Pioniere dell’esplorazione speleologica in Sardegna, artefice di scoperte archeologiche in anfratti pieni di segreti e interprete di una storia prestigiosa. Il Gruppo grotte nuorese si racconta con una mostra allestita nel museo archeologico nazionale “Giorgio Asproni” dove è confluita una varietà di reperti di grande valore storico e scientifico come Sisaia, antica antenata dei sardi ritrovata nella sepoltura di monte Gutturgios a Dorgali nel 1961. È lo scheletro di una donna deposta 4000 anni prima, oggi simbolo del museo di Nuoro.

Museo archeologico nazionale "Giorgio Asproni" a Nuoro
Museo archeologico nazionale "Giorgio Asproni" a Nuoro
Museo archeologico nazionale "Giorgio Asproni" a Nuoro

«Le prime esplorazioni risalgono al 1938, fatte da un gruppo di amici per iniziativa di Bruno Piredda», ricorda Francesco Sanna, geologo e attuale presidente del Gruppo grotte nuorese: lo guida assieme al vice Maurizio Murgia. Cinquantacinque iscritti portano avanti un’attività sempre preziosa per conoscere tanti luoghi ancora inesplorati. Nell’autunno del 2023 gli speleologi nuoresi scoprono una grotta sconosciuta nel territorio di Oliena, ribattezzata dell’alamaro perché è stato trovato un particolare bottone in osso, ora all’esame degli esperti. È l’ultima tappa di un percorso pieno di successi.

La storia dell’associazione inizia proprio a Oliena, in una grotta maestosa come Sa Oche. Bruno Piredda, allora sottotenente dell’Esercito a Cagliari, raggiunge il padre imprenditore, impegnato nel taglio della legna nella valle di Lanaitho. «In quella occasione è stato accompagnato nelle grotte, si è fermato al primo laghetto dove c’era l’acqua limpidissima. È rimasto sorpreso e affascinato - ricorda Sanna -. Era persona di grande curiosità, appassionato di natura, studiava gli insetti e altri animali, era esperto di erboristeria. Voleva capire da dove arrivava quell’acqua cristallina». Coinvolge Giuseppe Carboni, suo amico, direttore didattico a Nuoro. Assieme si avventurano in quel laghetto con una zattera fatta dai boscaioli e con le candele. Rischiano il naufragio, ma non si arrendono. Scoprono il sifone, esplorano la grotta che sta 50 metri sopra, ovvero Su Bentu, altra realtà meravigliosa dove c’è una forte escursione termica che dà origine al vento e al nome. Nelle esplorazioni Piredda coinvolge anche Federico Ventura. Il trio scivola sulla roccia senza corda o altre attrezzature, affidandosi all’aderenza del proprio corpo, al forte orientamento e a grandi intuizioni. Dopo la zona labirintica chiamata Caos, salti e discese tra i laghi, capiscono che le grotte di Su Bentu e Sa Oche sono collegate. Ma la guerra ferma tutto.

Grotta Su Bentu via Calamida (foto Gruppo grotte nuorese)
Grotta Su Bentu via Calamida (foto Gruppo grotte nuorese)
Grotta Su Bentu via Calamida (foto Gruppo grotte nuorese)

L’attività riprende in modo ufficiale nel 1953 quando da un notaio viene registrato l’atto costitutivo della prima associazione speleologica sarda con il nome Gruppo grotte nuorese. A guidarla è Dino Giacobbe, avvocato e intellettuale antifascista nuorese, tra i fondatori del Partito sardo d’Azione. Piredda, finito in un campo di prigionia americano negli anni terribili della guerra, lo incontra negli Stati Uniti dove Giacobbe è in esilio. Parlano del ritorno in patria e anche del progetto di fondare il Gruppo grotte nella loro città. Così avviene.

L’attività è intensa, soprattutto nelle zone carsiche: dalle grotte del Bue Marino a Dorgali, con una ricerca promossa proprio da Dino Giacobbe, a Nurai sul Montalbo, dalla voragine di Su Disterru a Orgosolo a Golgo, nell’altopiano di Baunei. Quest’ultima è l’esplorazione più difficile: il primo a toccare il fondo è l’architetto nuorese Umberto Pintori.

Grotta Su Bentu a Oliena (foto Gruppo grotte nuorese)
Grotta Su Bentu a Oliena (foto Gruppo grotte nuorese)
Grotta Su Bentu a Oliena (foto Gruppo grotte nuorese)

Resta irrinunciabile l’attività a Su Bentu, grotta mito che conquista anche oggi, sito di grande valore scientifico, punto di partenza per successive esplorazioni che conducono a scoprire una sala con le dune di sabbia, cosiddetta Sahara, a studiare crolli e pozzi e a ricostruire i complessi livelli dell’acqua nel sistema carsico che coinvolge Su Gologone e il Cedrino. E poi ci sono gli scrigni archeologici delle grotte Corbeddu, Rifugio, del Guano, Ispinigoli dove vengono recuperati i resti umani più antichi della Sardegna, ceramiche preistoriche, strumenti in osso e in pietra, gioielli realizzati con conchiglie e zanne di animali, come pure il Prolagus sardus, antenato di lepri e conigli.

Grotta del Guano a Oliena (foto Gruppo grotte nuorese)
Grotta del Guano a Oliena (foto Gruppo grotte nuorese)
Grotta del Guano a Oliena (foto Gruppo grotte nuorese)

Tutti i reperti raccolti dal Gruppo grotte vengono esposti dal 1978 nel museo speleo-archeologico civico che confluisce nel 2002 nell’Archeologico “Giorgio Asproni”, oggi diretto da Antonio Cosseddu. Fino al primo febbraio si può vedere la mostra “Viaggio al centro del museo” e seguire tutti i passi del Gruppo grotte nuorese e il suo ruolo fondamentale in tante scoperte che portano a tempi remoti e svelano realtà sotterranee altrimenti sconosciute.

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