Dolorosa e a volte invalidante, subdola perché scarsamente riconoscibile, non di rado richiede un intervento chirurgico. In Italia colpisce una donna su dieci (circa un tre milioni), metà delle quali in età riproduttiva, 14 milioni in Europa e circa 150 milioni nel mondo. Nelle più giovani il primo sintomo può essere rappresentato da semplici mestruazioni dolorose. Si comporta come una malattia cronica e può ripresentarsi anche dopo l’operazione. È l’endometriosi, una malattia infiammatoria della quale si parla troppo poco nonostante influisca pesantemente sulla vita e sull’attività sessuale. Nonostante i «grandi passi in avanti rispetto a qualche decennio fa», ha sottolineato poche settimane fa la ginecologa Maria Grazia Siragusa dell’ospedale Santissima Trinità di Cagliari, «le certezze sono ancora poche».

Insorge già a partire dall’adolescenza, a volte è latente ed è più frequente in chi ha problemi di sterilità. Il 28 marzo ricorre la giornata mondiale di questa malattia, un appuntamento istituito nel 2014 per spingere a prestare più attenzione a un problema che può comportare, se non lo si scopre precocemente, una grave compromissione dell’utero. Ma anche la sterilità.

L’origine

Il suo nome deriva dall’endometrio, un tessuto che riveste internamente l’utero e non di rado compare a causa di disturbi del ciclo. Di norma viene eliminato con le mestruazioni, ma capita che fuoriesca dal suo naturale habitat e si attacchi all’interno dell'addome, sugli organi pelvici: così nella parte bassa del bacino compare il dolore, che spesso si presenta tra un ciclo e l’altro e durante i rapporti sessuali. Col tempo può diventare cronico, insopportabile e invalidante, durare sino all’età della menopausa e provocare, nel 30 per cento dei casi, l’impossibilità di avere figli. A volte, oltre a seguire una terapia farmacologica (si usa anche l’anticoncezionale), è necessario intervenire chirurgicamente (soprattutto quando vengono coinvolti l’apparato intestinale e urinario) e poi seguire una lunga riabilitazione, con fisioterapia e psicoterapia. Ma anche l’operazione, soluzione ritenuta estrema, può non risolvere in maniera definitiva il problema: ecco perché la diagnosi precoce può essere determinante.

Una malattia subdola

La patologia è di frequente genetica e può essere asintomatica, quindi capita sia scoperta con un ritardo - anche di anni - che può rendere non più curabile la patologia. Così la qualità della vita viene stravolta dall’infertilità e dal dolore cronico, «il sintomo più importante», ha spiegato già nel 2019 la professoressa Anna Maria Paoletti, ordinaria di Ginecologia e Ostetricia all’Università di Cagliari, «che può risultare anche molto invalidante per via della resistenza ai comuni analgesici».

Il dolore si diffonde a partire dal\u00A0basso ventre (archivio)
Il dolore si diffonde a partire dal\u00A0basso ventre (archivio)
Il dolore si diffonde a partire dal basso ventre (archivio)

Ci possono essere anche ulteriori conseguenze, perché «gli antinfiammatori agiscono a livello del sistema nervoso centrale modificando l’attività dei neurotrasmettitori coinvolti nel controllo dello stato psicologico». E infatti capita che «se non si trova una causa organica associabile al dolore cronico, il paziente viene a volte considerato come affetto da una malattia psichiatrica», ha spiegato nel 2017 all’Unione Sarda Susanna Podda, dirigente medico del reparto di Medicina fisica e Riabilitazione dell’ospedale Brotzu. A Cagliari i punti di riferimento sono l’Università e il Centro endometriosi del Policlinico universitario di Monserrato diretto da Stefano Angioni, dove vengono seguite centinaia di pazienti, a Sassari c’è la clinica di Ginecologia e ostetricia dell'Aou di Sassari diretta da Salvatore Dessole. All’ospedale oncologico di Cagliari, sotto la guida di Antonio Macciò, si eseguono interventi chirurgici.

Il Policlinico universitario di Monserrato (archivio)
Il Policlinico universitario di Monserrato (archivio)
Il Policlinico universitario di Monserrato (archivio)

La legge regionale

La Sardegna ha una legge specifica dedicata all’endometriosi, è stata approvata dal Consiglio regionale nel 2014 ma qualche settimana fa è finita nel mirino della consigliera Carla Cuccu, ex 5Stelle e Gruppo misto ora “Idea Sardegna – Alleanza civica identitaria”, secondo la quale «tante donne sono costrette ad andare fuori dall’Isola per cercare cure appropriate e non di rado neanche sanno che anche qui da noi esistono centri che trattano l'endometriosi». Ma «in 7 anni non sono stati neanche nominati i componenti della prevista Commissione regionale, cui sono affidati compiti chiave a partire dalla predisposizione delle linee guida per il percorso diagnostico-terapeutico-multidisciplinare per le pazienti». Da qui l’interrogazione a Mario Nieddu, assessore alla Sanità, per sapere «cosa abbia finora impedito la costituzione» di quel gruppo di lavoro «e se siano stati almeno individuati i Centri regionali di riferimento per la diagnosi e la cura». Nieddu ha risposto spiegando che «l’emergenza Covid» ha complicato i programmi ma che adesso l’intenzione è «dare impulso» al progetto e «all’assistenza delle donne affette da endometriosi». Proprio «a partire dall’istituzione della Commissione regionale». Staremo a vedere.

L'ospedale oncologico di Cagliari (archivio)
L'ospedale oncologico di Cagliari (archivio)
L'ospedale oncologico di Cagliari (archivio)

La testimonianza

Nel frattempo per capire cosa significhi essere colpiti dalla patologia è sufficiente leggere la testimonianza raccolta dal collega Ivan Murgana e pubblicata su uno degli ultimi numeri dell’inserto salute dell’Unione Sarda. Lo scorso 23 febbraio Francesca Dessì, 39 anni, ha raccontato di un «calvario iniziato negli anni Ottanta, quando l’endometriosi era quasi sconosciuta». Aveva 8 anni. «Ho sopportato dolori lancinanti, molto simili al parto ma decisamente più lunghi di una contrazione. Per ogni ciclo mestruale e nei giorni dell’ovulazione ho dovuto ricorrere agli antidolorifici: ma i problemi più gravi sono arrivati nel 2019, in seguito a un intervento chirurgico durante il quale, per errore, mi hanno reciso un nervo. Riconoscere la malattia nelle prime fasi è importante e permette di condurre una vita normale, una diagnosi tardiva può portare anche all’asportazione dell’utero».

Ecco: tempestività. Per l’endometriosi non esiste a oggi una cura, quindi è fondamentale informarsi e prevenire. In attesa e nella speranza che la ricerca trovi una soluzione definitiva.

© Riproduzione riservata