Dopo lunghe trattative la firma del protocollo nazionale sul lavoro in modalità agile, quello che tutti chiamiamo “smart working”, è finalmente arrivata.

“Questo provvedimento colma una lacuna, (anche) l’Italia si è trovata dentro un’accelerazione causata dalla pandemia, spesso senza regole, in maniera non rispondente alle reali esigenze che questa organizzazione del lavoro richiede. Quindi si è avviata una discussione da subito, per limitarne l’impatto. Di fatto l’accordo non risolve del tutto i problemi, però quantomeno determina un quadro di regolamentazione che poi rimanda alla contrattazione, segnando i temi principali”, sottolinea Samuele Piddiu, segretario regionale della Cgil. “Finalmente si mette mano alla questione dell’orario di lavoro, al diritto alla disconnessione, si prevede la parità di trattamento tra l’attività svolta fuori e quella svolta nella sede dell’azienda, si prevede che si possano definire altri luoghi, diversi dall’abitazione, dove svolgere le prestazioni, si introducono temi come la sicurezza e la salute, che noi rivendicavamo, poi si pone la questione legata alla privacy e alla protezione dei dati, e infine la dotazione strumentale, perché molti lavoratori in questo anno e mezzo hanno dovuto usare i propri strumenti”.

Aggiunge il sindacalista: “La pandemia ci ha fatto scoprire una realtà alternativa. Sicuramente non si può pensare di tornare al passato, ci saranno cambiamenti nel mondo del lavoro, però noi diciamo che anche lo smart working deve avere un’alternanza, perché abbiamo visto che l’utilizzo esclusivo del lavoro da remoto produce discriminazione, e questo lo hanno vissuto prevalentemente le donne. Quindi, ben venga il rientro in sede, socializzare e vedere i colleghi. Lo smart working full time secondo noi non è la soluzione. Insomma, ci devono essere regole generali e chiare che devono essere assunte nella contrattazione collettiva e in quella integrativa a livello aziendale”.

Il 7 dicembre scorso sono arrivate In Italia le misure sul lavoro agile non emergenziale nel settore privato. Il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, ha firmato un protocollo che definisce le linee guida per l'utilizzo dello smart working ricordando che la contrattazione collettiva è la “fonte privilegiata di regolamentazione dello svolgimento della prestazione di lavoro in modalità agile”. 

Dall’altra parte hanno firmato: Cgil, Cisl, Uil, Ugl, Confsal, Cisal, Isb, Confindustria, Confapi, Confcommercio, Confesercenti, Confartigianato, Cna, Casartigiani, Alleanza Cooperative, Confagricoltura, Coldiretti, Cia, Copagri, Abi, Ania, Confprofessioni, Confservizi, Federdistribuzione, Confimi, Confetra.

Spiega la premessa al protocollo: “Nell’attuale fase storica sono in corso grandi trasformazioni che hanno un significativo impatto sull’organizzazione del lavoro. In questo contesto evolutivo è emersa una crescente attenzione alle esigenze di conciliazione dei tempi di vita e lavoro, di impiego di risorse rispettose della sostenibilità ambientale e del benessere collettivo, attraverso la riduzione degli spostamenti casa-lavoro e, conseguentemente, dell’utilizzo dei mezzi pubblici e di quelli personali, anche per ridurre le emissioni di agenti inquinanti e migliorare, nel contempo, la vivibilità dei centri urbani. Più in generale, vi è la necessità di procedere a un più ampio rinnovamento di prospettiva, ridefinendo il lavoro in un quadro di fiducia, autonomia e responsabilità condivise. Questi bisogni si sono resi ancor più evidenti con l’emergenza sanitaria da Covid-19, che ha innescato l’accelerazione dei percorsi di innovazione. Il processo di diffusione del lavoro agile dà impulso al cambiamento organizzativo e di processo, con l’utilizzo di strumenti tecnologici idonei e comporta anche la promozione di specifici percorsi formativi utili a consentire a tutti i lavoratori lo svolgimento del lavoro secondo tali modalità”.

 Il ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, avvalendosi di un gruppo di studio denominato “Lavoro agile” (istituito con i decreti 87 del 13 aprile 2021 e 99 del 21 aprile 2021), ha esaminato gli effetti dello svolgimento dell’attività di lavoro in modalità di agile. Un primo dato emerso dall’indagine è che il ricorso al lavoro agile è più che raddoppiato rispetto al periodo pre-pandemico.

L’indagine ha anche rilevato che il lavoro agile può favorire il bilanciamento tra sfera personale e lavorativa, ma anche dell’autonomia e della responsabilità individuale verso il raggiungimento degli obiettivi, favorendo altresì un risparmio in termini di costi e un positivo riflesso sulla produttività. Ancora: le parti sociali vedono nel lavoro agile un grande impulso al raggiungimento di obiettivi personali e organizzativi, funzionale, in modo efficace e moderno, a una nuova concezione dell’organizzazione del lavoro, meno piramidale e più orientata a obiettivi e fasi di lavoro, tale da consentire sia una migliore conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, nell’interesse del lavoratore, sia una organizzazione più produttiva e snella, nell’interesse del datore di lavoro.

Intanto, dopo la firma di questo documento, la diffusione del virus è nuovamente aumentata, lo stato d’emergenza in Italia è stato prorogato fino al 31 marzo 2022, e nel decreto si precisa che sono ugualmente prorogati al 31 marzo sia i congedi parentali al 50% per i genitori con figli in quarantena causa covid, sia la possibilità di smart working per i lavoratori fragili. Ma contemporaneamente in tutta Europa e non solo, i governi stanno indicando di tornare il più possibile allo smart working.

L’altra faccia della medaglia riguarda i danni fatti all’economia da tanti lavoratori che non vanno più al bar, non pranzano fuori, non prendono l’aperitivo con i colleghi a fine giornata, non fanno acquisti nei negozi vicino all’ufficio. Perdite stimate in 3,5 miliardi di euro in un anno per i servizi di ristorazione e accoglienza dei centri cittadini: è il calcolo fatto per il 2022 da esperti della Università britannica di Sheffield, con gli atenei di Nottingham e Birmingham. E – riporta l’Ansa - spiegano: “Le perdite rischiano di essere permanenti perché è prevedibile che lo smart working rimarrà a lungo e diventerà la norma per il prossimo futuro”.

“Stimiamo che circa 3,5 miliardi di euro in spese annue saranno perse dai centri cittadini a causa del telelavoro", spiega Jesse Matheson, autore principale del lavoro. “Questa perdita si concentrerà su pochi centri di grosse città, come ad esempio Londra, per cui si prevede una perdita del 31,6% della spesa. Parte di questa spesa sarà convogliata dove vivono i lavoratori, ma parte sarà proprio persa”.

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