Kylin Hill sogna il Super Bowl. Qualche sera fa era davanti alla tv e twittava i suoi commenti alle varie fasi di gioco, mentre Tom Brady stupiva il pianeta vincendo per la settima volta la partita che gli Usa considerano, senza modestia ma con ragione, la finale mondiale del football americano. Kylin Hill ha 22 anni e darebbe qualsiasi cosa per scendere in campo, un giorno, in un match di quel tipo. Fin qui, nulla lo distingue da qualsiasi altro giovane connazionale. Ma ci sono due differenze importanti. La prima è che lui, al contrario della quasi totalità dei coetanei, può davvero essere prima o poi protagonista di un Super Bowl. È il più talentuoso dei Mississippi State Bulldogs, la squadra dell'università statale del Mississippi. Nel suo futuro c'è (c'era?) la concreta possibilità di essere scelto da un team della Nfl, i professionisti strapagati della palla ovale. Sì, il parco giochi di Brady. La seconda differenza è che Kylin potrebbe essersi già giocato il sogno della sua vita. E non per l'alcol o qualche reato o analoghe storie di talenti sprecati. A mettere a rischio il suo futuro da campione è una sua coraggiosa presa di posizione pubblica. Politica, è giusto dire, anche se suona strano a proposito di un ventiduenne di oggi, quella generazione Z che vorremmo tutta ripiegata sui propri smartphone e interessata solo a TikTok. È bastato un tweet, nel giugno scorso: "Se non cambia la bandiera non rappresenterò più questo Stato, e dico davvero. Sono stanco". Hill era già popolare in Mississippi, dove è nato e vive. Ma la sua "obiezione di coscienza" social ha avuto un'eco molto più forte del previsto. Secondo alcuni commentatori, ha dato la spinta decisiva al movimento d'opinione che ha portato, il 3 novembre 2020, al referendum con cui la popolazione dello Stato ha sostituito per sempre un vessillo che conservava un simbolo considerato razzista e offensivo verso gli afroamericani.

La bandiera del Mississippi era l'ultima che ancora conservava al suo interno la croce stellata simbolo degli Stati confederati d'America, i protagonisti della Secessione nata (non solo, ma anche) per difendere il sistema schiavista. Il dibattito sulla sostituzione della bandiera durava da anni, ma nel 2001 un referendum analogo era stato bocciato con una maggioranza netta.

Kylin Hill è nero ed è cresciuto in uno Stato in cui la questione razziale è ancora viva, a quasi 60 anni dalla sommossa del 1962: quando una manifestazione di segregazionisti, che protestavano contro l'iscrizione all'università di un giovane nero (James Meredith), sfociò in scontri che lasciarono sul campo due morti. Ne parlò Bob Dylan in uno dei suoi primi successi, Oxford Town: "Andò a Oxford Town/e lo seguirono con mazze e pistole/solo perché il suo volto era scuro".

Negli ultimi anni, la battaglia per cambiare la bandiera è stata ripresa da Philip Gunn, presidente del parlamento del Mississippi, esponente del partito repubblicano. Dopo l'omicidio dell'afroamericano George Floyd a Minneapolis da parte di un poliziotto, il 25 maggio 2020, l'ondata di manifestazioni antirazziste in tutti gli Usa ha risvegliato la voglia di disfarsi di quel richiamo simbolico a un'epoca grigia. Ma è subito partita la reazione di chi era contrario al cambiamento. Quando Hill ha twittato il suo rifiuto a scendere ancora in campo per difendere un vessillo con la croce della Confederazione (l'Università per cui gioca è statale), non pensava che il suo messaggio di appena 18 parole potesse avere grande eco. Tanto che, subito dopo, si è buttato sul letto e ci ha dormito su. Sono stati i compagni di squadra, un paio d'ore dopo, a bussare alla sua porta per mostrargli le migliaia e migliaia di condivisioni e apprezzamenti suscitati dal suo tweet.

C'erano però anche tanti commenti negativi, offensivi, alcuni addirittura minacciosi.

Un primo piano di Kylin Hill (file a uso libero da Wikipedia)
Un primo piano di Kylin Hill (file a uso libero da Wikipedia)
Un primo piano di Kylin Hill (file a uso libero da Wikipedia)

Nei giorni successivi sono arrivate lettere di insulti a sua madre, Karenda, e telefonate a casa della nonna da parte di sconosciuti che urlavano l'appellativo più classico e stantio: "Negri". Karenda Hill temeva soprattutto che l'uscita pubblica di suo figlio potesse comprometterne la carriera nel football. La Nfl, la lega professionistica, aveva già vissuto con fastidio la vicenda di Colin Kaepernick, leader dei San Francisco 49ers, ostracizzato da tutte le squadre dopo aver inaugurato l'usanza di inginocchiarsi durante l'inno nazionale prima delle partite, per protesta contro la discriminazione dei neri.

Non è ancora detto che questo pericolo sia sfumato, lo sarà quando Hill verrà ingaggiato da uno dei 32 team della Nfl. Però il tweet del 22enne di Sandfield è diventato subito virale e ha dato un'ulteriore spinta alla lotta per cambiare la bandiera. "Ha reso la causa molto più forte", ha ammesso il deputato democratico del Mississippi Chris Bell, impegnato sullo stesso fronte. E il 30 giugno 2020 il governatore repubblicano Tate Reeves ha firmato la legge che aboliva il vecchio vessillo. Una commissione speciale ne ha disegnato uno nuovo, con un fiore di magnolia circondato da venti stelle. Il 3 novembre, un altro referendum lo ha approvato con oltre il 70% dei consensi, facendone la bandiera ufficiale dello Stato.

Molti hanno riconosciuto un ruolo decisivo, o almeno di grande rilievo, al tweet di Kylin Hill. A luglio il sindaco di Columbus lo ha ricevuto per consegnargli le chiavi della città. "Io sono solo un ragazzo", si è schermito in quella circostanza. Non intende atteggiarsi a guru politico; come ha raccontato Michael Lee sul Washington Post, Kylin non è un santo, ha frequentato compagnie discutibili esterne al football e all'università, e i suoi allenatori si sono scontrati a volte con le sue giornate di ribellione o di scarsa concentrazione. Una sera però il coach Randal Montgomery lo ha accompagnato a casa in macchina dopo l'allenamento, per spiegargli con calma che stava rischiando di sprecare un enorme talento. Da allora, Hill sembra aver capito. Ha smesso di saltare le lezioni universitarie e a maggio dovrebbe laurearsi in psicologia, seguendo la raccomandazione di mamma Karenda. Continua a sognare di diventare un professionista e inseguire il Super Bowl. Ma non si è pentito di essersi esposto: "Nel Mississippi - ha raccontato - tutti i neri hanno vissuto esperienze di razzismo. È facile dire: non mi immischio in certe cose, non voglio incasinarmi la carriera. Ma riflettevo su quella cosa della bandiera, e pensavo che servisse il sostegno di qualcuno con una certa riconoscibilità. In pratica stavo dicendo: perché non io?". E con meno di venti parole ha contribuito a cambiare la storia.
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