La Gallura è provincia autonoma, una rivendicazione che arriva da lontano
Dal primo aprile la scissione tra Città metropolitana di Sassari e provincia nord-estPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
L’addio senza rimpianti alla defunta provincia di Sassari, in un periodo storico che non si distingue per passione politica, questa volta è solo un atto formale, siglato da un decreto firmato il 27 marzo scorso dalla presidente della Regione Alessandra Todde che, come nei divorzi, stabilisce la divisione dei beni tra la Città metropolitana di Sassari e la nuova provincia Gallura nord-est. Beni mobili e immobili, personale (chi è a Sassari ci resterà), partecipazioni negli enti. Un divorzio che questa volta sancisce (dal primo aprile) anche la morte della storica provincia del nord Sardegna, che nel 1859 alla sua nascita comprendeva mezza isola e che anche nell’ultima versione era la più estesa d’Italia.
L’autonomia arriva a esattamente vent’anni dal primo consiglio provinciale gallurese che fu convocato a La Maddalena. Una scelta un po’ simbolica, che voleva sancire una sorta di policentrismo del nuovo ente, un po’ furba perché ancora non era stata definita la questione capoluogo.
La spinta all’indipendenza del resto è molto antica e radicata in Gallura che è sempre stata una provincia nella provincia per identità linguistica e culturale. Dualismo che si è accentuato con lo sviluppo economico e demografico del nord est e il consolidarsi di Olbia come quarta città della Sardegna. I primi movimenti però nascono a fine anni Sessanta, agli albori della rivoluzione turistica. Ma è nel 1984 che la protesta diventa organizzata e popolare e ha il suo clou in un incontro al cinema Astra di Olbia al quale parteciparono 3000 persone. La strada sarà ancora lunga e a legge istitutiva delle nuove province (oltre alla Gallura, l’Ogliastra, il Sulcis e il Medio Campidano) sarà approvata dopo un processo lungo e tormentato nel 2001. Quattro anni più tardi le elezioni del Consiglio e della presidente con la vittoria dell’avvocata Pietrina Murrighile, espressione del centrosinistra. Ci sarà tempo per due mandati (la seconda volta vincerà il centrodestra con il presidente Fedele Sanciu).
Il valzer degli enti locali
Ma spira forte il vento anticasta e nel 2012 arriva il referendum che cancella le nuove province e, in seguito, quello che avrebbe dovuto abolirle tutte. Nel 2016 la legge regionale disegna il nuovo assetto che prevede le province di Sassari, Nuoro, Oristano e Sud Sardegna con l’aggiunta della Città metropolitana di Cagliari. Ma la spinta all’autonomia non si ferma e dal nord est investe gli altri territori. Così, dopo una gestazione di qualche anno, cambia ancora tutto nel 2021, la legge regionale torna a uno schema molto simile al precedente con sei province (Gallura, Nuoro, Ogliastra, Oristano, Sulcis e Medio Campidano) e le due città metropolitane di Cagliari e Sassari. Ci vorranno altri quattro anni, e un nuovo pronunciamento della Consulta (che già in precedenza aveva dato ragione alla Regione riconoscendole la competenza in materia), perché le province prendano corpo.
Il nord est conta 26 comuni e 159 mila abitanti per 3.400 km quadrati di estensione territoriale e mantiene il doppio capoluogo Olbia-Tempio. Per ora l’ente, come gli altri, sarà governata da un amministratore straordinario (Rino Piccinnu) in attesa delle elezioni che – per la legge in vigore - attualmente è di secondo livello, espressione dei consigli comunali, ma è in corso l’iter per farla diventare diretta.