«Non si chiamerà mai Fiat Topolino o con un altro nomignolo simile affibbiato dal popolo». Nel 1936 gli argomenti sul palcoscenico della politica e dell’industria italiane erano altri, soprattutto legati all’esito della guerra in Africa e alle alleanze internazionali che poi avrebbero segnato la storia d'Italia.

Auto in mostra durante il convegno organizzato a Sassari (foto concessa da Angelo Melis)
Auto in mostra durante il convegno organizzato a Sassari (foto concessa da Angelo Melis)
Auto in mostra durante il convegno organizzato a Sassari (foto concessa da Angelo Melis)

Nel mensile “L’Auto Italiana” i lettori domandavano nella rubrica delle “lettere alla redazione” pubblicata il 10 marzo del 1936 perché fonde la Fiat 509? Perché esce fuori strada? Ma soprattutto, quando uscirà la Topolino?. E la risposta fu tagliente, in linea con le direttive del Partito Fascista che controllava tutto, anche le virgole pubblicate nei giornal,i attraverso il Minculpop: «Se mai dovesse uscire, non si chiamerà mai “Topolino”».

Una Bianchina cabriolet, derivata dalla Fiat 500 (foto concessa da Angelo Melis)
Una Bianchina cabriolet, derivata dalla Fiat 500 (foto concessa da Angelo Melis)
Una Bianchina cabriolet, derivata dalla Fiat 500 (foto concessa da Angelo Melis)

E in effetti il nome ufficiale fu sempre un altro: Fiat 500. Di questo e di tanto altro si è parlato durante un convegno organizzato a Sassari sulla utilitaria che ha fatto la storia dell’automobile non solo italiana, che ha contributo a motorizzare il nostro paese, che è un segno di riconoscimento planetario del made in Italy anche oggi, grazie alle nuove produzioni capaci comunque di rievocare non solo nel nome ma anche in qualche modo nel design la mitica vetturetta che appunto non si chiamò mai Topolino.

Angelo Melis, 63 anni, cagliaritano, considerato un dei massimi esperti della storia dell’automobile in Sardegna, socio onorario dei club storici di Sassari “Il Volante” e Cagliari (Circolo SCQ) ha coinvolto Matteo Comoglio giornalista delle rivista specializzata “La Manovella” edita dall’Asi (Automotoclub Storico Italiano), il Comune di Sassari, l’assessora alla Cultura Laura Useri e soprattutto gli studenti dell’Istituto Tecnico Industriale di Sassari “Giovanni Maria Angioy”. Non solo un convegno, ma anche un’esposizione di preziose Fiat 500 arrivate ai nostri giorni conservate oppure restaurate ad opera di professionisti di un settore che ancora oggi può garantire prospettive occupazionali ai giovani.

Angelo Melis (foto concessa da Angelo Melis)
Angelo Melis (foto concessa da Angelo Melis)
Angelo Melis (foto concessa da Angelo Melis)

Angelo Melis, tutti la conoscono come “Topolino”.

«Ma non fu mai quello il suo nome. Quando nel 1936 fu commercializzata, fu presentata come Fiat 500, per la prima serie che poi fu modificata nelle versioni successive B e C. Fu una vettura rivoluzionaria: 4 cilindri piccolissimi raffreddati ad acqua, 570 cm³ di cilindrata. Nei piani della Fiat, su disposizione di Benito Mussolini, avrebbe dovuto motorizzare l’Italia grazie al basso costo, 5 mila lire. La Fiat non riuscì ad accogliere queste richieste: fu messa in vendita a 8.900 lire. Non era certo una macchina per tutti».

L’Italia continuò a muoversi sullo scooter.

«Sì, dal 1946 Vespa e dal 1947 Lambretta diventarono il mezzo di locomozione degli italiani. Soltanto nel 1955 la Fiat riuscì a realizzare una vettura a un prezzo congruo: la Fiat 600 fu un grande successo che minò poi quello della Nuova 500, in vendita dal 1957».

Una Fiat Giardiniera (foto concessa da Angelo Melis)
Una Fiat Giardiniera (foto concessa da Angelo Melis)
Una Fiat Giardiniera (foto concessa da Angelo Melis)

In che senso?

«La Nuova 500 costava meno della 600, ma soffriva la concorrenza della sorellina maggiore che non era molto più grande ma era più macchina, più comoda. Fu necessario apportare alcune modifiche».

Quali?

«In principio la Fiat produsse a novembre del 1957 una versione più economica, costava 25 mila lire in meno, ma era stata arricchita di molti dettagli ritenuti irrinunciabili come le modanature cromate sulle fiancate e i finestrini discendenti, poi aumentando le prestazioni del motore fino a 15 CV a 4200 giri al minuto. E la Fiat fece il boom».

I numeri?

