Claudio Ranieri ha scritto un pezzo della storia del calcio vincendo la Premier League con il Leicester dei miracoli. Ha allenato anche le più importanti squadre italiane, si è seduto in panchina in Spagna e Francia, oltre che in Italia e Inghilterra. Tanti record, tanto calcio giocato prima e insegnato dopo. Ma c’è un altro piccolo record, non meno importante, sul quale ha in qualche modo messo lo zampino anche se indirettamente: i tredici gol (ma potrebbero essere di più) segnati su calcio d’angolo da Massimo Palanca nella sua carriera. Un record ancora intatto. Cosa c’entra Ranieri? A raccontarlo, più volte (l’ultima domenica mattina a Extratime su Radiouno) e anche in un libro, è stato lo stesso Palanca, uomo simbolo del Catanzaro dei tempi d’oro che tra gli anni Settanta e Ottanta fece sognare i tifosi calabresi grazie anche a due romani che hanno lasciato il segno a Cagliari: Carletto Mazzone e Claudio Ranieri.

Piede fatato

Molti millenials non sanno chi è Massimo Palanca e forse non lo hanno mai sentito nominare, ma per chi ha iniziato a fare le collezioni Panini negli anni Settanta, i baffi dell’attaccante, bandiera del Catanzaro, sono piuttosto familiari. Precisione, tocco di palla e furbizia. Sono forse le tre caratteristiche di un attaccante che non poteva contare proprio sulla forza fisica: alto 171 centimetri per 65 chili di peso, quanto giocava, aveva una caratteristica che gli permetteva di avere un tocco di palla da fuoriclasse. Il suo piede era piccolo: misura 37 (ma c’è anche chi dice 36). Grazie a questo riusciva a calciare benissimo e a dare effetti particolari al pallone. E se non poteva contare sulla forza fisica, certamente l’estro gli permetteva di saltare gli avversari e dare del tu al pallone.

L’esplosione

Nonostante sia esploso in Calabria, Palanca arrivava da un’altra regione: le Marche. Nato a Loreto il 21 agosto del 1953, si mette in luce a 17 anni con la maglia del Camerino in Serie D. Era il 1971 e il Catanzaro conquistava proprio quell’anno la sua prima storica promozione in Serie A anche se ancora i destini dei giallorossi calabresi e di Palanca non erano destinati a incontrarsi. Nel 1973 ottiene un provino con il Frosinone e nonostante si racconti che non fosse andato benissimo, viene acquistato dalla società laziale che militava allora in Serie C. L’infortunio di uno degli attaccanti titolari gli permette di mettersi in mostra e di sfoderare nella serie professionistica tutti i gioielli del suo patrimonio di talento: guizzo, scatto, potenza nel tiro e precisione nonostante un fisico gracile. Alla fine della stagione vince il titolo di capocannoniere con 17 reti in 38 gare. La Reggina si interessa a Palanca, ma la mancata promozione in B dà un vantaggio ai rivali del Catanzaro che se lo aggiudicano dal Frosinone per 350 milioni di lire. In panchina arriva Gianni Di Marzio che chiede numerosi acquisti tra cui appunto Palanca e Claudio Ranieri. La prima stagione non è esaltante: 4 gol in 36 gare, ma getta le basi di quello che accadrà negli anni successivi. La stagione seguente, infatti, il “folletto” segna 11 reti in 34 gare, trascinando il Catanzaro in A per la seconda volta nella sua storia. Il 3 ottobre 1976 arriva dunque l’esordio in A in Catanzaro –Napoli 0-0: la stagione si chiude poi con 5 reti in 18 partite e la retrocessione in B, anche se il purgatorio dura solo un anno.

