È tornato alla ribalta della cronaca dopo l’arresto di Messina Denaro, è diventato addirittura motivo di tensione sociale davanti al caso dell’anarchico Cospito. Il famigerato articolo 41 bis, quello del carcere duro è al centro di un dibattito che si riaccende ciclicamente dopo l’introduzione (o meglio, la revisione) nel 1992, il tempo delle drammatiche stragi di mafia di Capaci e via d’Amelio.

A CHI SI RIVOLGE 

L'articolo 41-bis è un regime di detenzione carceraria che si applica nei confronti dei condannati per alcuni reati gravi o in situazioni di emergenza. La norma prevede che in casi eccezionali il Ministero della giustizia possa sospendere le regole di trattamento dei detenuti previste dalla legge: come nelle situazioni delle rivolte negli istituti di pena o, più comunemente, quando ci si trova di fronte a detenuti (anche in attesa di giudizio) in carcere per reati di criminalità organizzata, terrorismo, eversione ma anche (meno frequentemente) nei casi di prostituzione minorile, di diffusione di materiale pedopornografico, di violenza sessuale di gruppo, di riduzione in schiavitù, di sequestro di persona a scopo di estorsione e di traffici internazionali di droga. 

LE  LIMITAZIONI 

In origine la legge sul 41 bis varata nel 1986 e modificata nel 1992 non prevedeva direttamente le limitazioni a cui dovevano andare incontro i detenuti ma si rifaceva all’articolo 14 dell’ordinamento penitenziario “con le restrizioni, strettamente necessarie per il mantenimento dell'ordine e della sicurezza, nell'esercizio dei diritti dei detenuti”.  Nel 2002 invece, per la parte relativa ai reati collegati ad associazione mafiosa, sono state introdotte limitazioni certe e definite, con l’isolamento rispetto agli altri detenuti. Il destinatario del 41 bis viene ospitato in una stanza singola e non ha accesso a spazi comuni del carcere. La possibilità di circolare all’aperto è limitata massimo due ore al giorno e deve avvenire in condizioni di quasi totale isolamento, al massimo con altre tre persone. Il detenuto è sottoposto a un controllo costante, gestito da un corpo di polizia penitenziaria speciale che non entra in contatto con gli altri agenti carcerari.

IL VETRO DIVISORIO 

 Sono pesantemente limitati i colloqui con i familiari, tendenzialmente uno al mese della durata di un'ora. Il contatto fisico è impedito da un vetro divisorio. Non si applica questo regime in presenza di figli o nipoti del detenuto sotto i 12 anni di età. In caso di assenza di visite è consentita una telefonata mensile con i familiari e conviventi di dieci minuti. Per qualunque tipo di posta in entrata o in uscita dal carcere è necessario un visto di controllo. Importanti restrizioni sono previste anche per il materiale presente in cella (dai piatti alle bottiglie, dalle penne ai quaderni). Al detenuto viene però garantita tutta la frequentazione necessaria con l’avvocato difensore.  

LA DURATA 

Il provvedimento del carcere duro ha una durata di quattro anni, ma può essere prorogato nel caso in cui si rilevi che il collegamento del detenuto con le organizzazioni criminali o terroristiche sia ancora in atto. Il regime del 41-bis può essere revocato anche su ordine del Tribunale di sorveglianza in caso di reclamo o di una decisione di illegittimità del provvedimento.

STRUTTURE E DETENUTI 

Sono una ventina le carceri in Italia in grado di ospitare detenuti sottoposti al 41 bis e ben cinque si trovano in Sardegna. Sono il carcere di Uta, quello di Bancali a Sassari e poi le case circondariali di Massama a Oristano di Badu ’e Carros a Nuoro, e di Mamone  a Onanì. Sono circa 760 i detenuti in Italia sottoposti attualmente al regime di carcere duro: la struttura più affollata è quella dell’Aquila, dove è rinchiuso anche Matteo Messina Denaro, con 152 persone al 41 bis. Cento sono i detenuti nel carcere di Opera, a Milano, mentre sono 91 gli ospiti di Sassari, dove si trovava fino a qualche giorno fa l’anarchico Alfredo Cospito prima di essere trasferito proprio nel carcere milanese. A Bancali c’è Leoluca Bagarella, il boss di mafia cognato di Toto Riina. 

REAZIONI INTERNAZIONALI 

La Corte europea dei diritti dell’Uomo negli ultimi anni è intervenuta più volte per controllare le condizioni di detenzione di chi si trova nel regime del 41 bis: sono arrivate singole censure su casi particolari ma il provvedimento legato al sistema carcerario italiano non è mai stato considerato in contrasto con i diritti sanciti dalla Convenzione europea. Amnesty international sostiene che il 41-bis equivale a un trattamento del detenuto “crudele, inumano e degradante".


 


 

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