Navette che solcano i cieli della Terra, superano la sottile striscia atmosferica ed entrano in quella vastità oscura che si chiama spazio, pur tenendo (nei primi tempi) un'orbita ravvicinata al pianeta. Poi, in un futuro prossimo, da una stazione spaziale sempre più moderna e ampia partiranno i grandi cargo diretti verso la Luna, nuovo punto di approdo che servirà da base e rampa di lancio verso Marte e il resto del Sistema solare.

Immagini fantascientifiche appena qualche decennio fa e sempre più realistiche col progredire delle conoscenze e della tecnologia. Ciò che è stato possibile vedere solo nei film o leggere nei libri e nei fumetti presto potrebbe diventare realtà. Il successo della missione organizzata dalla coppia Nasa-Elon Musk, col lancio della capsula Demo-2 da Cape Canaveral grazie al razzo Falcon 9 lo scorso fine maggio e il rientro perfetto a inizio agosto, ha di fatto avviato realmente una nuova era nella conquista di una frontiera tra le più misteriose e affascinanti per l'Uomo. Con un duplice obiettivo, naturalmente, perché nulla si fa senza prevedere un tornaconto: il piacere e la naturale propensione alla scoperta, all'avventura, al brivido; ma anche, forse soprattutto, al business, alla creazione di nuovi mercati che producano profitto e portino nelle tasche di imprenditori già facoltosi miliardi di dollari. Lo spazio è la miniera d'oro del terzo millennio, e non a caso la stessa stazione spaziale internazionale sarà allargata (pare) con una propaggine destinata al solo utilizzo commerciale. Ma i governi hanno sempre meno fondi a disposizione, ed ecco perché i privati si sono buttati a capofitto nel nuovo mercato, che promette introiti multi miliardari. Non a caso in queste ultime settimane (e nelle prossime) su diverse rampe di lancio sparse per il mondo sono stati sistemati i vettori di Emirati Arabi, India e Cina, nuovi avversari di Europa e Stati Uniti nella corsa al cosmo. Non sono passati molti anni da quando qualcuno, negli Usa, pensava di mettere in vendita ampie porzioni di Luna, ritenendo il nostro satellite a disposizione del primo che passa come accadeva nel Far West americano dell'Ottocento; e del resto un mercato (pur virtuale) esisteva già, perché qualcuno aveva pensato di spendere molti milioni di dollari per far suo un "appezzamento" che oggi magari può valere nulla, tenuto conto della difficoltà ad arrivare sin lassù e dell'improbabile validità di un qualsiasi contratto di compravendita (predisposto da chi? Siglato in quale modo?), però magari un domani la situazione potrebbe essere diversa e quei terreni toccheranno valori oggi non immaginabili. Con le dovute proporzioni, è più o meno quanto accaduto in Sardegna decine di anni fa, quando i proprietari delle terre a ridosso della costa avevano venduto ai grandi investitori le proprie aree pensando fossero improduttive e senza futuro, ricevendo in cambio contanti o appezzamenti interni di valore ben inferiore. All'origine del successo non di rado ci sono investimenti (elevati, dunque a portata di pochi) e idee visionarie (scarseggiano), che potrebbero rivelarsi un buco nell'acqua. Oppure trasformarsi nel biglietto vincente di una lotteria il cui montepremi al momento è incalcolabile.

Allora, ecco spiegato (in parte) il motivo che spinge i Governi e gli imprenditori più ricchi e illuminati a volgere lo sguardo verso l'alto. Il cosmo è la nuova e infinita frontiera, le risorse della Terra e i suoi segreti vanno esaurendosi con trascorrere degli anni. Il lancio della Demo-2 ha di fatto inaugurato un'era in cui non la geopolitica e l'economia planetaria saranno sempre più connesse alle attività spaziali. Per il momento i futuri taxi dello spazio sono ancora un disegno sulla carta, ma il futuro è domani. La navetta di Elon Musk si ferma nei livelli più bassi dell'orbita terrestre, in fondo l'avventura sta muovendo oggi i primi passi e i test devono essere numerosi prima di allargare gli orizzonti.

