Giornate più lunghe? Colpa del riscaldamento globale
Secondo una ricerca internazionale, lo scioglimento dei ghiacci polari sposta masse d’acqua verso l’equatore e causa un rallentamento della rotazione terrestre: 24 ore non bastano piùPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Avete notato che le giornate si stanno allungando? Se vi è sfuggito non preoccupatevi, era praticamente impossibile accorgersene; e no, se state leggendo queste righe in luglio o agosto non è un errore, pare che si stiano allungando per davvero: ma non c’entra niente col consueto fenomeno che, ogni anno, riduce sempre più le ore di luce tra il 21 giugno e il 21 dicembre (almeno nell’emisfero boreale), e le aumenta nei sei mesi rimanenti. Ciò che si sta estendendo, secondo alcune ricerche scientifiche, è proprio la durata complessiva della giornata.
A quanto sembra, alla terra non bastano più ventiquattr’ore per compiere un intero giro su se stessa (è quello, com’è noto, che definisce la durata di una giornata). Per dirla in altri termini, la rotazione del pianeta starebbe leggermente rallentando. Roba che si calcola al ritmo dei millisecondi nell’arco dei secoli, per carità: niente che possa incidere sulla puntualità al prossimo appuntamento, o aprire vuoti di noia nelle nostre giornate così piene di impegni. Ma visto che ormai la gran parte delle attività dei terrestri è basata sulla misurazione precisissima del tempo (a partire dalle comunicazioni Internet, per esempio), c’è chi teme che quel rallentamento possa avere conseguenze tutt’altro che irrilevanti. E la colpa di tutto questo, tanto per cambiare, sarebbe del cambiamento climatico: meglio ancora, del riscaldamento globale provocato dall’uomo.
La massa terrestre
A suggerire questa conclusione è uno studio apparso il 15 luglio 2024 su Proceedings of the National Academy of Sciences, rivista scientifica pubblicata negli Stati Uniti, tra le più autorevoli nel settore, e subito ripreso da Damian Carrington sul quotidiano britannico The Guardian. La ricerca (titolo: “Il ruolo sempre più dominante del cambiamento climatico sulle variazioni della lunghezza del giorno”) nasce dalla collaborazione tra accademici di diverse provenienze: Mostafa Kiani Shahvandi, Benedikt Soja e Siddharta Mishra del Politecnico federale di Zurigo, Surendra Adhikari del California Institute of Technology di Pasadena (California), Mathieu Dumberry del Dipartimento di fisica dell’Università di Alberta (Canada). La loro teoria, dimostrata con l’analisi delle variazioni della massa sulla superficie terrestre, è che l’aumento delle temperature medie, provocando lo scioglimento delle calotte polari, abbia determinato non solo l’innalzamento del livello del mare, ma anche – come effetto secondario del precedente – lo spostamento di consistenti masse d’acqua dai poli terrestri verso l’equatore. Questo avrebbe di fatto modificato la forma del pianeta, rendendola più schiacciata, ed è proprio tale cambiamento che avrebbe portato la terra a perdere un po’ di velocità nel giro continuo attorno al proprio asse.
In realtà, come precisa il saggio diffuso da Pnas, la tendenza al rallentamento (e quindi all’allungamento delle giornate) viene da lontano, e precede il cambiamento climatico registrato negli ultimi decenni. Nel corso del ventesimo secolo è stata misurata con valori compresi tra 0,3 e 1,0 millisecondi per secolo. Ma dopo il 2000, in corrispondenza di una decisa accelerazione dello scioglimento dei ghiacciai e dei poli, quel valore è arrivato a 1,3 millisecondi per secolo. “Un tasso probabilmente più alto che in qualsiasi altro momento degli ultimi millenni”, sottolineano gli autori della ricerca, prevedendo tra l’altro che “rimarrà approssimativamente a un livello di 1,0 millisecondi per secolo per i prossimi decenni, anche se le emissioni di gas serra saranno drasticamente ridotte”. E questa è l’ipotesi migliore: se invece l’auspicata riduzione delle emissioni non si dovesse verificare, i ricercatori ipotizzano che il tasso di rallentamento della rotazione terrestre possa addirittura raddoppiare, fino a 2,6 millisecondi per secolo entro il 2100.
Le conseguenze
Potremmo sorridere di variazioni così limitate, ma gli esperti trovano molto poco divertente questo fenomeno. La misurazione del tempo terrestre è effettuata con orologi atomici di estrema precisione, ed è su questa che si basano molte attività cruciali: “Tutti i data center che gestiscono Internet, le comunicazioni e le transazioni finanziarie si basano su tempi precisi”, ha detto Benedikt Soja, uno dei cervelli che ha firmato lo studio, in una dichiarazione riportata da Carrington sul Guardian, “e abbiamo anche bisogno di una conoscenza precisa del tempo per la navigazione, in particolare per i satelliti e le astronavi”. Ma senza arrivare ai viaggi interstellari, anche l’accuratezza del Gps che ci guida nei nostri percorsi quotidiani è legata a una misurazione infallibile del tempo. Tra i tanti effetti del riscaldamento del pianeta, questo non era stato finora particolarmente considerato, perlomeno non nel dibattito globale sul tema. Ma ora la ricerca pubblicata su Pnas fornisce un’ulteriore prova dell’impatto dell’azione umana sull’ambiente terrestre: l’ennesimo campanello di allarme, destinato probabilmente a essere ignorato come quasi tutti quelli risuonati finora.