I gol impossibili

Da quel momento Palanca e il Catanzaro rimangono insieme in A per tre stagioni e per l’uomo della bandierina sono gli anni della consacrazione. Le sue reti da calcio d’angolo lo fanno assurgere agli onori delle cronache sportive, tanto da coniare per lui il soprannome “piedino d’oro” grazie anche alle scarpette che il marchio Pantofola d’oro disegnava per l’attaccante giallorosso. Guidato da Carletto Mazzone in panchina, il Catanzaro fa sognare i tifosi del Sud. Memorabile la giornata del 4 marzo 1979 a Roma: all’Olimpico vince per 3-1 sui giallorossi di casa con una tripletta proprio di Palanca e due romanisti che esultano, Mazzone appunto e Ranieri. Il primo gol arriva proprio su calcio d’angolo con cui l’attaccante del Catanzaro trafigge Conti. “Anche all’andata segnai alla Roma su calcio d’angolo, anche se una leggera deviazione di un difensore fu decisiva e quindi il gol venne registrato come autorete. Allora non esisteva la regola attuale che assegna comunque il gol a chi ha tirato”, ha raccontato alla radio. Questo significa che il numero di reti messe a segno da calcio d’angolo oggi per Palanca sarebbe stato di sicuro maggiore. Anche perché ricorda pure un gol alla Juventus non visto dall’arbitro. Allora i sistemi tecnologici non esistevano.

Schemi e blocchi

Non erano tiri improvvisati oppure traiettorie decretate dalle condizioni climatiche. Sì, è vero, a Catanzaro il vento era spesso presente sul campo di gioco e questo aiutava, ha raccontato ancora Palanca. Ma soprattutto chi fu determinante in quegli schemi provati e riprovati sotto la regia di Carletto Mazzone era Claudio Ranieri. “Era lui che aveva il compito, da difensore che si portava avanti sui calci d’angolo, di andare a schermare il portiere quando io battevo i calci d’angolo”, ha spiegato Palanca. Poi il suo piede fatato delineava quella traiettoria subdola e il Catanzaro faceva punti. Un sogno per i tifosi.

L’addio e il ritorno

Gli anni d’oro di Palanca a Catanzaro finiscono nel 1981 quando, all’età di 28 anni, viene ceduto al Napoli per un miliardo e 350 milioni di lire. Ma Napoli non era Catanzaro, che nel frattempo, proprio grazie alla cessione del suo attaccante più rappresentativo, riesce ad acquistare tre giocatori importanti e disputare il miglior campionato di sempre della sua storia, con il settimo posto finale in Serie A. Nella sua prima stagione partenopea, invece, l’attaccante marchigiano mette a segno solo un gol in 23 partite, per poi essere ceduto al Como l’anno dopo, in Serie B. Dopo il ritorno al Napoli e il passaggio al Foligno nel 1984, dove disputa tuttavia due buoni campionati con 18 gol in 47 partite, il Catanzaro, nel frattempo sprofondato in C, si fa di nuovo avanti, così nel 1986 c’è il ritorno del figliol prodigo. Lo stadio impazzisce per il “Maradona con i baffi” che riporta il Catanzaro in B a 33 anni, segnando 17 gol che gli valgono il titolo di capocannoniere. E l’anno dopo, nella serie cadetta, la promozione in A viene mancata per un solo punto.

Dopo altri due campionati con il Catanzaro, il 3 giugno 1990 O’Rey, altro nome con cui veniva chiamato dai tifosi calabresi, disputa la sua ultima gara in giallorosso, sostituito al 70’ minuto della partita con il Barletta da un altro attaccante che a Cagliari disputerà forse le sue migliori stagioni: Antonio Criniti. Palanca detiene ancora oggi quel record di traiettorie improbabili dalla bandierina che facevano passare notti insonni ai portieri avversari. Il suo scudiero Claudio Ranieri nascondeva il pallone agli estremi difensori e Carletto Mazzone esaltava quell’arte facendo provare e riprovare loro gli schemi sul calcio d’angolo fino allo sfinimento. Così hanno scritto una pagina di storia del calcio italiano.

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