Quelle foto scattate sui cieli di Cuba dall’U2 americano il 14 ottobre del 1962 rischiarono di trasformarsi in un micidiale detonatore per la più grave crisi diplomatica mondiale del secondo Novecento. L’intelligence di Washington impiegò un attimo a interpretare le immagini registrate dall’aereo da ricognizione: l’Unione sovietica stava installando una batteria di missili nucleari sulle coste dell’isola caraibica guidata dal fresco alleato Fidel Castro. Armi balistiche atomiche a meno di duecento chilometri dalle coste della Florida, uno strappo che fece precipitare il mondo nella gravissima “Crisi dei missili”, i tredici giorni più lunghi della Guerra fredda tra Occidente e blocco del Patto di Varsavia. 

Scenario drammatico

“Credevo che fosse l’ultimo sabato che avrei mai visto”, commentò poi Robert Mc Namara, Segretario della Difesa statunitense, riferendosi al 27 ottobre, il giorno in cui si rischiò di più il punto di non ritorno nel muro contro muro tra le due grandi potenze mondiali. Uno scenario che sembrava perso nel tempo gelido della sfida a distanza tra Mosca e Washington e che ora invece, diventa all’improvviso attuale con il conflitto in Ucraina. L’annuncio dell’attivazione dei sistemi di deterrenza nucleare da parte di Putin sembra aver riportato il mondo indietro di sessant’anni, quando la minaccia di un cataclisma atomico si era affacciata  sulle coste dell’Atlantico.

L’azione sovietica 

La scelta di Mosca di lanciarsi in un azzardo come lo spiegamento dei missili a testata nucleare “Sem” a Cuba arrivò come risposta all’azione americana, che aveva schierato armamenti in Turchia, ma anche in Italia e in Germania. L’occasione dell’Urss di spingersi a un passo dalle coste Usa si era presentata dopo il blitz (fallito) poco più di un anno prima alla Baia dei Porci, sempre a Cuba: nell’aprile del ‘61 la Cia, l’agenzia centrale delle informazioni politico-militari Usa, con la benedizione del presidente Kennedy, aveva tentato di rovesciare il governo di Castro e dei suoi Barbudos, “nemici comunisti” colpevoli di aver cacciato nel ‘59 il dittatore filoamericano Fulgencio Batista e soprattutto di aver attivato un piano di nazionalizzazione delle imprese estere. Uno scenario che spinse Cuba tra le braccia sovietiche, dando la possibilità al capo del Cremlino Nikita Krushev di giocare la mossa dei missili alle porte degli Stati Uniti. 

I giorni più lunghi

Kennedy venne informato della situazione il 16 ottobre: convocò subito il Comitato per la sicurezza nazionale per definire un rapido piano di risposta alla minaccia sovietica. Il presidente riuscì a far passare la (sua) linea ferma ma non affrettata davanti alla volontà delle autorità militari di far partire subito un attacco su Cuba e quindi contro l’Unione sovietica. Gli Stati Uniti non potevano non reagire davanti a una sfida così plateale per non correre il rischio di veder minato il proprio prestigio del mondo, e soprattutto per cancellare la minaccia degli armamenti puntati verso le proprie città. Serviva una risposta immediata ma doveva essere lucida per provare a scacciare dall’orizzonte il rischio concretissimo di uno scontro nucleare. Jfk scelse la parte giusta della storia, affidandosi all’opzione della “quarantena delle navi” anziché a quella dell’attacco diretto che sarebbe degenerato sicuramente in un conflitto totale: tutte le imbarcazioni di qualunque nazionalità potevano avvicinarsi alle coste di Cuba soltanto dopo l’ispezione diretta da parte della Marina statunitense. 

La paura nel mondo

Fu proprio Kennedy con un durissimo discorso in televisione il 22 ottobre a rivelare apertamente i contorni della crisi. “Se da Cuba dovesse partire un solo missile contro qualunque nazione occidentale, tale azione sarà considerata come un attacco dell’Unione sovietica agli Stati Uniti. Ci sarà una risposta militare con ogni mezzo nei confronti di Mosca”. Due giorni dopo si rischiò un contatto diretto tra le due super potenze, quando alcune navi sovietiche probabilmente cariche di armamenti, si avvicinarono al blocco americano attorno a Cuba. Passarono ore lunghissime, la situazione era drammatica, ma Krushev fece la scelta inattesa e più sensata: diede l’ordine ai comandanti di tornare indietro e allontanarsi dalla linea “di quarantena” imposta dalle navi americane.

Dalla crisi alla svolta 

Il nuovo momento critico arrivò il 27 ottobre, quando un U2 venne abbattuto dalla contraerea cubano-sovietica. Un nuovo strappo, forse il momento più difficile: sulle coste americane si schierarono i plotoni d’assalto in attesa dell’ordine d’attacco, ma una comunicazione diretta Mosca-Washington ebbe l’effetto dirompente di fermare tutto. Il Cremlino annunciò che avrebbe cancellato la propria base da Cuba in cambio di una smobilitazione americana in Turchia. Fu il punto di svolta, in poche ore si aprì un canale di trattativa diretto. La soluzione arrivò in tempo reale: il 28 ottobre la “Crisi dei missili di Cuba” e la minaccia nucleare sul mondo furono definitivamente chiuse. 

Sessant’anni dopo

Per sessant’anni quell’ombra è rimasta nascosta nei piani segreti delle potenze atomiche ma ora l’azione di Mosca in Ucraina ai confini della Nato ha improvvisamente riacceso le luci sul rischio di un corpo a corpo tra Russia e Stati Uniti. Gli effetti sarebbero irreversibili, si spera che il riferimento alle armi nucleari resti solo un’intimidazione strategica di Putin per portare avanti il suo brutale piano di invasione dell’Ucraina. 

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