Quarantasei anni, cagliaritano, ex promessa del tennis sardo giovanile, campione regionale under 14 nel 1992, Cristian Famà è arrivato nel circuito professionistico da addetto ai lavori, non da campione: da sei anni fa è parte dello staff di incordatori delle racchette dei professionisti in occasione degli internazionali d’Italia a Roma. L’ex ragazzino arrivato poi in terza categoria (C2 da giovane, 3.3 da veterano perché la classe è rimasta cristallina) che prima al Campo Rossi poi al Tennis club Cagliari faceva impazzire i suoi avversari giocando bimane sia il diritto sia il rovescio adesso custodisce i segreti delle racchette di Sinner e Nadal.

Cristian Famà, 47 anni, di Cagliari, al lavoro al Foro Italico di Roma (foto concessa da Cristian Famà)
Cristian Famà, 47 anni, di Cagliari, al lavoro al Foro Italico di Roma (foto concessa da Cristian Famà)
Cristian Famà, 47 anni, di Cagliari, al lavoro al Foro Italico di Roma (foto concessa da Cristian Famà)

Come è nata questa attività?
«Dopo gli studi, ho lavorato in giro per il mondo per sei anni nei villaggi vacanze della Club Med. Una esperienza bellissima. Durante una pausa tra un contratto e un altro, tornai a casa, a Cagliari, e mio padre mi convinse a mettere radici e ad aprire un laboratorio tennistico a Quartu nonché rivendita di tutto quanto serve per il tennis, e adesso anche per il padel: racchette, corde, grip, abbigliamento, palline, materiale per insegnanti di tennis».
Lo sbarco nel circuito pro?
«Ho sempre frequentato i corsi di aggiornamento a livello internazionale, sia sull’incordatura, sia sulla customizzazione delle racchette, cioè sull’elaborazione dei telai modificando bilanciamento e peso in base alle esigenze di ogni giocatore, da quello della domenica sino a più evoluto. Così sono entrato nel team Wilson e dal 2018 lavoro al Foro Italico e in altri appuntamenti del circuito internazionale».
La racchetta di Sinner?
«Una Haed, gli appassionati lo sanno. Non è pesantissima, attorno ai 328 grammi (corde comprese), e l‘incordatura è abbastanza tesa, sui 28 chili, anche se ovviamente le tensioni cambiano in base a superfici e condizioni meteo».

epa11110271 Jannik Sinner of Italy in action during the Men’s Singles final against Daniil Medvedev of Russia on Day 15 of the Australian Open tennis tournament in Melbourne, Australia, 28 January 2024. EPA/JAMES ROSS AUSTRALIA AND NEW ZEALAND OUT
epa11110271 Jannik Sinner of Italy in action during the Men’s Singles final against Daniil Medvedev of Russia on Day 15 of the Australian Open tennis tournament in Melbourne, Australia, 28 January 2024. EPA/JAMES ROSS AUSTRALIA AND NEW ZEALAND OUT
Jannik Sinner (EPA/JAMES ROSS)

Quali sono le corte più usate tra i professionisti?
«Sono i monofilamenti della Luxilon».
Il vecchio amatissimo budello naturale?
«Viene usato ancora da chi sceglie un’incordatura ibrida, il più delle volte con monofilo in verticale e mono in orizzontale. Come Serena Williams, per esempio: all’inizio del torneo del Foto Italico il coach ci ha portato due anni fa 60 confezioni di budello da utilizzare per le racchette di Serena».
Anche Federer utilizzava l’ibrido.
«Sì, ed era stato il primo a usare il budello in verticale. La leggenda narra che fu colpa, o meglio dire merito, di un mio collega incordatore che montò per errore sulle Wilson di Roger il budello nelle corde verticali: l’allora numero uno al mondo si trovò benissimo e da quel momento usò quel set up».
Federer è stato anche il primo…
«A cambiare la racchetta ogni 9 game, in concomitanza con il cambio delle palle».
Perché?
«Le racchette moderne non sono molto differenti rispetto a quelle di qualche anno fa. La vera enorme novità è rappresentata dalle corde monofilamento, che hanno una resa ottimale appena montate, poi perdono la tensione. Così i giocatori professionisti, che non devono lasciare nulla al caso, cambiando racchetta ogni nove game si mettono sempre nelle condizioni per giocare al meglio e sfruttare le potenzialità delle loro racchette. Anche un giocatore di club dovrebbe usarle non oltre 15 ore di gioco per evitare infortuni come il classico "gomito del tennista"».

