Prendere un caso di cronaca, e che caso, e trasformarlo in un libro, e che libro, senza parlare del caso. O meglio: facendo qualche accenno senza mai soffermarsi su nulla, dando per scontato che il lettore sappia tutto. E, se proprio qualcosa gli sfugge, a ben leggere gli elementi non solo per ricordare ma addirittura per capire ci sono. Dopo il fortunato esordio de "Le Ragazze", con le vicende terribili legate a Charles Manson e alla strage del 1960 raccontata con gli occhi di un'adepta della setta, Emma Cline torna in libreria con Harvey. Ed è subito successo. Novanta pagine per Einaudi Stile libero Big sul produttore cinematografico che ha dato origine suo malgrado al movimento mondiale me too: Harvey Weinstein.

Emma Cline (foto Ansa)
Emma Cline (foto Ansa)
Emma Cline (foto Ansa)

L'autrice lo racconta nelle 24 ore che precedono la sentenza del processo per violenza, molestie etcetera etcetera senza però ricostruire la storia che ha gettato nel fango un personaggio ricchissimo e potentissimo che non cerca più nessuno. Quella di Cline è la cronaca della giornata di un uomo avanti con gli anni che si sveglia alla 5 del mattino in casa dell'amico che lo ospita. Ore e ore di attesa, nella convinzione "in tutta sincerità, che lo avebbero prosciolto. Come poteva essere diversamente? L'America era quella". E così aveva pure già contattato Joan, una giornalista che credeva amica ma che di lì a qualche ora, sentendosi minacciata, lo mollerà. E dire che proprio a lei avrebbe voluto rilasciare la prima intervista dopo l'assoluzione.

Non è chiaro subito dove l'autrice voglia arrivare: descrive una persona annoiata, col braccialetto elettronico alla caviglia che fa perdere la normale percezione del corpo e ricordare che non è affatto libera, ma non dice nulla di quello di cui è accusata. Però riesce a smontare il protagonista del romanzo. Di più: lo ridicolizza. Perché altrimenti soffermarsi sui calzini rosso porpora comprati nello stesso negozio che rifornisce il Papa?

Il ritratto di Emma Cline non è quello dell'uomo arrogante e famoso, predatore feroce di donne che i giornali di tutto il mondo hanno ospitato in prima pagina. E' piuttosto un anziano col mal di schiena che si aiuta con un deambulatore e, in vista del processo, vorrebbe opportunisticamente imparare a gestire la rabbia e pure a nascondere il senso di superiorità nei confronti di chiunque: dal cameriere che gli serve i pasti ed è al suo servizio notte e giorno, alla figlia che va a trovarlo insieme alla nipote alla vigilia nel giorno che potrebbe segnare la sua fine. Non ci riesce ed è pure fuori di testa dal momento che vede nell'anonimo vicino il grande scrittore Don DeLillo. Senza alcun appiglio sogna di risorgere insieme a lui, con un film tratto da uno dei suoi libri più celebri, Rumore bianco, impossibile da trasporre al cinema.

Realtà e fantasia si mescolano, episodi veri ad altri inventati si incrociano in una narrazione pacata. Ma poco importa capire in quale casella vanno inseriti. Emma Cline descrive nel dettaglio il modo in cui succhia le caramelle, perfino quando una gli va storta rischiando di soffocarlo. Ma la vera natura di Harvey viene fuori quando meno il lettore se lo aspetta. L'uomo che non vuole sentirsi mai dire no viene fuori prepotente quando chiede alla sua assistente, costretta a viaggiare con lui per raggiungere un guru che avrebbe svelato, singolarmente, il loro mantra, di confidarle il suo segreto. "Tutto stava nello stabilire quanto ci sarebbe voluto, come sarebbero stati gli istanti fra la pretesa di lui e la capitolazione di lei... Certe resistevano, certe no. Certe s'immobilizzavano, non muovevano un dito. Certe si mettevano a ridere, a disagio. Lui assaporava tutto e alla fine era sempre soddisfatto mentre l'altra persona annaspava, strizzava gli occhi, si spostava, una nuova vergogna stampata in faccia".

Si legge una cosa e si pensa a un'altra. Inevitabilmente. Ogni parola, ogni episodio riportano alla cronaca che però nel libro manca, nel senso che non è descritta pur affiorando in ogni pagina. Solo una volta in modo esplicito, con un riferimento reale riportato in modo freddo dalla voce narrante: "Polanski faceva ancora film, sciava con gli amici sulle Alpi svizzere e vinceva premi. Aveva fatto sesso con una tredicenne, lo avevano condannato alla libertà vigilata e non aveva fatto un giorno di galera. Le sue invece erano donne adulte. Harvey aveva forse scopato qualche adolescente? Macchè. Il più delle volte avevano le loro sostanze d'elezione, come dire che si portavano da bere da casa: Harvey accettava tutto quello che offrivano".

Il libro fila veloce verso la conclusione inevitabile. Che si intuisce. Perché non c'è. Ed è questa la forza del romanzo di Emma Cline.
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