In Sardegna una tassa di soggiorno da record
Aumentano gli incassi per i Comuni, ma è ancora polemica con gli operatori su come vengono spese le risorsePer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Riscuote sempre più successo la tassa di soggiorno, aumentano i Comuni che la istituiscono, molti ritoccano le tariffe al rialzo. Nel 2024 gli incassi a livello nazionale hanno toccato quota 1 miliardo 24 milioni di euro, in Sardegna, 30 milioni 21 mila euro (+19% rispetto all’anno precedente), e una previsione di quasi 35 milioni totali per il 2025.
Roma batte tutti (da sola fa oltre 292 milioni e sale sempre più). Secondo l’Osservatorio nazionale sulla tassa di soggiorno della società Jfc, tra le regioni sul podio dei maggiori incassi c’è il Lazio (con oltre 300 milioni di euro nel 2024), seguono la Toscana (121 milioni); la Lombardia (114 milioni).
Tra le città d’arte, dopo la Capitale troviamo Firenze (76,5 milioni) e Milano (76,5 milioni). Tra le località balneari, al primo posto c’è Rimini, con circa 14 milioni di euro; al secondo posto Sorrento, con 9,2 milioni, al terzo Jesolo, con 5,7 milioni, in leggero calo rispetto all’anno precedente. Tra i comuni montani, Castelrotto ha incassato 5,1 milioni di euro, Selva di Val Gardena circa 3,5 milioni, Corvara in Badia 2,8 milioni (tutti in forte crescita).
In Sardegna il consuntivo finale del 2024 è di 30 milioni 021mila euro, in crescita rispetto all’incasso complessivo del 2023, che si assestò a 25 milioni 217mila euro. Olbia è stato il Comune con i maggiori incassi, 3 milioni 274mila euro (+21,3%). A seguire c’è Alghero che, con 3 milioni di euro (+27%), supera Arzachena, che si assesta a 2 milioni 761mila euro (+3,8%). Anche Palau e Villasimius incamerano oltre 2 milioni di euro, San Teodoro è a quota 1,8 milioni di euro.
«Purtroppo ciò che ancora manca è la chiarezza sull’utilizzo reale dei fondi», sottolinea l’amministratore unico di Jfc Massimo Feruzzi. «Infatti, nonostante le dichiarazioni delle amministrazioni comunali, soprattutto nella fase di avvio, sulla condivisione con la comunità turistica, sull’utilizzo concordato delle risorse, sull’esclusiva finalità di utilizzo per lo sviluppo dell’economia turistica locale, sono davvero pochi i Comuni che reimmettono davvero queste risorse in ambito turistico. Infatti, se da un lato le associazioni di categoria rappresentative del settore turistico e gli stessi operatori insistono sulla necessità di utilizzare queste risorse su precisi investimenti nello specifico ambito, tutto ciò poi non sempre si realizza, creando anche confronti e scontri tra gli operatori e gli enti locali».
È utile ricordare che gli incassi derivanti dall’imposta di soggiorno, secondo l’articolo 4 del D.lgs. 14 marzo 2011 n. 23, devono finanziare interventi in materia di turismo, compresi quelli a sostegno delle strutture ricettive, nonché interventi di manutenzione, fruizione e recupero dei beni culturali e ambientali locali, nonché dei relativi servizi pubblici locali quindi, si tratta di una “tassa di scopo”.
«Da anni le imprese – sottolineano Federalberghi, Confindustria Alberghi e Assohotel - attendono che vengano resi effettivi i principi sanciti dalla legge istitutiva dell’imposta di soggiorno, una tassa di scopo destinata a finanziare interventi in materia di turismo a sostegno di un settore che contribuisce all’economia e all’occupazione del territorio. Malgrado questo le imprese del turismo e i turisti sono viste meramente come un bancomat. A chi ha la responsabilità di definire la politica nazionale, chiediamo di tutelare il settore e investire per la competitività delle imprese e dei territori».