Dalla seta al velluto, la silenziosa rivoluzione dei fantini sardi
Da quando la Carriera è dominata dai cavalieri che provengono dall’Isola anche l’abbigliamento in Piazza del Campo è cambiatoPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Il Palio di Siena è, da secoli, una delle espressioni più vive della tradizione toscana e italiana: una corsa che non dura non più di novanta secondi, ma che racchiude storia, identità e rivalità secolari. Da oltre mezzo secolo, fantini e cavalli sardi sono diventati protagonisti della corsa, anche in seguito alla consistente migrazione che ha visto tante famiglie del mondo agro-pastorale isolano trasferirsi tra le crete senesi, le colline del Chianti e le alture che fanno da cornice al corso dell’Arno.
A colpire l’occhio di chi osserva per la prima volta la carriera in Piazza del Campo non sono solo i cavalli lanciati al galoppo e montati “a pelo”, senza sella, ma anche gli abiti colorati dei fantini, che riprendono fedelmente i colori e gli stemmi delle diciassette Contrade (prima erano più numerose ma la governatrice Violante Beatrice di Baviera nel Settecento ne decretò il numero stabilendo i confini attuali, anche se nel corteo storico del Palio sfilano anche sei “Contrade morte”: Gallo, Leone, Orso, Quercia, Spadaforte e Vipera). Casacche di seta lucente durante la corsa, copricapi medievaleggianti, stivali di cuoio: un apparato scenico che rimanda a un passato remoto e che in parte viene rimesso in uso per la sfilata che precede la carriera. Eppure, proprio dentro questa cornice così fedele alla tradizione, negli ultimi anni è avvenuto un cambiamento tanto silenzioso quanto significativo: i pantaloni dei fantini non sono più di seta, ma di velluto.
Innovazione pragmatica
La scelta non è dettata da motivi estetici, bensì funzionali. Montando senza sella, i fantini devono affidarsi interamente all’aderenza delle gambe e alla forza delle braccia. La seta, per quanto nobile e raffinata, risulta troppo scivolosa e rischiosa in una corsa dove l’equilibrio può fare la differenza tra una vittoria leggendaria e una rovinosa caduta (anche se è abbastanza frequente che sia un cavallo “scosso”, ossia senza fantino, a vincere). Il velluto, invece, con la sua trama ruvida e corposa, garantisce maggiore presa e sicurezza. Non è un dettaglio da poco: a queste velocità e con la pressione di un’intera città sulle spalle, anche un minuscolo vantaggio tecnico diventa decisivo. E i fantini sardi lo sanne bene.
Questo cambio di materiale, infatti, ha un legame forte con la composizione del gruppo dei fantini che da anni domina il Palio. Molti di loro sono sardi. La Sardegna, terra dalla forte e radicata cultura equestre, ha sempre visto nel cavallo non solo un compagno di lavoro, ma anche un protagonista delle feste popolari. Basti pensare all’Ardia di Sedilo e Pozzomaggiore oppure alle tante feste con le Pariglie, per esempio la Sartiglia di Oristano, con i cavalieri che indossano spesso costumi di velluto e compiono acrobazie spettacolari. I pantaloni di velluto sono parte integrante della divisa. In Sardegna, insomma, il velluto non è mai stato un tessuto di ripiego: è il materiale “nobile” della tradizione pastorale e i “re-pastori”, come li definiva Emilio Lussu, da sempre sono stati un tutt’uno con il loro cavallo.
L’era moderna
Fantini come Giovanni Atzeni detto “Tittìa” di Nurri, oggi dominatore assoluto con undici vittorie (l’ultima a luglio), oppure Andrea Degortes “Aceto” di Olbia, recordman di Palii vinti nell’era moderna (14), mostrano quanto l’Isola abbia inciso in Piazza del Campo dagli anni Sessanta a oggi. E già negli anni scorsi la Sardegna è stata grande protagonista con altre figure che hanno rivaleggiato con “Aceto”, da Salvatore Ladu “Cianchino” di Bono, a Giuseppe Pes detto “Il Pesse”, originario di Sedilo. Fantini provenienti dalla Sardegna che hanno scritto pagine importanti in Piazza del Campo. È stato naturale, per loro, portare dentro il Palio non solo la propria abilità, ma anche un bagaglio culturale fatto di esperienze maturate nelle corse e nelle feste equestri isolane. E così, il velluto è diventato quasi una “firma” sarda dentro Siena.
C’è chi potrebbe storcere il naso, contestando il fatto che questa trasformazione possa far allontanare i fantini dall’estetica originaria della corsa. Ma la verità è che il Palio è sempre stato un equilibrio sottile tra rispetto delle regole non scritte e adattamenti pratici. I pantaloni di velluto, oggi, sono parte di questa evoluzione silenziosa: garantiscono stabilità, rispecchiano la realtà di una corsa a pelo e, allo stesso tempo, rievocano un’altra tradizione italiana, quella sarda, che con i suoi uomini e i suoi cavalli ha trovato un posto d’onore a Siena. Senza snaturare la tradizione e modificarne l’estetica.
In fondo, il Palio è anche questo: una tradizione che vive e si rinnova, che accoglie contaminazioni senza snaturarsi. E se la seta resta simbolo di splendore, il velluto è diventato sinonimo di forza, concretezza e radici popolari. Forse è proprio per questo che, oggi, guardando i fantini lanciati dopo la partenza ai canapi, non si vede un tradimento del passato, ma la prova che la storia del Palio continua a scriversi, tessuta non più soltanto con fili di seta, ma anche con quelli, robusti e ruvidi, del velluto.