Nell’ultimo anno i pagamenti in contanti nell’area Euro sono scesi dal 72% al 59%. Le transazioni elettroniche crescono e nonostante il rallentamento dovuto alla guerra, il contante continua a perdere peso nell’economia mondiale. E non sono solo le criptovalute (dalle stablecoin ai bitcoin, sempre più legati anche alle quotazioni dell’oro) ad aver avuto un ruolo in tutto questo anche se certamente hanno dato uno scossone al sistema finanziario. Ecco perché la Banca centrale europea, così come gli altri istituti centrali, ha pensato bene che è il momento di entrare in un nuovo mercato, quello delle monete virtuali, appunto, per essere protagonista del cambiamento del sistema finanziario mondiale.

Gli annunci

Al momento, la Bce sta studiando il sistema e come annunciato nelle ultime settimane l’Euro digitale arriverà entro l’autunno. O meglio, entro quella data si deciderà in che modo adottare una moneta elettronica europea, per far fronte in qualche modo alle criptovalute con qualcosa di forte, stabile e soprattutto garantito da un’istituzione europea. In prima linea nello studio del nuovo Euro digitale c’è l’italiano Fabio Panetta, membro del comitato esecutivo della Banca centrale europea. La ragione per cui si vuole creare una moneta virtuale europea è presto detta: assicurare l’integrità continentale anche sul fronte dei servizi finanziari. I numeri del calo nell’uso del contante, spiega la presidente della Bce Cristine Lagarde, “sono molto chiari e vediamo un calo sull’uso dei contanti. Tutto sta andando sul digitale, la gente esprime una preferenza per questo. Dobbiamo assicurare di avere un’alternativa al contante e che sia ancorata alla nostra politica monetaria e alla sovranità delle nostre azioni”. Inoltre, sempre secondo Lagarde, assicurerebbe i pagamenti in area euro evitando le transazioni in altre valute.

Cosa è

Vediamo dunque che cosa è nei fatti l’Euro digitale. “È una moneta a tutti gli effetti, emessa dalla banca centrale come le banconote – spiega Riccardo De Lisa, docente di Economia degli intermediari finanziari all’Università di Cagliari – ha lo stesso valore del contante ma è digitale ed è emessa dal soggetto più robusto in assoluto, la Banca centrale europea, che ha proprio lo scopo di emettere moneta, per cui non c’è un problema di rischio di credito”. Questa la prima grande differenza rispetto alle criptovalute, che invece sono emesse da privati e sono soggette alle classiche oscillazioni di valore che dipendono da domanda e offerta, quindi dalle regole di mercato.

Secondo l’Abi, l’Associazione bancaria italiana, “l’euro digitale dovrà essere uno strumento di pagamento, bene accetto, al pari del contante e degli altri metodi di pagamento digitale”. Sarà quindi utilizzabile anche per le transazioni al dettaglio e avrà tre obiettivi principali, spiegano gli esperti di Abi: “Garantire la piena utilizzabilità della moneta della banca centrale in un mondo in cui i consumatori e le imprese utilizzano sempre più i pagamenti digitali e meno il contante come mezzo di pagamento; supportare la digitalizzazione dell’economia europea; mantenere la sovranità monetaria in uno scenario di diffusione di monete digitali di banche centrali straniere o di loro alternative private”. Quindi l’idea è di entrare in un mercato digitale per dare certezze ai consumatori senza voler dire addio del tutto ai contanti ma per creare un’alternativa valida e sicura.

Le differenze

Cosa cambia dunque rispetto a oggi? In sostanza, che l’Euro digitale esiste soltanto come transazione virtuale “mentre la moneta cartacea è tangibile”, spiega ancora De Lisa. Questo significa che non ci saranno depositi bancari, ma euro digitali emesi dalla banca centrale. Le questioni pratiche sono ancora da definire, ma certamente sarà tracciabile e sarà possibile anche disintermediarlo per trasformarlo in contante. La Banca centrale europea, tuttavia, è chiara sul fronte della privacy. “Una banca centrale – ha spiegato Lagarde – non ha nessun interesse a usare i dati personali dei clienti delle banche. La banca centrale non è interessata ai dati e non vuole monetizzarli. Invece ci sono alcune grandi compagnie che sono interessate alla raccolta, la gestione e l’analisi dei dati su vasta scala, per monetizzarli. Quindi penso che l’ansia sia mal riposta rispetto alla banca centrale e dovrebbe essere più concentrata sull’uso che si fa dei dati personali da parte di alcune grandi compagnie tecnologiche”.

Un aspetto questo su cui chiede certezze anche l’Abi, con un registro dei pagamenti che però permetta di mantenere riservatezza. Così come le banche italiane chiedono però di non essere estromesse dal loro ruolo di intermediazione: va bene l’Euro digitale come valuta di riferimento ma senza che questo riduca il ruolo delle banche. Allo stesso tempo, si chiede anche che la tecnologia messa a punto dalla Bce sui sistemi di pagamento virtuali per l’Euro digitale possa diventare una piattaforma diffusa e da utilizzare da parte degli istituti di credito. Speranze che in autunno, quando saranno svelati i programmi della Bce, si saprà se saranno prese in considerazione.

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