Il tempo sembra essersi fermato nelle campagne di Aggius, tra le pietre scolpite dal vento della Valle della Luna e gli stazzi dell'entroterra. A quando la Gallura di granito e boschi, di mare battuto dal maestrale, non era ancora il paradiso delle vacanze dorate ma una terra (anche) di banditi e di odi feroci. "Pieghevoli alla ragione e facilmente educabili, accorti, coraggiosi, sprezzatori de' pericoli" ma anche "puntigliosi, irritabili, pronti e fervidi nell'ira a vendicare le ingiustizie": così Vittorio Angius descriveva i galluresi a inizio Ottocento. Qui, nel teatro della tormentata vita di Sebastiano Tansu, si gira "Il muto di Gallura", storia del più famoso bandito gallurese, opera prima del regista Matteo Fresi, prodotta da Fandango con Rai cinema. Una produzione importante che porterà sul grande schermo, insieme alla vita e alle feroci gesta del bandito (ma anche ai suoi tormenti), uno spaccato della Gallura dell'Ottocento con grande attenzione alle ambientazioni e all'uso della lingua. Sul set si parla un gallurese antico la cui cura, come la traduzione, è affidata a Riccardo Mura.

IL BANDITO Si deve allo scrittore sassarese Enrico Costa, che nel 1884 pubblicò il romanzo storico "Il muto di Gallura", se la storia di Tansu è diventata tra le più note del banditismo sardo. Nato nel 1827 ad Aggius, come risulta dall'atto di battesimo della cattedrale di San Pietro, dai coniugi Andrea Tansu e Agostina Razzu, era sordomuto, handicap che lo condannò fin dall'infanzia all'emarginazione e segnò profondamente le vicende successive della sua vita.

"Lu mutu" diventò "il figlio del diavolo", il latitante cui vennero attribuite decine di sanguinosi delitti. Sullo sfondo, la sanguinosa faida tra le famiglie Vasa, Pileri e Mamìa che insanguinò le campagne galluresi, tra Aggius e l'attuale Trinità d'Agultu, e provocò direttamente o indirettamente settanta morti secondo la ricostruzione di Costa. Storia e leggenda si intrecciano nella vicenda di "lu mutu" e non sempre i racconti delle famiglie coincidono con la narrazione del romanzo. Tra gli episodi cruciali della faida lo scioglimento del fidanzamento tra Pietro Vasa, cugino di Tansu e forse il suo unico amico, e Mariangiola Mamìa che fu siglato con la cerimonia dell'Abbrazzu, descritta da Costa, nello stazzo dei Mamìa a La Gjunchizza, non distante dalla chiesa campestre di Santa Maria a Vignola. La prima vittima fu Michele Tansu, il fratello di Bastiano, la seconda Michele Mamìa, ancora un ragazzino, fratello della promessa sposa, poi fu il turno della madre di Pietro Vasa e poi di Anton Pietro Mamìa, il padre di Mariangela. Il 26 maggio 1856 a San Sebastiano su siglata a Sam Sebastiano, a Tempio, "La paci" tra le tre famiglie, che si rivelò poi solo un armistizio.

Ma per il muto di Gallura la pace durò poco. Trovò ospitalità nella famiglia di Anton Stefano Pes, dove fu accolto in maniera amichevole e visse forse l'unico periodo sereno della sua vita. Qui strinse con la figlia del padrone di casa, Gavina, un'amicizia che ai suoi occhi era qualcosa di diverso. Ma quando, dopo un periodo di assenza, tornò allo stazzo L'Avru e scoprì che la ragazza era stata promessa in sposa a un altro, ricominciò la spirale di sangue. Fu ucciso Anton Stefano (delitto per il quale fu però condannata un'altra persona) e poi Pietro Vasa. Quanto alla morte di Bastiano Tansu, resta avvolta nel mistero. Forse ucciso, forse suicida o morto di stenti. Tra le leggende ce n'è anche una che lo vede in Corsica ma di certo nel 1858 la famiglia celebrò una messa in suffragio.

IL FILM Il regista Matteo Fresi, 39 anni, nato a Torino da genitori galluresi, racconta di aver scelto il Muto di Gallura perché ci ha visto una storia ancora attuale. "Conoscevo il libro da piccolo, quando l'ho riletto ho scoperto un impianto narrativo moderno ed elementi cinematografici. Ne ho fatto un adattamento e non credevo che venisse così ben accolto. Invece ho incontrato un produttore coraggioso come Domenico Procacci, che ringrazio. Non vuole essere un film folkloristico, ma una storia che abbia un'indipendenza dal punto di vista visivo. Non dovrà per forza raccontare usi e costumi dell'epoca, ma questa vicenda in quegli anni". Il protagonista è Andrea Arcangeli, 26 anni, pescarese. Noto come il Romulus della serie Sky ha appena girato per Mediaset/Netflix il film su Roberto Baggio. "Mi ha colpito - ha raccontato - la vicenda di un essere umano che per dolore e per necessità diventa qualcosa d'altro. Inoltre ha risvolti quasi da dramma shakespeariano ed è immersa in un luogo come questo, che sa di mito e di leggenda".

IL MUSEO Alla storia di Sebastiano Tansu è dedicata una teca all'interno del museo del banditismo ad Aggius, interessante esposizione che racconta - senza mitizzazioni - i tre secoli nei quali il territorio del paese, che si estendeva fino alla costa settentrionale, è stato l'epicentro del banditismo gallurese che vedeva una delle sue attività principali nel contrabbando con la vicina Corsica. Tanto da meritare gli strali del viceré Francesco Ludovico Costa che nel famoso "pregone", il cui testo è visibile nel museo, minaccia la distruzione di Aggius "scandaloso ricovero e favore di banditi e facinorosi".

Il tempo però sembra essersi fermato solo nell'incanto delle bellezze naturali, nei percorsi dei contrabbandieri si fa trekking e Aggius, fortunatamente non distrutta dal viceré, è oggi bandiera arancione del Touring, borgo simbolo della bellezza di Gallura.
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