Indietro, comunque, non si torna. La didattica a distanza, imposta dalla pandemia senza neanche il tempo di una sperimentazione diffusa, è entrata nelle scuole, ha portato con sé problemi irrisolti, mettendo comunque alunni, insegnanti e famiglie di fronte a una sfida non più rinviabile. In Sardegna gli effetti della rivoluzione sono stati pesantissimi, soprattutto perché l'Isola soffre un gap nell'infrastrutturazione digitale. Molti centri, soprattutto nelle zone interne, viaggiano online ad andamento lento: connessioni ballerine, comunicazioni difficili. La testimonianza di chi ha vissuto, fin dalla primavera scorsa, il passaggio alla Dad, è emblematica. Ne scaturisce un'analisi approfondita.

Studenti pendolari alla fermata del pullman (foto Gualà archivio L'Unione Sarda)
Studenti pendolari alla fermata del pullman (foto Gualà archivio L'Unione Sarda)
Studenti pendolari alla fermata del pullman (foto Gualà archivio L'Unione Sarda)

"Dopo l'annuncio di sospensione delle attività didattiche", racconta Michela Medda, insegnante di Storia e filosofia all'istituto superiore Da Vinci di Lanusei, "il primo pensiero è stato per i miei ragazzi e rispettive famiglie: d'istinto non ho esitato a rassicurarli, a infondere loro serenità e ho cercato con ogni mezzo di mantenere il dialogo sempre vivo e assiduo. L'attività curricolare è stata portata avanti in modo regolare, nel rispetto dell'orario scolastico settimanale delle lezioni e mediante una programmazione puntuale degli interventi". Non tutto però ha funzionato a dovere. "Col passare del tempo - continua l'insegnante - quando ormai la Dad è entrata a pieno regime nelle scuole italiane, ho iniziato ad avvertire un senso sempre più forte di impotenza e smarrimento, pur nella consapevolezza di compiere ogni giorno il mio dovere e nonostante l'enorme impegno per la preparazione delle lezioni alternative, la selezione attenta dei materiali da proporre, la scelta delle nuove strategie di verifica da testare e somministrare e, soprattutto, nonostante la risposta abbastanza positiva da parte dei ragazzi, il coinvolgimento e la motivazione dei più; l'assillo più grande, il peso più difficile da sopportare (ancor più forte dell'indifferenza sociale verso il nostro ruolo educativo e della superficialità con cui si giudica ancora oggi l'operato di noi docenti) è il dubbio circa la qualità dell'istruzione e della formazione, svolta in Dad, nella prospettiva del futuro della nostra società".

Giuseppe Corrias, segretario regionale Uil - scuola (foto Uil)
Giuseppe Corrias, segretario regionale Uil - scuola (foto Uil)
Giuseppe Corrias, segretario regionale Uil - scuola (foto Uil)

Secondo Michela Medda va mantenuta "la consapevolezza che la didattica efficace si realizza solo tra i banchi, non da uno schermo video, e attraverso lo scambio emotivo e comunicativo reale quotidiano, quale autentica espressione della persona ed affermazione piena della socialità, nell'aula didattica, nella palestra, nel cortile, nell'atrio, nell'aula magna, in una parola a scuola, unico e insostituibile luogo di crescita educativa globale, dove tutti vengono accolti, i più fragili in primis, e dove nessuno resta indietro per la lentezza della rete, per le difficoltà della connessione o semplicemente per la mancanza di motivazione verso una soluzione tecnica (per quanto temporanea e suppletiva), la Dad, che inevitabilmente genera discriminazioni e ostacola l'inclusione". Le sfide tecnologiche ed educative imposte dalla pandemia possono però rappresentare anche un'opportunità per Manuela Ennas, originaria di San Gavino Monreale, insegnante di lingua sarda e giornalista. "Non possiamo dimenticare - osserva - che l'attività didattica rappresenta un elemento fondamentale nella crescita di ciascuno e a maggior ragione in un momento difficile e confuso come quello che stiamo vivendo a causa di questa emergenza. Però io credo sia importante ricorrere alla tecnologia digitale per ripensare la didattica in un quadro di sostenibilità e riconcepire i modelli didattici per adattarli a contesti imprevisti come è stato questo. Io penso che le tecnologie siano delle alleate se siamo capaci di inserirle nel discorso della sostenibilità digitale e se siamo in grado di utilizzarle come strumenti abilitanti per un modello educativo in grado di supportare studenti, docenti e famiglie".

