In piazza Bellini, a Palermo, si incontrano tre chiese. Posizionate una di fronte all’altra si trovano quella della Martorana, ovvero di Santa Maria dell’Ammiraglio, e quella di San Cataldo, entrambe risalenti all’epoca del regno normanno e patrimonio dell’Unesco. Sull’altra parte della piazza si affaccia la terza chiesa: quella di Santa Caterina d’Alessandria, un edificio barocco, che racchiude in sé lo sfarzo della decorazione e, contemporaneamente, l’intimità del monastero. Difficile fare una classifica tra i siti, ognuno porta in sè una specificità di bellezza che non lascia indifferenti. La chiesa della Martorana è una struttura piccola per dimensioni, ma estremamente ricca di dettagli con i suoi mosaici dorati, alternati ai marmi, che vengono impreziositi dalla luce naturale proveniente dalle finestre.

Lo sfarzo. La chiesa di San Cataldo fu costruita nel 1154, sotto il regno di Guglielmo I, per volere di un suo Ammiraglio che desiderava una cappella per il suo palazzo, ora non più esistente. L’edificio è un esempio di architettura araba, con le tipiche cupole rosse che la sovrastano e la sua forma di parallelepipedo. Nel corso del tempo la struttura ha assunto varie funzioni: accolse i benedettini fini al 1787; nel 1882 fu adibita a ufficio postale; per ritrovare la sua originaria collocazione ed essere oggi visitata come immagine monumentale dell’arte normanna della città. Più lunga e articolata è l’esperienza nella chiesa di Santa Caterina, con i suoi arredi sontuosi e le opere d’arte preziose. Il percorso prevede tre tappe: la chiesa, le terrazze e il monastero. La chiesa è costituita da un’unica navata con tre cappelle per lato. Ciò che affascina è la decorazione degli spazi interni: marmi, stucchi e affreschi si fondono tra di loro a creare un effetto suggestivo. Il soffitto rapisce lo sguardo, l’altare è decorato con pietre dure grigie e verdi, con ornamenti in rame dorato che danno conto dell’arte barocca. Dietro l’altare si trovano le scale per accedere al piano superiore e trovare le indicazioni per le terrazze. Fino al 1886 erano delle logge coperte e protette da grate, solo così le monache potevano episodicamente affacciarsi alle vie cittadine e osservare cosa accadeva nel mondo che loro avevano abbandonato. Ai visitatori che scelgono di salire lassù, si offre un panorama mozzafiato.

Il chiostro. Tra cui anche la vista dall’alto del chiostro con la sua fontana circondata da un roseto delicato e suggestivo. Il monastero accoglieva le religiose provenienti dalle famiglie più in vista della città ed era considerato uno dei principali di Palermo. Erano talmente tante le suore che lo frequentavano, che nel 1532 fu annessa la chiesa di San Matteo che permise di ingrandire l’edificio. Dal 1311 al 2014 ha accolto suore di clausura dell’ordine domenicano; mentre a partire dal 2017 è stata aperta al pubblico e oggi è considerato un museo d’arte sacra. Le ultime religiose hanno lasciato il monastero nel 2014 e da allora è gestito dalla Curia. Al suo interno si trova la dolceria, dove sono riprodotti le prelibatezze palermitane secondo le antiche ricette delle suore.

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