imposta di soggiorno salirà a quota 1.032, oltre alle Province autonome di Trento e Bolzano, ma il dato di certo più rilevante è quello relativo alle amministrazioni che hanno già assunto decisioni sull’incremento delle tariffe nel 2024, o che stanno per deliberare: l’Osservatorio Nazionale calcola che, sul totale degli enti locali che applicano l’imposta di soggiorno, ben il 29,3%, pari a 302 Comuni si muoverà in tale direzione.

Ma come vengono investite queste risorse?

«È sempre questo il punto di maggior dibattito all’interno dei territori», prosegue Feruzzi, «ma ultimamente, anche a livello nazionale, soprattutto a seguito dell’audizione che si è tenuta il 14 gennaio alla sesta Commissione permanente Finanze e Tesoro al Senato. Infatti, se da un lato le associazioni di categoria del settore turistico e gli stessi operatori insistono sulla necessità di utilizzare le risorse su precisi investimenti nello specifico ambito, l’Anci ritiene necessario consentire una destinazione ampia del gettito, come d’altra parte, già avviene».

Gli incassi derivanti dall’imposta di soggiorno, secondo l’articolo 4 del decreto legislativo del 14 marzo 2011 n. 23, devono finanziare «interventi in materia di turismo, compresi quelli a sostegno delle strutture ricettive, interventi di manutenzione, fruizione e recupero dei beni culturali ed ambientali locali, nonché dei relativi servizi pubblici locali» quindi, come afferma la giurisprudenza contabile, è da considerarsi come una “tassa di scopo”.

In sostanza, lo stesso articolo – spiega l’Osservatorio – sottolinea quindi come il gettito ricavato dall’applicazione dell’imposta di soggiorno debba essere impiegato esclusivamente per il finanziamento diretto e immediato di interventi nel turismo e/o a esso collegati. Però, questa indicazione è troppo generica, anche per la mancanza di un regolamento nazionale: tema che il Governo Italiano sta vagliando in questo periodo. Proprio sulla base di questo liberismo contabile, succede che molte amministrazioni comunali utilizzino tali risorse per investimenti non proprio conformi, ad esempio il pagamento di interessi passivi sui mutui, l’acquisto di pompe di calore per gli uffici comunali, la sterilizzazione delle colonie feline, lo sviluppo dell’agricoltura. E tante altre voci, che con il turismo non c’entrano nulla.

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