Putin potrebbe essere uscito di senno. Sarebbero queste le conclusioni messe nere su bianco nei dossier dell’intelligence di Usa, Regno Unito, Canada e Australia, riportate nei giorni scorsi dal Guardian e dal Daily Mail. Gli scatti d’ira sempre più frequenti, gli ordini confusi e contraddittori, i comportamenti ossessivi e maniacali nonché lo strano gonfiore in viso, secondo gli 007 sono indizi di demenza, magari del morbo di Parkinson, oppure effetti collaterali dell’assunzione di steroidi da lui utilizzati per potenziare l’effetto dei farmaci per la cura del cancro.

Il delirio di Hitler

Lo dirà la Storia, quanto di vero ci sia dietro queste rivelazioni sulla salute dell’uomo che ha invaso l’Ucraina e che rischia di attizzare una guerra mondiale. Certo, però, è che in tutta la Storia dell’umanità l’argomento dello squilibrio mentale del dittatore, del monarca, è stato sventolato più e più volte, quasi sempre senza fondamento. Basti ricordare certi imperatori romani come Caligola, Nerone, Domiziano. E, per avvicinarci all’epoca contemporanea, forse per nessun altro, come per Hitler, ci si è domandati se il delirio sulla superiore razza ariana e sul trionfo del nazismo - con tutto l’orrore che ne è seguito, a cominciare dall’Olocausto - fosse dovuto a una qualche forma di pazzia.

Il cavallo senatore

La rappresentazione degli imperatori romani come folli è spesso dovuta alla volontà di affidare alla damnatio memoriae quei tiranni invisi alla classe senatoria a cui autori come per esempio Tacito e Cassio Dione appartenevano. Per dire, Caligola sarà stato pure crudele e stravagante, ma quando disse di voler nominare senatore il suo cavallo non lo fece certo perché era pazzo, bensì per provocazione, per umiliare i senatori stessi. Quanto a Hitler, poi, si può dire che, effettivamente, almeno quanto a forma fisica non era messo bene. La cartella clinica segreta del Führer, rivelata in Germania dallo storico Henrik Eberle, ci racconta che soffriva di pressione alta e di dolori cronici all’intestino e allo stomaco, che era dipendente da eccitanti, tranquillanti, stimolanti sessuali (prima di ogni incontro con Eva Braun si faceva iniettare testosterone e ormoni di toro), e che negli ultimi anni era stato colpito dal morbo di Parkinson. Malanni e ossessioni che lo rendevano fortemente irascibile, ma la pazzia forse è un’altra cosa.

Carlo VI fatto di vetro

Ci sono stati invece alcuni casi di monarchi veramente folli che, tuttavia, hanno regnato a lungo. Carlo VI re di Francia, per esempio, restò sul trono per 42 anni, dal 1380 al 1422. Il suo squilibrio mentale diventò presto evidente: c’erano periodi in cui credeva di essere fatto di vetro e perciò restava immobile, correva per tutto il palazzo ululando come un lupo, non si cambiava d’abito per la paura di essere ucciso. Inutile dire che un re folle sul trono fa sempre comodo a chi vuole gestire il potere in sua vece. Nel caso di Carlo VI zii, fratelli e cugini; nel caso di Giorgio III re d’Inghilterra, i primi ministri.

Il principe reggente

Giorgio III, altro monarca passato alla Storia per la sua follia, a differenza degli altri fu però dichiarato pazzo in maniera ufficiale. Regnò per ben 60 anni, dal 1760 al 1820, e fu il primo sovrano del Regno Unito (istituito con l’atto di Unione del 1800) nonché uno dei padri fondatori della monarchia costituzionale moderna. La sua storia è conosciuta dal grande pubblico grazie a un film del 1994, La pazzia di Re Giorgio, tratto dalla commedia di Alan Bennett e diretto da Nicholas Hytner, con un cast straordinario (tra gli altri, Nigel Hawthorne nella parte del re, ed Helen Mirren, nei panni della regina Carlotta, Palma d’oro al Festival di Cannes del ’95 come migliore attrice). Giorgio III soffriva di periodici e prolungati attacchi della malattia, durante i quali veniva spesso bloccato con la camicia di forza e rinchiuso in una torre del castello di Windsor. Le sue condizioni di salute peggiorarono dopo la morte di Amelia, la figlia prediletta, uccisa a 26 anni dalla tubercolosi. Il re non si riprese più e così, nel 1810, la Camera dei Lord nominò reggente il principe ereditario che, con il nome di Giorgio IV, salì al trono alla morte del padre, esattamente dieci anni dopo.

Arsenico nei capelli

Studi recenti, pubblicati su The Lancet, hanno rivelato che lo squilibrio mentale di re Giorgio era dovuto ad attacchi acuti di porfiria, una malattia metabolica ereditaria. Attacchi che sarebbero stati aggravati da una forte esposizione del monarca a metalli pesanti, come piombo e mercurio. È su questa ipotesi che ha indagato l’équipe del professor Martin Warren, dell’Università del Kent, partendo dall’analisi di un campione di capelli. I test hanno dato ragione agli scienziati: nei capelli di Giorgio III c’erano concentrazioni di arsenico insolitamente alte. Il perché era da ricercarsi nei farmaci utilizzati per sedare il paziente, facilmente contaminabili dall’arsenico. Lo si è capito leggendo gli appunti del medico reale. «Ipotizziamo che - ha spiegato il professor Warren - l’esposizione all’arsenico abbia esacerbato gli attacchi di porfiria in un individuo già predisposto geneticamente».

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