Alzare gli occhi al cielo e puntare il dito verso un punto indefinito sopra sé mentre si tiene nell’altra mano la bandiera di una Nazionale di calcio, così da rendere palese la propria preferenza riguardo le squadre in campo; parlare ininterrottamente per coprire qualunque spazio libero durante la telecronaca nonostante le immagini consentano ai telespettatori di vedere in diretta quel che accade in campo; esaltare con tono di voce particolarmente elevato ogni singolo gesto tecnico, dal più banale al più significativo (costringendo ad alzare sempre più l’asticella oltre la quale si possa parlare davvero di straordinarietà). E così via, in un crescendo di magnificenza privo (apparentemente) di limiti.

Tempi Moderni

La necessità di modernizzare il rapporto coi fruitori del prodotto (telespettatori e radioascoltatori) ha spinto negli ultimi anni, più o meno dalla nascita delle piattaforme a pagamento, a estremizzare una tendenza i cui sviluppi ed evoluzioni sono oggi difficili da immaginare. Possibile descrivere in modo ancor più eclatante di oggi uno stop ben fatto, neanche si trattasse di un gol segnato da 70 metri? O esaltare in misura maggiore rispetto agli standard attuali il dribbling sulla fascia di un giocatore di serie B? Cosa dà in più un radiocronista che, nel tentativo di far passare per esaltante il match in corso, parla tanto velocemente da mangiarsi le parole? L’impressione è che l’obbligo di richiamare un numero sempre più alto di abbonati – i costi di acquisto degli eventi vanno pur sempre coperti – abbia reso obbligatorio elevare alle vette massime di straordinarietà ogni pur piccolo momento delle gare (il fenomeno riguarda principalmente le partite di calcio, sport con un seguito non paragonabile a quello delle altre discipline: seppure anche l’attuale Formula 1 non difetti di commenti fuori scala), così da far ipotizzare che ogni evento, anche il meno importante, sia imperdibile perché decisivo, combattuto, in bilico, denso di storie e protagonisti. Insomma, immancabile. Ovviamente non è vero.

Diego Maradona nel Mondiale 1986 in Messico (Archivio)
Diego Maradona nel Mondiale 1986 in Messico (Archivio)
Diego Maradona nel Mondiale 1986 in Messico (Archivio)

L’insistente glorificazione di gesti tecnici anche solo estemporanei, se non fortunati e unici nel proprio genere (anche al più anonimo dei giocatori può capitare una volta nella vita di centrare il tiro dell’anno) porta come conseguenza il dover portare sempre più su l’asticella della meraviglia. Così, allora, quale posto dare oggi al gol di Diego Maradona nel Mondiale del 1986 contro l’Inghilterra, da molti definito il più bello della storia? Quale posizione occupa rispetto alle reti “straordinarie” che, secondo i moderni tele e radiocronisti, possiamo vedere quasi giornalmente su ogni campo, dalla Serie A alla serie C? Che posizione occupano fuoriclasse del calibro di Pelè, Cruijff, Platini, Di Stefano, Garrincha, Zico, il Pibe de oro, Baggio e Rivera davanti a signori nessuno che salgono all’onore delle cronache solo per alcune partite ben giocate, con conseguente richiesta di aumento di stipendio prima di sparire nel nulla dal quale sono arrivati?

Uno striscione in onore di Pelè (archivio)
Uno striscione in onore di Pelè (archivio)
Uno striscione in onore di Pelè (archivio)

Tutto meraviglioso

Par di capire che tutto debba giocoforza sembrare straordinario per far passare un messaggio chiaro: l’evento sportivo di cui si parla è imperdibile, non si può farne a meno, chi non si abbona lo fa a suo svantaggio. E il servizio pubblico per non perdere terreno sono costrette a seguire la tendenza. Con tutte le controindicazioni del caso.

Il giornalista Paolo Valenti (archivio)
Il giornalista Paolo Valenti (archivio)
Il giornalista Paolo Valenti (archivio)

Così, per riprendere una valutazione pubblicata sull’Unione Sarda il 14 dicembre, per chi ha vissuto l’epoca di Sandro Ciotti, Enrico Ameri, Nando Martellini e Bruno Pizzul, solo per citare i più conosciuti, è difficile capire quale necessità abbia spinto chi compra i diritti e trasmette le grandi competizioni mondiali (e non solo) a cambiare totalmente registro passando da collegamenti misurati ed eleganti a racconti urlati, enfatici e spesso smaccatamente di parte. Ingiustificabile nella maggior parte dei casi, ancor più quando la partita va in onda sulla Rai, il cui servizio dovrebbe per propria natura restare equidistante e soddisfare tutti. Abitudine in alcuni casi, in questa Coppa del Mondo, scomparsa. Non è più tempo, certo, per il 90° Minuto condotto da quel galantuomo di Paolo Valenti, che solo alla fine di una onoratissima ed eccellente carriera aveva rivelato per quale squadra tifasse: la Fiorentina. Oggi va di moda rivelarlo durante le telecronache mentre in campo giocano i propri beniamini. Spesso i più famosi, a discapito di quadre con minor seguito. Con buona pace dei loro tifosi.

© Riproduzione riservata