Attacchi di panico e depressione, aggressività nei rapporti con i coetanei, crisi di identità al punto da sospendere gli studi e concedersi una pausa di riflessione. Sono gli effetti della Dad sui giovanissimi sardi segnati dal lockdown. Emergono dagli incontri realizzati dall’Ordine regionale degli psicologi e delle psicologhe nelle maggiori città dell’Isola: ha dedicato le cosiddette settimane del benessere, proposte nel mese di novembre, a sondare il mondo dell’adolescenza proiettato verso lo sport, la disabilità, la scuola, gli spazi di una normale quotidianità, e il complesso intreccio delle dipendenze, a iniziare da quella legata al mondo digitale. Le valutazioni sono più che mai importanti perché i psicologi sono diventati ancora di salvezza per un numero crescente di giovanissimi che chiede aiuto con maggiore facilità rispetto al passato.

Luisa Puggioni (foto M. O.)
Luisa Puggioni (foto M. O.)
Luisa Puggioni (foto M. O.)

«Dai nostri studi si è capito che la Dad da strumento necessario e formidabile per proseguire gli studi e non interrompere l’apprendimento abbia portato a una serie di strascichi di rilevante importanza, sia tra gli adolescenti, sia tra gli studenti universitari che hanno affrontato in solitudine il lockdown», spiega Luisa Puggioni, vice presidente dell’Ordine regionale guidato da Angela Quaquero. I numeri aiutano a capire il fenomeno: si calcola che i ragazzi si colleghino allo smartphone 2.600 volte al giorno, trascorrano il 79 per cento del tempo sui social ovvero più di quattro ore al giorno e 28 la settimana, cioè 120 in un mese, equivalenti a due mesi l’anno. Nel 90 per cento di casi i social sono per loro l’unico modo per mantenere i contatti con l’altro anche se il 74 per cento sostiene che li lascino comunque soli. In un’indagine realizzata a maggio 2021 l’81 per cento dei giovani confessa di avere sensazioni sgradevoli, cioè di sentirsi agitato, pronto a spaccare tutto, demotivato e impotente.

Di fronte a questo scenario la vice presidente dell’Ordine degli psicologi sardi sottolinea: «Da più parti è emerso che la Dad ha portato all’accentuazione di uno squilibrio tra il mondo offline e quello online. Ai ragazzi è stato chiesto di stare sempre online anche quando nella vita pre Covid in qualche modo erano costretti a vivere momenti di istruzione nel mondo reale, fatto da relazioni con i propri pari, da un confronto anche fisico con i compagni di scuola». Con la Dad cambia tutto, a iniziare dal fatto che le emozioni non passano più attraverso la relazione dei corpi, in uno spazio fisico. «La classe è non solo spazio per trasmettere contenuti, ma anche trasmissione relazionale, contestuale. Il ragazzo impara a crescere confrontandosi con gli altri anche in maniera emotiva - spiega Puggioni -. Il periodo della Dad ha congelato questa conoscenza e portato i ragazzi a confrontarsi con i loro pari solo a un livello online. La colpa non è della Dad, ma la Dad ha accentuato uno squilibrio. Ci sono giovanissimi che hanno cancellato l’esigenza di confrontarsi, trasferito questo bisogno a livello immaginario dove ci si incontra nel gioco e nella classe virtuale spostando un campo obbligatorio in quello online».

Le conseguenze di tante difficoltà si esprimono con disturbi e incapacità nell’apprendimento, nel recupero di un rapporto un tempo normale con i coetanei e nel riabituarsi ai ritmi della realtà. C’è un aumento di patologie come ansia, attacchi di panico, depressione, anche aggressività, espressa con risse fra giovanissimi. La scorsa estate a Nuoro si è registrata una frequenza preoccupante di scontri tra ragazzi. Luisa Puggioni, che a Nuoro lavora, spiega: «La dimensione corporea, venendo meno, è rimasta chiusa in uno spazio online. Questo ha portato a una deprivazione stessa del ragazzo, a una estremizzazione della propria soggettivazione, a una incapacità a relazionarsi con i propri pari. L’aumento esponenziale di violenza fisica è avvenuto nel momento in cui ai ragazzi è stato permesso di rincontrarsi, ma il congelamento delle relazioni ha portato il corpo a non sapersi più esprimere se non in modo sbagliato».

Non ci sono dati sull’abbandono scolastico per effetto della Dad, ma c’è senz’altro un incremento di crisi negli studenti che hanno vissuto il lockdown fuori dal contesto familiare, collegati online con l’aula virtuale dell’università. Da un osservatorio particolare come quello dei Centri per l’impiego emerge, per esempio, che tanti giovani hanno avuto la necessità di fermarsi. Si sono rivolti lì. «Cercavano di capire cosa potevano fare perché - spiega Luisa Puggioni - vivevano in uno stato un po’ confusionale. Si sono accorti che sono rimasti molto feriti dal lockdown, avevano perso le proprie certezze, la motivazione legata al rapporto sociale, sofferto la deprivazione totale del confronto con l’altro. Si sono trovati spiazzati, si domandavano come continuare, quale scelta fosse quella giusta. Il lockdown ha portato a galla paure che erano già latenti».

Nel frattempo, le nuove generazioni hanno scoperto l’importanza di un faccia a faccia con lo psicologo, non importa se opera in strutture pubbliche o private, superando le ritrosie del passato quando era una figura legata a sfere patologiche, soprattutto a problematiche psichiatriche. «Oggi i ragazzi - sottolinea Luisa Puggioni - chiedono immediatamente aiuto ai propri genitori e sono loro i promotori dell’incontro con lo psicologo o la psicologa. Questo ci fa ben sperare in una nuova maturità dei ragazzi che decidono di affrontare la propria vita con il supporto dell’esperto».

© Riproduzione riservata