Se ne parla da anni, ma i risultati concreti sono ancora pochi. Pochissimi. Il divario retributivo tra lavoratori e lavoratrici in Italia sembra essere uno scoglio insuperabile, neanche fossimo fermi al secolo scorso. E invece nel terzo millennio, in un’era che addirittura ha visto la prima premier della storia tricolore, il fenomeno è più che mai attuale.

I numeri precisi arrivano dall'Osservatorio JobPricing autore del Gender Pay Gap Report 2023, confermando una realtà in cui il divario retributivo di genere rappresenta ancora una sfida aperta.

I numeri

Nel dettaglio, il report indica per l'anno 2022 un pay gap del settore privato (sanità e istruzione private escluse) dell'8,7% sulla Retribuzione Annuale Lorda (RAL) in Full Time Equivalent (FTE), che si estende al 9,6% se si considera la Retribuzione Globale Annuale (RGA).

Questo si traduce in un ritardo retributivo per le lavoratrici italiane che, in altri termini, è come se avessero iniziato a percepire lo stipendio solo a partire dal 2 febbraio, nonostante abbiano lavorato fin dal primo gennaio, creando un gap monetario di circa 2.700 euro sulla RAL e di 3.000 euro sulla RGA.

Osservando il pay gap medio per inquadramento contrattuale, il gap più elevato si osserva tra le figure impiegatizie (10,5%) e quello più basso tra le figure di quadro (4,9%). Confrontando i dati del 2022 con quelli degli anni precedenti, si nota un netto miglioramento dei gap salariali tra le figure dirigenziali ed operaie, riconducibili entrambi ai mutamenti occupazionali e retributivi degli ultimi anni.

Il divario cresce in alcuni settori, come in quello dei servizi finanziari, dove le donne arrivano a guadagnare il 17,7% in meno degli uomini, anche a causa della differente composizione occupazionale, ovvero la scarsa presenza di donne dirigenti, evidenziando quindi una segregazione verticale.

Oltre un secolo di attesa

«Un altro anno è passato, e il cammino verso la parità di genere procede sempre a piccoli passi. Troppo piccoli», spiega Nicole Boccardini – Project Development Manager in IDEM. «Secondo il World Economic Forum, mancano ancora oltre 130 anni al raggiungimento della parità di genere nel mondo. Per accelerare un cambiamento che porterebbe grandi benefici sociali ed economici è necessario porsi degli obiettivi e darsi degli strumenti, non solo di tipo legislativo. L’esperienza con le aziende che rappresentano una avanguardia di eccellenza nella realizzazione di percorsi di avvicinamento alla parità testimonia come il primo passo sia trasformare la parità di genere in un obiettivo strategico, al pari degli obiettivi di business, con indicatori di misurazione chiari ed oggettivi e piani di azione definiti e tempificati. Il raggiungimento di un risultato strategico ambizioso come la parità di genere è possibile solo con il coinvolgimento delle persone a tutti i livelli delle organizzazioni, con una azione combinata sul piano culturale, su quello delle politiche di gestione e con strumenti di misurazione accurati, che illuminino il percorso e consentano di superare gli ostacoli».

I settori

Il divario cresce in alcuni settori, come in quello dei servizi finanziari, dove le donne arrivano a guadagnare il 17,7% in meno degli uomini, anche a causa della differente composizione occupazionale, ovvero la scarsa presenza di donne dirigenti, evidenziando quindi una segregazione verticale.

In contrapposizione a questo le donne italiane vantano una maggiore istruzione rispetto agli uomini, con una percentuale del 59,7% di laureate sul totale. Tuttavia, la concentrazione femminile si mantiene alta nelle discipline umanistiche, mentre le discipline afferenti le Hard Stem vedono ancora una scarsa presenza femminile Ma, se come afferma anche l’ultimo rapporto del World Economic Forum, figure che richiedono competenze scientifiche, ingegneristiche e informatiche saranno sempre più richieste nel mercato del lavoro, l’esclusione e l’autoesclusione sistematica delle ragazze da queste discipline è un fattore che potenzialmente incrementerà la disoccupazione femminile e il gender gap di domani.

Soluzioni

Federico Ferri, Senior Partner in JobPricing, ne è convinto: «Nonostante il rafforzamento del panorama normativo, sia a livello nazionale con la revisione della normativa sulle pari opportunità, sia a livello comunitario con la Direttiva 2023/970, la strada per il raggiungimento della parità retributiva è ancora molto lunga. Il nostro osservatorio rileva un differenziale del 9,6%, con pochi miglioramenti concentrati soprattutto nella popolazione operaia. Al di là del dato in sé, credo sia importante tenere presente che oltre ad identificare i casi di discriminazione a parità di ruolo, o di valore del ruolo, per consentire reali pari opportunità di guadagno tra uomini e donne serve intervenire sulle cause principali del divario salariale. Mi riferisco alla cosiddetta child penalty, al “pavimento appiccicoso”, alla “leaky pipeline”, al “soffitto di cristallo: sono parole che alla maggior parte delle persone dicono poco, ma che raccontano l’estrema difficoltà che le donne vivono nell’entrare nel mondo del lavoro, nel percorso di carriera, e in fin dei conti nel conciliare le aspettative che la cultura dominante ha nei loro confronti come madri, caregiver e lavoratrici. Credo che questo sia l’ambito principale su cui lavorare, nelle politiche pubbliche, nelle aziende e anche dentro le famiglie e la società tutta».

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