Da una decina di giorni i fan degli spaghetti western sono tornati in paradiso. Django, il mitico antieroe a cavallo, creato da Sergio Corbucci nel film del 1966, è tornato sugli schermi e lo ha fatto con una nuova serie tv su Sky. Dieci episodi (i primi quattro diretti da Francesca Comencini) con protagonista Matthias Schoenaerts in un cast che comprende Nicholas Pinnock, Lisa Vicari, Noomi Rapace, Jyuddah Jaymes, Camille Dugay, Manuel Agnelli (al debutto da attore), Vinicio Marchioni, Thomas Trabacchi e la partecipazione straordinaria di Franco Nero.   

C’era una volta Django, il leggendario vendicatore solitario degli spaghetti western. C’era una volta e c’è ancora, ma rivisitato e corretto secondo lo spirito del nostro tempo nella serie. Sta dentro una cornice fiabesca, nera, che consente a chi guarda di parlare delle proprie paure e di esorcizzarle, proprio come hanno fatto i grandi maestri italiani: Sergio Leone, Bruno Corbucci, Ennio Morricone. Le prima due puntate confermano che l’antieroe sta dentro una saga familiare radicata sulla figura del padre, un antieroe in crisi, ferito, che cerca la sua seconda occasione. In questo senso, Django è drammaticamente attuale, spazia dal tema della follia di una guerra mai finita a quello dell'integrazione razziale su un impianto di rapporti psicologici molto, molto contemporanei

Il Django di Francesca Comencini si misura con il cult di Sergio Corbucci, lo omaggia naturalmente. E lo rinnova. Di quel pistolero che ha fatto il giro del monto è rimasto ben poco, il cappello e un po’ di fango: la sua virilità l’ha lasciata nel film del 1966. E’ in profonda crisi, deve misurarsi con sé stesso, con il passato e le proprie fragilità

Siamo nel 1872, dopo la guerra civile, ma nel Sud del Paese i neri continuano a subire discriminazioni e violenze. Uno straniero, Django (Matthias Schoenaerts), come nella più classica delle strutture da western, giunge in una città sconosciuta del Texas, New Babylon, fondata da John Ellis (Nicholas Pinnock) e Sarah (Lisa Vicari), sua figlia. Da quel momento il pistolero più famoso degli spaghetti western vuole riconquistarla. È in atto però una guerra contro Elmdale, la città dei bianchi capitanata da Elizabeth Thurmann, sorellastra e nemica di Ellis: il suo scopo è liberarsi dai peccatori di New Babylon in nome di Dio, soprattutto dopo aver scoperto che nel suo sottosuolo scorre il petrolio.

In Django si parla di inclusione, di libertà, di diversità, di religione, di fede, di speranza. Si racconta di un uomo fragile, insicuro, un cowboy ben lontano dall’immaginario collettivo. Questo significa che nel vedere gli episodi della serie televisiva non ci si deve aspettare una trasposizione pedissequa di quanto si era visto già negli anni Sessanta. La storia portata sul grande schermo da Corbucci diventa, in questo caso, lo spunto per dipingere con i colori del western la società di oggi. Da sballo.

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