Vediamo tutti cosa succede sui social: moltissime persone vanno al ristorante e fotografano i piatti con le pietanze appena servite. Non è una novità, succede da molto tempo. Direte: qual è il problema? Il problema è l’utilizzo delle foto scattate da altri e pubblicate sul proprio sito, dove si pubblicizza qualcosa.

Sul suo seguitissimo account Linkedin l’avvocato Filippo Testa spiega benissimo come funziona. E lo fa perché ha ricevuto la lettera di un ristoratore allarmato dopo la richiesta di denaro, alcune migliaia di euro, da parte di uno studio legale per conto di un loro cliente. Al centro della disputa c’è la foto di una pizza. Sì, un piatto con una pizza. Il titolare del locale che ha scritto all’avvocato Testa dice di aver utilizzato sul sito la foto di una pizza scattata da una terza persona che ora su quello scatto rivendica il diritto d’autore.

Lo diciamo subito: il diritto d’autore protegge le opere d’arte ma, attenzione a sottovalutare gli scatti col cellulare. Non a caso l’avvocato Testa sottolinea come non sia la prima volta che studi legali inviino diffide rivendicando diritti d’autore sulle immagini pubblicate da titolari di piccole imprese sui propri siti online. Va da sé che al diritto d’autore che si presume violato si accompagna una richiesta di risarcimento del danno.

“La materia”, scrive l’avvocato Testa, ”non è per nulla semplice: bisogna innanzitutto distinguere tra opere fotografiche, fotografie semplici e mere riproduzioni”.

Le opere fotografiche tutelate dalla legge sono “opere d'arte a tutti gli effetti, al pari di dipinti o sculture”. Questo significa che l’autore possiede “un diritto morale a vedersi riconosciuto come autore, nonché un diritto patrimoniale in forza del quale è l'unico a poterle sfruttare economicamente, ad esempio consentendone l’utilizzo a fini pubblicitari, dietro pagamento di un corrispettivo. In caso di violazione del diritto sull'opera fotografica l'autore può chiedere un risarcimento”.

Però, c’è un pero: in un diverso articolo la stessa legge prevede altre due tipologie di fotografie: quelle semplici sono immagini di persone o di aspetti, elementi o fatti della vita naturale o sociale, le mere riproduzioni sono invece  “fotografie di scritti, documenti, carte di affari, oggetti materiali, disegni tecnici e prodotti simili”.

Dunque, sottolinea l’avvocato Testa, le fotografie semplici hanno una forma di tutela, in quanto su di esse l'autore ha, nei venti anni successivi allo scatto, un diritto esclusivo di riproduzione e diffusione. La violazione di tale diritto comporta la possibilità per l'autore di chiedere  il risarcimento dei danni”. Con un limite: “La fotografia deve riportare il nome del fotografo o della ditta di cui il fotografo è dipendente o committente, la data e l'anno di produzione Altrimenti la riproduzione è lecita per chiunque e non sono dovuti compensi all'autore, salvo che il fotografo non provi la mala fede del riproduttore”.

Solo le mere riproduzioni, dunque, non hanno forma di tutela, in quanto prive di qualsiasi contributo personale dell'autore. Possono essere utilizzate da chiunque, “salvo dal loro uso non derivi la violazione di altri limiti legislativi, quali ad esempio il diritto alla privacy”, precisa Filippo Testa prima di riassumere: “L'autore ha sempre un diritto esclusivo sulle opere fotografiche, per le fotografie semplici il diritto è riconosciuto solo se sulla foto sono riportati nome dell'autore, data e anno di pubblicazione; per le mere riproduzioni non è prevista nessuna tutela”.

Sembra facile invece non lo è in quanto secondo la giurisprudenza  la distinzione tra opere fotografiche e fotografie semplici risiede “nella capacità creativa dell’autore, vale a dire nella sua impronta personale, nella scelta e studio del soggetto da rappresentare, così come nel momento esecutivo di realizzazione e rielaborazione dello scatto, tali da suscitare suggestioni che trascendono il comune aspetto della realtà rappresentata”. E allora: è opera fotografica se ha un connotato artistico e creativo tale da distinguerla dalla massa delle altre fotografie; è fotografia semplice se è comunque individuabile un contributo personale dell'autore, anche se non di tale intensità e portata da far assurgere la fotografia a opera d'arte; è mera riproduzione la pura e semplice rappresentazione della realtà, come per esempio quelle sui documenti.

“Quindi, la distinzione risiede negli occhi di chi guarda”, chiosa l’avvocato. “Il problema si pone dal momento che le richieste di risarcimento danni talvolta si basano proprio su queste valutazioni estremamente soggettive”.

Nel caso della foto della pizza però Testa rassicura il lettore. “Nessuna violazione del diritto d’autore, da quel che mi descrive la foto della pizza che le viene contestata non è certo un'opera d'arte, né è possibile individuare l'autore tramite la fotografica, per cui non si applica la tutela prevista dalla legge per le fotografie semplici”.

Tra il vedere e il non vedere, “meglio comunque rimuoverla dal sito e rivolgersi a un avvocato”. Non si sa mai.

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