L’appetito vien mangiando, anche ai batteri. La prova la offre il gruppo ben assortito che ha banchettato con le macchie secolari delle cappelle medicee riportando all’antico splendore le opere di Michelangelo; oppure i “cugini” mangia colla che hanno ripulito gli affreschi del Camposanto di Pisa. «Per luogo comune, i microrganismi sono sovente associati a degrado, perdita di salute, percepiti in modo negativo – ha spiegato di recente Giancarlo Ranalli, ordinario di microbiologia all’università del Molise e papà del sistema di biopulitura usato a Pisa - in verità sono intorno a noi e in molti casi, come nel microbioma del nostro intestino, ci consentono di mantenere l’equilibro dinamico garantendo una buona salute. Lo stesso vale per i beni culturali, dove spesso i batteri sono visti solo come agenti di degrado, come “barbari”. Ecco, noi abbiamo in un certo senso ribaltato questo pregiudizio».

Il caso fiorentino

Il principio fu un omicidio. Alessandro de’ Medici, figlio di Lorenzo de’ Medici duca di Urbino, fu assassinato nel 1537 e sepolto nella tomba col padre, realizzata da Michelangelo nella  Sagrestia nuova, a Firenze. Al New York Times Daniela Manna, una componente del team di restauratrici, ha raccontato che il corpo di Alessandro «è l’indiziato numero uno delle macchie, perché fu sepolto senza essere eviscerato». Le analisi sul sarcofago di Lorenzo condotte dal Cnr, nel novembre del 2019, hanno accertato che erano composte «di calcite, silicati e materiale organico riconducibile alla decomposizione del cadavere». A quel punto le ricercatrici hanno azionato i batteri, centinaia di colture diverse hanno affrontato la prova di laboratorio per selezionare le più adatte a un restauro che non danneggiasse il marmo. Le undici specie più promettenti sono state sottoposte al test nella Sagrestia: venti quadrati, in ciascuno è stata isolata una coltura batterica. In questo modo i microrganismi più adatti sono stati premiati.

In due giorni le esperte hanno applicato un gel imbottito di batteri su tutte le superfici. Il Serratia Ficaria SH7 ha ripulito l’intero monumento di Lorenzo de’ Medici, Pseudomonas stutzeri CONC11 e Rhodococcus ZCONT hanno fatto indigestione delle macchie nella tomba di Giuliano duca di Nemours e di alcuni residui sui capelli e le orecchie della statua della Notte. Quarantott’ore di appetito batterico hanno risolto il problema.

Gli affreschi

Prima di Firenze, un esperimento è stato condotto a Pisa. Nel 2019 ricercatori e restauratori delle università del Molise, di Pisa e di Como hanno scelto Pseudomonas stutzeri A29, parente di uno dei tre batteri impiegati a Firenze, per ripulire l’affresco Incarnato dei fratelli Riminaldi, all’interno della cupola della cattedrale di Pisa, e una tela, Cristo che salva Pietro dalle acque, di Giovanni Lanfranco, conservata ai musei vaticani. L’obiettivo era rimuovere alcuni lipidi e proteine, residui di passati restauri che stavano alterando le opere. I restauratori hanno applicato sulla superficie delle garze con gel d’agar, un gelificante naturale, popolato per l’occasione dal microrganismo che ha fatto – letteralmente – il lavoro sporco.

Camposanto monumentale

Come restauratori instancabili, i microrganismi della famiglia degli Pseudomonas hanno fatto il loro mestiere anche a Pisa. «Gli affreschi medievali sui quali lo abbiamo utilizzato - ha spiegato sul Giornale dell’arte Carlo Giantomassi, che ha supervisionato l’intervento – avevano tracce di colle animali impossibili da eliminare con i metodi tradizionali. I batteri hanno divorato le colle, lasciando intatta la parte dipinta». Messi a punto dal microbiologo Giancarlo Ranalli, non sono pericolosi per l’uomo: «A seconda del tipo di batterio scelto si possono eliminare sostanze diverse. Questi microrganismi hanno un tempo di vita molto breve e sono facilissimi da rimuovere dopo che hanno terminato il lavoro».

© Riproduzione riservata