Racchette da tennis pronte da accordare (foto concessa da Cristian Famà)
Racchette da tennis pronte da accordare (foto concessa da Cristian Famà)
Racchette da tennis pronte da accordare (foto concessa da Cristian Famà)

Andreè Agassi ha detto che le nuove corde sono illegali: tiri forte e non sbagli mai.
«Se lo dice Agassi… In realtà ormai tutti giovano con le stesse corde o quasi, quindi il vantaggio è uguale per tutti».
Nadal?
«Usa corde Babolat con un calibro più grosso, 24-25 chili, d'altronde il suo è un tennis unico».
Le tensioni sono quelle dei giocatori di club?
«Sono molto varie. Il francese Mannarino incorda la racchetta a nove chili, lentissima, una doppista norvegese, Ulrikke Eikeri, a 40 chili, un tavolo».
Sul veloce?
«Si tende a preferire tensioni più altre di due-tre chili».
Se il campo è umido per la pioggia?
«Più lente di uno due chili».
Djokovic?
«Ha il suo incordatore ufficiale».
Musetti?
«Tensione alta, sui 25-24».

La tensione media?

«Per gli uomini 22 chili, le donne invece di media più alte. Questo perché gli uomini usano più le rotazioni, le ragazze giocano più piatto».
I più simpatici del circuito?
«Non sembrerebbe a vederlo sul campo, ma uno dei più sorridenti con noi è sempre Medvedev. Bellissimo il rapporto con Del Potro e in genere con tutti gli italiani. Anche con Rublev, che in campo spesso è un po’ nervoso».

Cristian Famà con il campione argentino Juan Martin Del Potro a Roma (foto concessa da Cristian Famà)
Cristian Famà con il campione argentino Juan Martin Del Potro a Roma (foto concessa da Cristian Famà)
Cristian Famà con il campione argentino Juan Martin Del Potro a Roma (foto concessa da Cristian Famà)

È vero che le racchette dei professionisti sono diverse da quelle in commercio?
«Diciamo che i campioni tendono a personalizzare molto le racchette e che in genere non cambiano telaio per tutta la loro carriera. Le grandi case produttrici hanno un reparto ad hoc per preparare le racchette di chi arriva tra i primi cento al mondo. C’è anche da dire, per contro, che un ragazzino di 14 anni comincia a usare una determinata racchetta fornita dagli sponsor oppure acquistata nel negozio. Poi magari arriva nel circuito internazionale. Quindi sicuramente le racchette nostre e quelle dei campioni hanno un denominatore molto comune. Di certo la customizzazione, cioè la ricerca del bilanciamento e del peso giusto, ha un ruolo importante e spesso a noi viene chiesto al Foro Italico di controllare le racchette perché in base a certe sensazini è opportuno avere un bilanciamento più neutro oppure verso la testa della racchetta».

C’è chi personalizza anche il manico?

«Beh, il caso di Gasquet è famoso: gioca con una specie di rinforzo del tappo. Nadal usa un manico numero due, più fine rispetto a quello dei colleghi, in genere un tre».
Come è la vita dei campioni?
«I nostri laboratori a Roma si trovano vicino alla palestra e osserviamo innanzitutto una enorme professionalità. Nelle sessioni serali magari un match finisce a mezzanotte e sia chi vince e sia chi perde poi fa un’ora di cyclette defaticante, poi massaggi, vasca di ghiaccio, e rimane allo stadio sino alle 2. Molti sacrifici, ma d’altronde lo sport professionistico è questo: per arrivare in alto nulla deve essere lasciato al caso, men che meno ogni aspetto che riguarda le racchette, gli strumenti di lavoro per eccellenza dei pro da Sinner in giù».

© Riproduzione riservata