Poi, terminate le prove, la commercializzazione estenderà i suoi confini. Non solo il turismo spaziale, che già negli anni scorsi ha avuto i suoi pionieri (pochi eletti capaci di spendere centinaia di migliaia di dollari per salire a qualche centinaio di chilometri e provare il brivido dell'assenza di gravità), ma veri viaggi verso la Luna. Del resto il programma Artemis (portato avanti da Nasa, European space agency, Canadian space agency e Jaxa), ha già ricevuto corposi finanziamenti con l'obiettivo di programmare voli spaziale con equipaggio per far sbarcare "la prima donna e il prossimo uomo" sul polo sud del nostro satellite naturale, in particolare nella regione del polo sud lunare entro il 2024, prima tappa di un percorso che prevede di realizzare una base per garantire la nascita di una prima colonia autosufficiente, consentire alle società private di investire e creare un punto di appoggio da quale decollare alla volta di Marte.

Si spiega così anche il perché gli Usa abbiano aperto già da tempo la stazione internazionale spaziale allo sfruttamento privato (e si torna a quanto spiegato all'inizio, con la volontà di realizzarvi un'ala destinata all'utilizzo commerciale). E l'Italia? Il nostro Paese, come ben riassunto dal Foglio lo scorso ottobre, è stato il terzo Paese nella storia a lanciare un satellite (anni Sessanta) e nel tempo è diventata la sesta potenza spaziale al mondo. Costruisce satelliti ed è fornita delle tecnologie adeguate all'osservazione della Terra e all'esplorazione del Sistema solare grazie alla società Thales Alenia Space Italia e alla sua partecipata (insieme all'Agenzia spaziale italiana, Asi) Altec; è in grado di mandare in orbita i satelliti col la Avio e il lanciatore Vega; gestisce satelliti e servizi a terra con la Telespazio; raccogli e distribuisce i dati grazie con la sua partecipata E-Geos.

Proprio la Thales Alenia Space deve occuparsi di una delle missioni più importanti dell'Esa: la "Exomars 2020", che cercherà la vita su Marte studiando il sottosuolo con il rover "Rosalind Franklin". Il centro di controllo della missione si trova nella sede di Altec a Torino, e la stessa Stazione spaciale è stata costruita al 50 per cento dalla Thales Alenia Space Italia, che fornisce anche i moduli di rifornimento Cygnus. Negli stabilimenti romani vengono costruiti i satelliti per l'osservazione della terra e la sicurezza del territorio quali le "Sentinelle di Copernicus", un programma dell'Unione Europea, il "CosmoSkyMed", satelliti italiani per uso civile e militare, e i satelliti di navigazione Galileo. L'Italia con il "Vega" è diventata uno dei sei Paesi al mondo capaci di mandare satelliti nello Spazio assieme a Stati Uniti, Russia, Cina, Giappone e India e ciò significa che può vendere un passaggio per lo spazio ad altre 130 Nazioni che puntano a quell'obiettivo. La Asi, agenzia spaziale italiana, ha un ruolo fondamentale in Europa, e le capacità e preparazione dei nostri astronauti (da Franco Malerba, primo astronauta italiano della storia, a Umberto Guidoni, da Paolo Nespoli a Luca Parmitano e Samantha Cristoforetti, da Roberto Vittori a Maurizio Cheli a Luca Urbani) lo dimostrano. Parmitano è stato il primo italiano a eseguire un lavoro all'esterno della Stazione spaziale e a comandare la Iss; Guidoni ha partecipato a due missioni della Nasa ed è stato il primo europeo a visitare la Stazione spaziale; Cristoforetti, ribattezzata Astrosamatha, è stata la prima italiana negli equipaggi della Esa (l'agenzia spaziale europea) e nel 2015 è rimasta in orbita per 199 giorni, record europeo e femminile di permanenza nello spazio in un singolo volo. Ma ipotizzare oggi che un nostro connazionale possa far parte di un futuro equipaggio in partenza per Marte, pare ancora complicato.
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