Ha rimesso insieme i cocci di una carriera minata da un brutto infortunio con costanza e volontà. Quest’anno, grazie anche al Cagliari che gli ha affidato la sua porta, si può dire abbia raggiunto la consacrazione sportiva. Tutti, a cominciare dagli addetti ai lavori più qualificati, ormai considerano Boris Radunovic una certezza. Anche se l’avvio è stato stentato, come del resto quello di tutta la squadra, può definirsi una scommessa vinta.

Il 3 novembre del 2018 è una data che il portiere rossoblù ricorderà a lungo. Era in campo con la Cremonese quando si ruppe il legamento crociato del ginocchio. Una tegola sulla testa del giovane portiere serbo, fino a quel momento considerato un emergente. Da quel giorno ha saltato un anno di partite (26, in 206 giorni). Come se non bastasse, al rientro in campo nel 2019, un nuovo infortunio al ginocchio lo ha tenuto lontano dalla porta per altri 23 giorni.

Ma la fortuna – non è solo una massima – aiuta sempre gli audaci.

Così il portiere arrivato in Italia dal Rad Belgrado grazie all’Atalanta ha ripreso il percorso iniziato ad Avellino e proseguito a Salerno e a Cremona, sempre in prestito, con buoni risultati. A infortunio smaltito, la Dea lo manda ancora in prestito al Verona, dove però le possibilità di mettersi in luce sono molto poche. E, nella stagione 2021/2022 lo cede al Cagliari a titolo definitivo più o meno per mezzo milione, per fare da riserva a Cragno al posto del partente Vicario, destinato all’Empoli.

Eppure, proprio nella disgraziata stagione della retrocessione dei rossoblù, quando è stato chiamato in causa, non ha demeritato. In particolare nella partita di Verona contro l’Hellas, quando le sue parate permisero ai rossoblù di portare a casa un pareggio insperato.

Nella prima stagione cagliaritana ha giocato solo 5 volte (3 in Serie A e 2 in Coppa Italia). Poi, ceduto Cragno al Monza, il Cagliari ha deciso di scommettere sul serbo per il futuro e infatti non ha saltato un minuto in questa Serie B: è uno dei sette giocatori, tutti portieri, sempre presenti in questa stagione. Qualche incertezza lungo il cammino (ad Ascoli in particolare) poi una crescita costante che lo hanno proiettato tra i migliori estremi difensori della categoria. Finora ha tenuto inviolata la sua porta per tredici partite: «Dopo il primo anno all'Atalanta mi mandavano sempre in prestito, a un certo punto ho detto basta a questi giri e chiesto al mio procuratore di trovare una squadra che mi desse fiducia. Ho trovato il Cagliari, ero contentissimo: dopo sei mesi in cui mi sono dovuto adattare ora mi trovo benissimo. Per un portiere è importante stare tra i pali, se non giochi per tanto tempo diventa difficile», ha dichiarato di recente a Radiolina, ricordando che «il Cagliari è la squadra più forte dove ho giocato in Serie B». E anzi: «Spero di salire in Serie A con questo club e di rimanerci». 

Quest’anno si è sposato ed è diventato padre. E si prepara ai playoff con determinazione, mostrando in campo una concretezza per gli avversari disarmante: negli occhi dei più c’è ancora la parata su Falletti in Cagliari-Ternana. Quasi a sottolineare che la porta rossoblù, finché ci sarà lui, non è solo in buone mani: è blindata.

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