Disturbi alimentari: come riconoscerli e come curarsi
Le informazioni per poterli riconoscere al meglio e per comprendere i segnali che qualcosa non vaPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Come si riconosce un disturbo alimentare, che cosa si fa quando si capisce che qualcosa non va in una figlia o un figlio, a chi si rivolge, quali sono le risposte che ci si può aspettare dal servizio sanitario regionale e dai centri privati?
Attorno alla celebrazione della Giornata nazionale del fiocchetto lilla, che si tiene ogni 15 marzo per sensibilizzare cittadini e istituzioni su queste patologie – devastanti per chi ne soffre e per i familiari – si sono svolte anche in Sardegna una serie di iniziative, alcune delle quali sono programmate per tutto il mese. L’ultima è il 28 e 29 marzo, nella sede del poliambulatorio specializzato in Dca della Asl, in viale Trieste, a Cagliari. I pazienti e le famiglie si potranno confrontare nei nuovi laboratori creati ad hoc per connettere i vissuti emotivi gli uni degli altri per poi cercare la giusta distanza.
«Riconoscere precocemente un disturbo alimentare non è semplice, poiché si tratta di un sintomo ego-sintonico che sembra una scelta autonoma dell’individuo», spiega Alessandro Poddesu, psicologo e psicoterapeuta, responsabile del centro Ananke di Cagliari. «Controllo ossessivo del peso, diete rigide, cambiamenti improvvisi nelle relazioni e comportamenti isolanti sono segnali a cui prestare attenzione».
Certo è che l’età di insorgenza di anoressia nervosa, bulimia nervosa e disturbo da alimentazione incontrollata, per citare i più diffusi, si abbassa sempre di più. «Gli adolescenti e i giovani adulti sono i più a rischio», spiega Federica Pinna, direttrice della Psichiatria dell’ospedale San Giovanni di Dio di Cagliari. «Stiamo assistendo a un abbassamento dell'età di esordio, con il 30% dei casi che riguarda bambini sotto i 14 anni. Rispetto al periodo pre-pandemico, c'è stato un aumento di oltre il 30% dei casi, con un aggravamento delle condizioni cliniche e un aumento dei ricoveri ospedalieri».
Il gruppo di ricerca di Pinna ha condotto diversi studi sui comportamenti alimentari disturbati, specialmente tra adolescenti e persone affette da diabete. Da uno studio su oltre 3.000 studenti di otto scuole superiori della Sardegna è emerso che il 44% degli studenti che avevano bevuto alcolici negli ultimi tre mesi avevano mostrato comportamenti legati alla drunkoressia, come il digiuno o il vomito autoindotto, per consumare grandi quantità di alcol senza ingrassare o per ottenere più velocemente gli effetti dell’alcol. Il 17% degli studenti (32% delle ragazze e il 5% dei ragazzi) ha mostrato problemi significativi indicativi di un rischio clinico di disturbi alimentari.
Lo studio ha confermato che i disturbi della nutrizione e dell’alimentazione rappresentano un'emergenza sanitaria in crescita, colpendo sempre più persone, specialmente giovani e giovanissimi, con gravi ripercussioni sulla salute mentale e fisica. «I trattamenti includono psicoterapie individuali, familiari e di gruppo, terapie con psicofarmaci, terapie nutrizionali e programmi riabilitativi», ricorda la psichiatra dell’Aou cagliaritana.
L’approccio alle cure è, insomma, multidisciplinare. La Asl di Cagliari da anni cerca di migliorare le proprie prestazioni, come spiega Annadele Pes, psichiatra e responsabile della struttura per la cura dei disturbi alimentari. «A partire dal 2018 si è creata una rete di servizi pubblici che permette un intervento in ogni Asl. Gli specialisti in rete hanno lavorato anche per la formulazione di un Percorso diagnostico terapeutico assistenziale regionale, recentemente licenziato dalla Regione, che troverà applicazione in tutte le aziende sanitarie e – ha garantito l’assessore alla Sanità Armando Bartolazzi – verrà realizzato dalle Asl entro i prossimi sei mesi».
Lo stesso Bartolazzi definisce i disturbi alimentari «il male del secolo» e «un vero e proprio problema di salute pubblica», che per questo richiedono specifici protocolli e trattamenti multidisciplinari. Da qui la necessità di delineare un percorso di terapia diagnosi e cura regionale «al fine di creare un modello standard di riferimento per il sistema sociosanitario regionale che garantisca omogeneità e continuità delle cure su tutto il territorio regionale. Un percorso già avviato attraverso il Fondo Dna 2022-23 ed il piano di attività biennale sui disturbi della nutrizione e dell’alimentazione che ora trova finalmente attuazione, in alcune sue specifiche parti, attraverso l’impulso dell’esecutivo regionale».
Tracciato il percorso, sarà necessario attuarlo concretamente in un contesto estremamente critico per le note carenze di personale nelle strutture pubbliche. Nel concreto, per fare un esempio, dove può essere assistita una paziente affetta da anoressia nervosa in gravi condizioni di sottopeso che ha bisogno di un ricovero urgente perché non si alimenta spontaneamente e ha quindi bisogno di un sondino nasogastrico? Qual è oggi l’ospedale che può garantire questo supporto che necessita di internisti, psichiatri, psicologi, biologi nutrizionisti e di figure infermieristiche specializzate?
«Sarà ora compito della Direzione generale della Sanità, con il supporto del Tavolo tecnico regionale, monitorare l’applicazione delle linee guida in ciascun contesto territoriale entro i prossimi sei mesi», ha detto Bartolazzi.
Nel frattempo anche le strutture private si organizzano. Il 15 marzo scorso il centro Ananke di Cagliari ha affiancato alla struttura nata nel 2017 dove si fa psicoterapia (che si avvale di psicoterapeuti, psichiatri e nutrizionisti) un nuovo centro che fornisce pasti assistiti a persone affette da disturbi alimentari. «Non si tratta solo di nutrizione, ma di un momento terapeutico che favorisce il rapporto con il proprio corpo e con gli altri», spiega Alessandro Poddesu. Nel centro Ananke si applica anche un’altra tecnica importante: quella dell’open dialogue, che coinvolge tutte le persone significative nella vita del paziente. «Questa modalità è finalizzata a prevenire gli effetti più gravi dei disturbi alimentari e cerca di evitare il ricovero, soprattutto in un contesto in cui le strutture specializzate scarseggiano», evidenzia Poddesu.
Il Centro Ananke di Cagliari fa parte di una rete nazionale con circa 15 centri distribuiti in tutta Italia, attiva da oltre sette anni. L’obiettivo principale è quello di fare cultura sull’esperienza clinica, offrendo percorsi di cura articolati e multidisciplinari. L’équipe è composta da circa 11 professionisti, tra cui psicoterapeuti, nutrizionisti, psichiatri e, da poco, anche un osteopata. L’integrazione di nuove figure professionali è volta a costruire un progetto di cura che tenga conto di ogni aspetto: biologico, sociale, psicologico e relazionale.