Emanuele Usai, segretario regionale della Cgil-Flc (foto Cgil)
Emanuele Usai, segretario regionale della Cgil-Flc (foto Cgil)
Emanuele Usai, segretario regionale della Cgil-Flc (foto Cgil)

Bachisio Porru, preside storico del liceo Fermi di Nuoro, in pensione da cinque anni, è stato sempre un convinto sostenitore della tecnologia nella didattica. E osserva che la Dad è stato "l'unico strumento che ci ha concesso di tenere un rapporto con la scuola che diversamente sarebbe stato interrotto senza rimedio. Indipendentemente da tutto, come accade nelle grandi crisi, la Dad resterà parte integrante della nuova didattica. La disgrazia del coronavirus porterà una grande rivoluzione che permetterà un'integrazione positiva. Io negli ultimi anni mi ero adoperato per la digitalizzazione della mia scuola. La didattica legata a questi strumenti ere nell'alveo del volontariato, non era stata strutturata. La pandemia ha imposto la didattica online e un'accelerata al processo di digitalizzazione. E la Dad ci ha consentito di introdurre nella scuola, dalla porta principale, gli strumenti della contemporaneità". Tra coloro che credono fortemente nelle nuove opportunità, c'è chi prova però un senso di disillusione. "Premesso che sono un aperto sostenitore delle innovazioni tecnologiche - dice Emanuele Usai, segretario regionale della Flc-Cgil - credo che i ritardi siano talmente tanti da non poter considerare la Dad né uno strumento affidabile né un elemento neutro". I danni prodotti - rileva il leader dei lavoratori della conoscenza della Cgil - sono più grandi dei benefici". Anche in considerazione di un aspetto diverso, ma tutt'altro che marginale.

Michela Medda, insegnante all'istituto superiore Da Vinci di Lanusei
Michela Medda, insegnante all'istituto superiore Da Vinci di Lanusei
Michela Medda, insegnante all'istituto superiore Da Vinci di Lanusei

"Non ci sono ancora dati ufficiali sulla dispersione scolastica, ma ritengo - fa notare Usai - che specie in una Regione come la Sardegna che è tra le cenerentole in Europa il sistema scolastico di questo periodo stia influendo sul fenomeno". In sostanza la Sardegna si rivela impreparata ad affrontare i problemi dell'istruzione pubblica ai tempi della pandemia. "Il dimensionamento scolastico appare inadeguato - osserva il sindacalista - nel momento in cui si sacrificano i servizi pubblici. Il sistema non è in grado di dare risposte. Stiamo lavorando al doppio delle nostre possibilità. Non c'è efficace programmazione. Occorre cambiare la scuola, adeguare la sua capacità di accogliere in relazione alla pandemia ma anche alle difficoltà storiche. Per tutto il primo ciclo non erano previsti i tecnici informatici in grado di assistere il personale docente nella didattica a distanza. Poi i tecnici solo arrivati ma in numero assai ridotto: solo 25 nell'Isola per 180 istituti".

Manuela Ennas, giornalista e insegnante di lingua sarda (foto T. P.)
Manuela Ennas, giornalista e insegnante di lingua sarda (foto T. P.)
Manuela Ennas, giornalista e insegnante di lingua sarda (foto T. P.)

Alle difficoltà riscontrate nella Dad si aggiungeranno ora quelle legate al ritorno alla didattica in presenza. Giuseppe Corrias, segretario regionale della Uil - Scuola, si sofferma sulle difficoltà nel trasporto pubblico degli studenti pendolari. "Il ritorno sui banchi a settembre - dice - ha dimostrato l'inadeguatezza del sistema. Mezzi insufficienti, assembramenti alle fermate degli autobus e chi più ne ha più ne metta. Non è stato fatto nulla per garantire la sicurezza. La nostra proposta, quella dei doppi turni tesi a evitare che troppi studenti andassero a scuola negli stessi orari, è stata ignorata. Le scuole continuano a soffrire una cronica carenza di organici. Il personale Ata manca. L'organico Covid (ovvero docenti e personale Ata reclutati per fronteggiare l'emergenza), in tutto cinquemila unità, è ancora senza stipendio. Si stanno nascondendo i dati sui contagi nelle scuole, chiediamo chiarezza e trasparenza sul punto. Azzolina minimizza. Ha scaricato sui prefetti le responsabilità dei trasporti". Adesso Regione e Arst hanno garantito un adeguamento di linee e mezzi per fronteggiare il ritorno a scuola a gennaio, "ma -conclude Giuseppe Corrias - finché non vedo il santo non credo alla festa".
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