“Chi tutto c’era alla partita?” E ancora “ho brutta voglia” o “digli cosa”. Quante volte nel parlare quotidiano si sentono o si utilizzano simili espressioni. Frasi in un italiano fortemente influenzato dalla lingua sarda. È l’italiano regionale di Sardegna, quello su cui il Centro servizi culturali Unla di Oristano ha puntato i riflettori affidando allo studioso e docente di lingua sarda Antonio Ignazio Garau il compito di divulgare una serie di “pillole di linguistica leggera” così come lui ama definirle. Ogni mercoledì vengono pubblicate sul canale youtube del Centro (https://www.youtube.com/watch?v=cmP_hHf1s1A) le brevi puntate, realizzate in collaborazione con L’altra cultura, società cooperativa: un ciclo di sette appuntamenti dal titolo “Già è poco loffio non fa a vederlo” per iniziare un percorso lessicale, fonetico, morfologico e sintattico del repertorio linguistico.

Antonio Ignazio Garau spiega il progetto partendo proprio dal titolo: quel non fa ad esempio è un uso tipico dell’italiano regionale di Sardegna. «Il verbo fare è un verbo polisemico ma solo in sardo assume anche il significato di essere possibile mentre l’italiano standard non lo prevede – spiega – è uno dei tanti casi che dimostra la ricchezza del nostro repertorio linguistico, dietro il quale c’è un universo formato dalle varietà di lingua a cui siamo esposti e che emergono, intrecciandosi nelle nostre espressioni sia quando parliamo e spesso anche quando scriviamo».

Un dizionario di lingua italiana (L'Unione Sarda - Pinna)
Un dizionario di lingua italiana (L'Unione Sarda - Pinna)
Un dizionario di lingua italiana (L'Unione Sarda - Pinna)

Il progetto, senza alcuna pretesa correttiva o educativa, intende far sì che i parlanti sardi «abbiano la consapevolezza che si stanno esprimendo in italiano regionale di Sardegna. Possiamo continuare a usare queste espressioni, sapendo però che dietro ci sono queste contaminazioni di lingue diverse».

Rifacendosi agli studi scientifici di Ines Loi Corvetto e Cristina Lavinio, Garau ricorda che «l’italiano regionale è una varietà geografica dell’italiano con caratteristiche sintattiche, morfologiche, lessicali, fonetiche che lo differenziano rispetto a quello che si parla in un’altra regione o zona geografica».

L’italiano che si parla in Piemonte è diverso da quello sardo o da quello che si parla in Friuli o in Sicilia. Nel sardo addirittura da un paese all’altro, persino nella stessa provincia, ci sono marcate differenze sia a livello fonetico sia a livello lessicale. «Dall’intonazione della voce si coglie subito la provenienza di una persona – aggiunge – una caratteristica di noi sardi è quella di raddoppiare le consonanti. Talvolta per un eccesso di ipercorrettismo si tende a togliere la doppia quando invece è necessaria».

L’elenco dei modi di dire “spia del regionalismo sardo” sono tantissimi come Antonio Ignazio Garau evidenzia nelle sue chiacchierate divulgative. «Pensiamo alla polivalenza del pronome relativo che – sostiene – talvolta viene utilizzato come complemento di specificazione (è una persona che ti puoi fidare anziché di cui) oppure con valore temporale (l’anno che mi sono laureato anziché in cui) all’uso della preposizione semplice a davanti al complemento oggetto». E ancora l’uso particolare del gerundio utilizzato per indicare un’azione che si sta per compiere. «Se io domando cosa fai – sottolinea lo studioso – si può rispondere guardo la Tv, un sardo quasi certamente dirà sto guardando la Tv». C’è inoltre una gran ricchezza di calchi semantici ovvero termini e modi di dire in italiano calibrati sul sardo: «Solo noi sardi diciamo brutta voglia per indicare la nausea, è una chiara traduzione dal sardo gana mala – va avanti – oppure è frequente l’utilizzo di digli cosa per indicare il rimprovero».

Un dizionario di lingua italiana (L'Unione Sarda - Pinna)
Un dizionario di lingua italiana (L'Unione Sarda - Pinna)
Un dizionario di lingua italiana (L'Unione Sarda - Pinna)

Un’altra tipicità è rappresentata dall’antifrasi, ovvero esprimere un concetto con l’esatto opposto: «Ad esempio se vogliamo dire che una persona ha una bella macchina, diciamo a piedi è rimasto. Oppure sono frequenti espressioni come piccolina la fame per indicare una grande disperazione – spiega Garau – se di una persona che se la passa bene si chiede come sta, si risponde la testa gli fa male perché in sardo si dice sa conca di oidi».

E ancora la posticipazione dell’ausiliare nelle forme composte ed ecco il tipico “capito mi hai” diventato quasi uno stereotipo; l’uso rarissimo del passato remoto mentre si prediligono il passato prossimo o il trapassato prossimo (invece in altre regioni, dalla Puglia alla Campania il passato remoto si utilizza anche per indicare un’azione compiuta poche ore prima). In conclusione l’italiano standard esiste solo nella scrittura «è più un’aspirazione e una tendenza – sostiene Antonio Ignazio Garau – fondamentale però è conoscerlo e avere la consapevolezza delle innumerevoli sfumature e ricchezza della nostra lingua». Ed ecco che le sue pillole di linguistica leggera arriveranno anche nelle scuole.

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