Non sono state elezioni libere, ma nonostante le proteste dei seguaci di Navalny e il malcontento che serpeggia in larghi strati della società, Vladimir Putin ha incassato l’87% dei consensi, e dopo 24 anni al potere avvia il quinto mandato. Sarà presidente della Russia fino al 2030, il leader più longevo dai tempi di Caterina II la Grande che ha regnato per 34 anni.

Lo zar punta a battere il record che dura da duecento anni perché la clausola inserita nella riforma della Costituzione da lui voluta gli garantisce il sesto mandato, consentendogli di restare al Cremlino fino al 2036, quando avrà 84 anni.

Intanto, comunque, il record è di Caterina, la zarina più potente della storia, monarca tra le più influenti del suo tempo. Fu lei, che regnò dal 1762 al 1796, a inaugurare la politica aggressiva di espansione territoriale dell’impero, l’artefice della conquista della Crimea. L’aveva sottratta ai turchi, inaugurando definitivamente l’ossessione dell’egemonia russa sul Mar Nero, ancora oggi il totem della politica estera del Cremlino. Arrivò a espandere l’impero fin verso l’Europa, e col pretesto di difendere gli ortodossi che vivevano nella Polonia orientale, finì per spartirsi l’intero Paese con l’Austria e la Prussia.

Nella seconda metà del Settecento regnò sul vasto impero che andava dalla Siberia al Baltico, e come suo solito intrecciava le questioni di potere, e di espansione territoriale, alle storie d’amore e di letto. Salì al trono dopo che il marito - lo zar Pietro III, uomo violento che la maltrattava anche in pubblico - fu rinchiuso in carcere (e ucciso) dopo una cospirazione guidata da Grigorij Orlov, uno degli amanti prediletti tra i dodici di cui gli storici hanno contezza, due prima dell’incoronazione e dieci dopo. Amanti che le assicurarono devozione, lealtà e quattro figli. L’amore più grande, l’uomo che ha amato più di tutti, fu Grigorij Aleksandrovic Potëmkin, colui che nel nome della zarina ha conquistato la Crimea (annessa da Caterina nel 1783), fondato Sebastopoli, organizzato la base e la flotta navale sul Mar Nero, e condotto infine la guerra nel Caucaso contro l’Impero ottomano.

Caterina II, zarina di tutte le Russie, è stata uno dei più grandi monarchi dell’età moderna nonché una donna leggendaria. Figlia di un piccolo principe tedesco, governatore di un minuscolo stato come al tempo in Prussia se ne contavano a centinaia, regnò per 34 anni con pugno di ferro e tuttavia ispirata dai principi dell’Illuminismo, tanto da pensare all’abolizione della pena di morte e della servitù della gleba. Voleva fare un nuovo codice di leggi e perciò scrisse un’istruzione per la commissione di giuristi incaricati di redigerlo; un documento in cui parlava di libertà e di uguaglianza, riprendendo interi brani degli scritti di Beccaria e Montesquieu.

Inaugurò scuole e ospedali, e rese più moderna la struttura amministrativa statale, ma non ha mai rinunciato all’assolutismo del suo potere. Scriveva tantissimo: articoli, romanzi, pièces teatrali, manuali di pedagogia, riflessioni, memorie. E lettere, un’infinità, che spesso - specie i carteggi coi filosofi illuministi - venivano pubblicate sui giornali, con un ritorno d’immagine straordinario. Voltaire, già allora il più conosciuto tra i filosofi dell’Illuminismo, era uno dei suoi protetti e lui la ricambiava con la piaggeria degli adulatori, tanto da dichiararle apprezzamento per il suo «autoritarismo illuminato» e da indicarla al mondo come un modello di cambiamento, una monarca diversa dai biasimevoli Borbone di Francia. 

Coltissima, leggeva i filosofi e ne era dunque anche mecenate. Tra gli altri aiutò Diderot e, appunto, Voltaire. Per finanziare il primo, carico di problemi economici, arrivò addirittura a comprare la sua biblioteca, lasciandogliela in mano, nominandolo bibliotecario di corte e anticipandogli una somma di denaro pari a cinquant’anni di stipendi. Nel 1773 l’aveva persino chiamato a San Pietroburgo per farsi consigliare nel progetto di grandi riforme, ma sfortunatamente in quel periodo Caterina era molto impegnata a soffocare nel sangue l’insurrezione dei servi della gleba capeggiata da Pugacëv. L’ombra della Rivoluzione Francese era ancora lontana, ma fu quella rivolta a instillare nella zarina il primo ripensamento sulle idee dell’Illuminismo. Se ne convinse definitivamente anni dopo, nel 1789, quando a Pietroburgo cominciarono ad arrivare dalla Francia terribili notizie: l’assalto alla Bastiglia, la nascita di un’Assemblea Costituente, la fine della monarchia assoluta, e nel ’93 la decapitazione di Luigi XVI e di Maria Antonietta. Tutto quel che dei filosofi aveva letto e apprezzato, adesso le appariva come la causa di una catastrofe, di una «calamità senza fine». Morì nel 1796 ed era già una leggenda.

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