Andare a Parigi e non trovare i bouquinistes, le bancarelle di libri antichi  lungo la Senna, sarebbe uno choc. L’essenza di Parigi non sono i suoi monumenti presi uno per uno, è la sua atmosfera inimitabile, fatta di ingredienti misteriosi: e uno di questi è senza dubbio la magica convivenza di elementi antichi e modernissimi, l’illusione di sbucare fuori dalla metro appena rinnovata e ritrovare ancora la stessa città che videro Picasso, Proust, Jean Cocteau. I librai appoggiati alle banchine del fiume sono tra i dettagli tipici del paesaggio urbano parigino, persino in odore di riconoscimento nel patrimonio dell’umanità consacrato dall’Unesco: eppure i visitatori che arriveranno nell’estate 2024 potrebbero non trovarli, scacciati dalle Olimpiadi.

Il problema si trascina, con discussioni accese, da più di due mesi e non ha ancora trovato soluzione. È nato da un’idea che le autorità francesi e il comitato organizzatore dei Giochi hanno studiato per rendere indimenticabile l’evento: la sfilata inaugurale delle delegazioni dei vari Paesi non dovrebbe snodarsi attorno alla pista di uno stadio ma addirittura lungo la Senna.

L’impatto spettacolare è garantito, gli atleti si troverebbero a navigare in mezzo a molte delle più celebri attrazioni parigine: Notre Dame, il Louvre, la Torre Eiffel, la statua della libertà, giusto per citarne alcune. E i bouquinistes che c’entrano? Li ha presi di mira il ministro dell’Interno, Gérald Darmanin: a suo giudizio, i box verdi sui parapetti potrebbero costituire una minaccia per l’ordine pubblico. Pare che il timore principale sia che qualcuno li riempia di esplosivo per mettere a segno un attentato in mondovisione. E in ogni caso la presenza delle librerie “en plein air” sarebbe d’intralcio per gestire la folla degli spettatori a terra e le operazioni delle forze dell’ordine.

L’ordine di trasferimento

Così, nel luglio scorso, il prefetto di Parigi Laurent Nunez ha inviato una circolare ai bouquinistes intimandogli di trasferirsi entro la prima metà del prossimo anno. Il provvedimento dovrebbe riguardare circa 600 degli attuali 900 punti vendita. Inevitabili le polemiche, anche perché non è stata ancora fornita ai diretti interessati una soluzione chiara: non si sa dove dovrebbero spostarsi, né per quanto tempo. Le rassicurazioni della sindaca Anne Hidalgo, sul fatto che il trasferimento sarebbe temporaneo e a spese del Comune, non sono bastate a placare le proteste. Non solo degli sfrattati, ma anche di una fetta importante della popolazione: una petizione contro la decisione del ministero dell’Interno ha raccolto centomila firme in pochi giorni, e le adesioni continuano a crescere.

Qualcuno l’ha definito un caso surreale e c’è del vero: Parigi ha sempre preservato la propria storia in modo creativo e non convenzionale, la piramide di vetro piazzata al centro del cortile del Louvre è l’esempio più famoso; ma ce ne sono tanti. Per la prima volta, però, il conflitto con la modernità mette a rischio una delle caratteristiche più tradizionali della capitale francese. Con aspetti paradossali: la sfilata sulla Senna, trasmessa in tutto il mondo, sicuramente si trasformerebbe in un lungo e straordinario spot sulle bellezze cittadine, moltiplicando il già notevole effetto promozionale delle Olimpiadi (pioggia sul bagnato, dato che la Francia è comunque il Paese al mondo più visitato dai turisti, e la sua capitale è tra le mete più gettonate). Eppure, chi dovesse conoscere Parigi solo in occasione dei Giochi del 2024 non vedrebbe uno dei suoi aspetti più pittoreschi. Insomma, per apparire più bella agli occhi degli spettatori e di visitatori solo potenziali, la città rinuncerebbe a mostrare uno dei suoi aspetti di maggior charme ai turisti veri, attuali, presenti.

La torre Eiffel vista dalla Senna
La torre Eiffel vista dalla Senna
La torre Eiffel vista dalla Senna

La categoria dei bouquinistes, per altro, è piuttosto indocile, difficile da piegare. Spesso rispetta con difficoltà anche le regole ordinarie stabilite per la gestione delle loro “scatole”, per le quali per altro non pagano il suolo pubblico. Gente abituata a passare ore e ore all’aperto, con qualsiasi clima, per guadagnare ormai sempre meno. “Alcuni di noi, se per un giorno non vendono, non hanno da mangiare”, ha dichiarato uno dei loro portavoce.

Logico quindi che stiano dando battaglia, aiutati anche dagli organi di informazione di ogni orientamento politico. L’invito del sindaco di Gisors, in Normandia, a ricollocarsi nella sua cittadina è stato colto solo come un segno di solidarietà. Loro invece propongono soluzioni di compromesso (come la chiusura nei giorni della cerimonia inaugurale e il controllo con strumenti anti esplosivo) che però non prevedano lo smantellamento delle proprie postazioni: anche perché molte sono vecchissime e dovrebbero essere poi ricostruite da zero.

Un patrimonio dell’umanità

Il timore è che, una volta cancellate dai parapetti, le bancarelle possano non farvi più ritorno. E sarebbe davvero una svolta epocale. La tradizione della vendita nella pubblica via dei “bouquin” (significa “piccolo libro”) è attestata fin dal XVI secolo, il primo regolamento che la riguarda è del 1649. La richiesta, in pista da alcuni anni, di inserimento nel patrimonio mondiale Unesco sembra tutt’altro che immotivata. Sono centinaia gli aneddoti di vita cittadina, o gli episodi citati in libri e film, collegati alle scatole verdi. Umberto Eco raccontò spesso la storia dell’antico libro dell’abate Vallet, che lui aveva acquistato casualmente da un bouquiniste, e in cui aveva trovato un’idea fondamentale per superare un blocco in cui era incagliato mentre faceva la sua tesi di laurea su Tommaso d’Aquino, che poi spalancò al giovane Eco le porte della ricerca universitaria: senonché, rileggendo anni dopo quel vecchio volume, l’intellettuale di Alessandria scoprì che l’abate Vallet non aveva affatto scritto ciò che lui aveva dedotto. Quella lettura gli aveva però in qualche modo offerto lo spunto per elaborare, in maniera personale, un concetto nuovo: magari, senza quella passeggiata svogliata lungo la Senna, Umberto Eco avrebbe avuto più difficoltà a diventare quell’enorme punto di riferimento per la cultura italiana che ha rappresentato nei decenni successivi. E chissà quanto altro dobbiamo ai libri venduti e acquistati sulle rive della Senna: fosse anche solo per questa ragione, Parigi non può non tutelare un pezzo così caratteristico e peculiare della propria storia.

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