“This is not soccer!”. Cosi il celebre arbitro gallese Nigel Owens apostrofò Tobie Botes, mediano di mischia del Sudafrica, reo di protestare un po’ troppo. Motivo per cui il fischietto gli indicò la via per lo stadio di calcio. La frase dice molto sullo spirito del rugby, gioco in cui protestare è superfluo. I capitani e solo loro pacatamente dialogano con sua maestà l’arbitro. Senza mai alzare la voce.

Ma forse qualcosa sta cambiando. Johnny Sexton, mediano di apertura e leggenda del rugby irlandese, salterà i tre Warm Up test match dell’Irlanda verso la Coppa del Mondo. Il capitano dei verdi è stato riconosciuto colpevole di cattiva condotta dalla commissione disciplinare dell’EPCR. Tornerà in campo solo a partire dalla prima giornata della Rugby World Cup.

Questa decisione della commissione è da un certo punto di vista rivoluzionaria nel mondo della palla ovale.

Ma cosa è successo?

L’episodio che ha portato alla squalifica è avvenuto il 20 maggio scorso all’Aviva Stadium di Dublino, quando il Leinster è stato sconfitto per 27-26 da La Rochelle nella finale di Champions Cup.

Nonostante Sexton fosse in tribuna per un infortunio, dopo il fischio finale, è entrato sul terreno di gioco accostandosi all’arbitro Jaco Peyper e ai suoi assistenti Karl Dickson e Christophe Ridley puntando il dito e urlando contro di loro. Nulla di strano? Nel rugby è assurdo, inconcepibile e ancor più grave se si tiene conto della caratura del giocatore. Motivo per cui la sanzione è stata di lieve se non di lievissima entità. Per questo l’episodio sta facendo ribollire il mondo ovale.

Sexton neppure era in campo, per cui vien mal parlare di trance agonistica. Oltretutto la sua squadra, il potentissimo Leinster, un po’ la Juve ovale, non ha neppure fatto ammenda, limitandosi a pagare la ridicola ammenda comminata dalla commissione, appena 8000 euro. Inoltre, la versione del giocatore fa a pugni con un video in cui l’aggressività di Sexton è manifesta.

Scrive On Rugby: “dimostra che qualcosa non funziona nel metro di giudizio e revisione. Perché quelle che nelle motivazioni della sentenza vengono definite come “una buona dose di genuine attenuanti certo non bastano per giustificare l’esiguità della sanzione”.

Il problema non è legato alla solita questione culturale: chissà  se fosse successo a noi. Il problema è che non doveva succedere.

Il rugby, in sostanza, secondo molti appassionati, sta prendendo una brutta piega, seguendo esempi di altri sport di cui non vi è alcun bisogno.

La lievità della sanzione viene da tanti definita come “un incentivo per certi giocatori a poter avere comportamenti oltre le regole sapendo che poi la punizione sarà mitigata”.

Un fondo del più conosciuto giornale on line sulla palla ovale parla chiaro: “Il rugby fonda la propria riconoscibilità e apprezzamento sui valori facendo della parola rispetto il proprio cavallo di battaglia. Quale esempio trasmettiamo a giocatori e tifosi se un’icona del rugby si permette di avere un tale irriguardoso comportamento nei confronti della terna arbitrale? in nome di cosa  coinvolgeremo nuovi giovani praticanti e aziende che a diverso titolo si avvicinano e alimentano questo sport? Chi vorrà intraprendere il percorso arbitrale se questa è la tutela nei confronti dei direttori di gara?”.

L’Irlanda è tra le squadre più attese all’imminente Rugby World Cup 2023, che prenderà il via in Francia tra meno di due mesi. La Nazionale dell’Isola di Smeraldo è attualmente la numero uno del ranking mondiale e va a caccia di uno storico obiettivo: riuscire ad infrangere il tabù delle semifinali, fase che non è mai riuscita a raggiungere in nessuna delle edizioni passate. Una questione molto importante, al punto da mettere da mettere a rischio lo spirito del gioco. Quello vero.

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