<La Fiat produsse quasi quattro milioni di esemplari sino al 1975, anno in cui fu messa fuori produzione. Fu un percorso a tappe, in continua evoluzione: dopo la Nuova 500 ci fu appunto la versione più economica, la normale e poi la versione D con semiassi sottili, sottili, porte sempre con apertura controvento e fanali posteriori simili a quelli della Fiat 600; quindi la versione F, più accattivante sul piano estetico, con le porte finalmente ad apertura normale e nuove colorazioni; arrivò poi la versione L, cioè lusso, con i rostri sui paraurti, il cruscotto simile a quello della Fiat 850, per concludere con la R con motore 600 cc, cambio sincronizzato preso in prestito dalla Fiat 126».

Un monumento ancora oggi nelle strade di tutto il mondo al suo progettista.

«Dante Giacosa riprese e completò un progetto che cambiò la storia dell’automobile. Anche se non fu il suo unico successo. Forse quello più innovativo fu la Fiat 127, la prima a trazione anteriore, rivoluzionaria grazie all’elettroventola».

Gli studenti sassaresi ammirano le Fiat 500 esposte (foto concessa da Angelo Melis)
Gli studenti sassaresi ammirano le Fiat 500 esposte (foto concessa da Angelo Melis)
Gli studenti sassaresi ammirano le Fiat 500 esposte (foto concessa da Angelo Melis)

La Topolino oggi è ricercata dai collezionisti.

«E hanno ormai buone valutazioni. La Prima serie cosiddetta “mezza balestra” può arrivare a 20 mila euro. La B del 1948-49 era monocolore e ha una quotazione di circa 15 mila euro. Sui ventimila la Topolino Fiat B Giardiniera legno con porte in frassino e masonite, 15 mila sempre per la Giardiniera Legno versione C».

E le 500?

<La serie D, da 12-13 mila euro. Il prezzo è ovviamente riferito a una versione con tutti i pezzi originali. Non deve avere, per intenderci, il muso della L o della F».

Gli altri modelli?

«Una valutazione è difficile farla, perché oggi come oggi il restauro ha un costo superiore al valore commerciale. I pezzi per una ristrutturazione completa delle 500, qualsiasi modello, si trovano ancora, anche se i listini cominciano a crescere. Alla fine un restauro a regola d’arte di meccanica e carrozzeria può arrivare a costare anche 10 mila euro, oltre il valore di una Fiat 500 F, L oppure R».

Due bianchine (foto concessa da Angelo Melis)
Due bianchine (foto concessa da Angelo Melis)
Due bianchine (foto concessa da Angelo Melis)

Il mercato comunque non accenna a crisi.

«L’ideale sarebbe avere un pezzo appartenuto a un nonno, a una zia o alla mamma, perché il valore affettivo alla fine è incalcolabile».

Ci sono poi quelli che modificano la 500.

«Secondo una certa corrente di pensiero, la Fiat 500, così come altri omologhi francesi (la Citroen 2 cv) o tedeschi (Il Maggiolino), è come una tavolozza e ognuno può modificarla e personalizzarla come crede per farla diventare un’opera unica. È una strada a mio avviso dispendiosa e comunque seguita da chi vuole distinguersi. C’è invece chi punta tutto sull’originalità, sia per la meccanica, sia per la carrozzeria, gli interni e gli accessori come le autoradio d‘epoca».

Si vedono tante Fiat 500 Abarth ai raduni anche in Sardegna.

«Invece di originali Abarth ce ne sono davvero poche: io nella nostra isola ne conosco soltanto due, una a Pattada, l’altra a Domusnovas, e qui le valutazioni sono importanti».

I pezzi rari?

«Le serie commercializzate negli Stati Uniti».

Altre versioni interessanti?

<La Moretti è più accessibile, piace molto anche la Giannini>.

Il successo della Fiat 500 è stato dimostrato nel convegno organizzato a Sassari.

<Penso che la passione per le auto e soprattutto per i modelli storici sia importante divulgarla, farla diventare conoscenza. È importante far capire ai ragazzi come dagli anni Trenta, da un periodo storico così particolare, si è arrivati alla Fiat 500 uscita nel 2007 e che impazza nelle strade del nostro Paese e non solo. Le Fiat 500 e le Vespe sono un simbolo del made in Italy anche oggi per le strade di New York, Londra, Parigi, Berlino, sono ricercate in Giappone».

C’è poi l’aspetto lavorativo e occupazionale che può interessare ai giovani.

«Non esiste per un ventenne soltanto l’Università, può esserci anche un lavoro tecnico al quale si può accedere con un titolo da perito industriale. Ci sono professioni ancora molto richieste sul mercato del lavoro, penso alla manodopera specializzata nel lavoro al tornio, per esempio. Ci sono progetti per le nuove professionalità legate alle prospettive del Porto Canale di Cagliari. Ma più in generale professioni come il restauratore di carrozzeria o meccanica sono lavori creativi legati a vecchi mestieri che stanno scomparendo come appeal tra i giovani e che invece hanno un importante presente e possono avere un futuro ancora più roseo. Penso all’arte chi si sa revisionare un impianto frenante di una Fiat 500, a chi sa risagomare i fondi in lamiera o ricostruire un pezzo introvabile, E non è un mercato di nicchia».

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