Gli alieni girano per la nostra galassia da tempo ma con gran calma, dunque ancora non sono arrivati da noi. Ma anche no, perché in realtà in tutto l'Universo - infinito per definizione - ci sono non più di 36 civiltà extraterrestri, troppo poche per pensare, e sperare, che anche una sola riesca a passare da queste parti entro breve tempo. E poi, chi dice che esitano davvero? Come fossero componenti di un qualunque comitato tecnico scientifico impegnato a indicare i giusti comportamenti anti contagio, anche i cervelloni che dedicano il proprio tempo alla ricerca di civiltà aliene pubblicano studi e pareri abbastanza di frequente e non di rado in contraddizione tra loro. La scienza è materia in continua evoluzione. Per la Treccani è "l'insieme delle discipline fondate essenzialmente sull'osservazione, l'esperienza, il calcolo, o che hanno per oggetto la natura e gli esseri viventi". Qualcosa che muta ed evolve in seguito alle scoperte dell'Uomo, il cui bagaglio di conoscenze è abbastanza ristretto: qualche migliaio di anni di esperienza rispetto agli oltre cinque miliardi di vita della Terra e ai 30 dell'Universo. Così capita che le tesi di ieri siano smentite o aggiustate da quelle di oggi. Accade in tutti i campi, persino in quello insondabile della fede, libero per sua natura dalla necessità di sottoporre le proprie certezze a esperimenti e conferme sul campo.

Tuttavia a volte nell'elaborare teorie più o meno agganciate a possibilità reali e dimostrabili sembra che i cacciatori di extraterrestri cerchino di attirare l'attenzione anche di un pubblico non elitario (più vasto di quello assai ristretto che comprende solo gli "addetti ai lavori") col risultato finale di creare una certa confusione.

Prendiamo il recente studio dell'Università di Nottingham in Gran Bretagna. Ne abbiamo già parlato sull'Unione Sarda. Gli autori sostengono che le civiltà aliene nell'Universo come detto sono 36 e alcune avrebbero tentato di entrare in comunicazione radio con noi. Si parla delle "Ceti", intelligenze extraterrestri capaci di trasmettere onde radio. Trovarle è complicato, perché solo da un centinaio di anni il genere umano è in grado di inviare e captare segnali di quel tipo e dunque dovrebbe avere un gran fortuna per intercettare quei "messaggi", nel caso miracolosamente transitino dalle nostre parti. Come individuare un singolo granello di sabbia su una spiaggia lunga chilometri.

Però, sorpresa. Pochi mesi fa il gruppo dell'Università di Rochester nello Stato di New York (Usa) ha eseguito una simulazione numerica pubblicata sull'Astronomical Journal e il risultato è sorprendente. Gli alieni potrebbero aver già visitato la Via Lattea e addirittura la Terra. Ipotesi in netto contrasto con quella precedente. Gli studiosi in questo caso sono partiti dal paradosso del fisico italiano Enrico Fermi: "Se l'Universo e la nostra galassia pullulano di civiltà sviluppate, dove sono? Se ci sono così tante civiltà evolute, perché non ne abbiamo ancora ricevuto le prove, come trasmissioni radio, sonde o navi spaziali?" Secondo i ricercatori l'assenza di segnali "non significa che siamo soli ma che i pianeti abitabili sono probabilmente rari e difficili da raggiungere". Così il gruppo per valutare l'eventuale presenza di extraterrestri ha eseguito un complesso calcolo tenendo conto di alcune variabili: la loro ipotetica distanza dal nostro sistema solare, la possibile velocità delle loro sonde interstellari, il percorso che potrebbero coprire, la frequenza dei lanci. Quindi la conclusione: gli alieni potrebbero già essere nella nostra galassia e ancora non sarebbero arrivati da noi perché l'esplorazione procede senza fretta; potrebbero averci trovati ma la visita risalirebbe a milioni di anni fa e non avrebbe lasciato tracce; magari hanno deciso di non fermarsi perché, presente l'Uomo, la loro sopravvivenza era a rischio. Su quali dati reali poggiano queste ipotesi? All'apparenza nessuno. Sono solo teorie non dimostrabili. Almeno sino a quando qualche astronave atterrerà davvero su qualcuno dei nostri continenti.

Poi c'è la categoria "esopianeti", i mondi extrasolari sparsi per la galassia sui quali, chissà, potrebbe esserci vita. Non necessariamente simile alla nostra, magari in forma elementare. Ma sempre vita, le cui tracce si cercano da decenni. Sino al 2019 erano stati individuati circa 4.100 corpi celesti di questo tipo. La maggior parte è formata da giganti gassosi come Giove e Saturno. Però già nel 2013 si ipotizzava che solo nella Via Lattea ve ne fossero 8,8 miliardi di tipo roccioso, della giusta dimensione e nella fascia abitabile (non troppo distanti né troppo vicini alla propria stella così da avere sulla superficie acqua in forma liquida). Un dato ricavato dall'Università Berkeley della California secondo cui nella galassia sarebbero attive sino a 50 miliardi di stelle, il 22 per cento delle quali con le stesse caratteristiche del nostro Sole e un pianeta a girar loro intorno. Non bastando, nel 2019 i ricercatori della Penn State University (Pennsylvania, Usa) sono andati oltre e hanno incrementato il numero sino a 10 miliardi di pianeti.

I numeri ballano, cambiano nel tempo in base all'avanzare della tecnologia e delle scoperte, fotografano con maggiore precisione la situazione dell'Universo man mano che i decenni scorrono. A volte però sembrano seguire logiche poco comprensibili, apparentemente scollegate da solide basi scientifiche, come si

trattasse di sparare nel mucchio e sperare di cogliere nel segno.

Solo qualche giorno fa un nuovo studio ha indicato in più di centomila i pianeti extrasolari che nella nostra galassia ospitano la vita. Forme evolute come quella umana ma anche, forse soprattutto, batteri, alghe, qualcosa di primordiale. Un dato emerso utilizzando il metodo statistico "bayesiano" - complesso e di difficile comprensione - utilizzato dal docente di astrofisica Amedeo Balbi dell'Università "Tor Vergata" di Roma e dal collega Claudio Grimaldi della Scuola politecnica federale di Losanna. Tutto nasce dalla ricerca nell'atmosfera dei pianeti di elementi quali il metano e l'ossigeno, che indicherebbero la presenza di vita (pur potendo anche essere originati da normali effetti geologici). La ricerca sarà portata avanti attraverso potenti telescopi che entreranno in funzione nei prossimi anni e daranno risultati ancora più in là nel tempo, ma in loro attesa i due esperti hanno eseguito un calcolo più o meno realistico sul numero di mondi extraterrestri che possono dare buoni risultati.

A loro dire in una situazione come quella attuale (la tecnologia consente di studiare una porzione di Universo molto limitata) trovare anche un solo esopianeta con quegli elementi nell'atmosfera renderebbe comune la vita aliena nella Via Lattea. Tanto da poterla ritenere distribuita su almeno 100mila pianeti. L'altra possibilità è non trovare metano e ossigeno, però - attenzione - non sarebbe un problema. Anzi: nulla cambierebbe nelle potenzialità della galassia di ospitare civiltà extraterrestri proprio perché il "frammento" galattico studiato sinora è troppo piccolo, dunque nulla vieterebbe di pensare che da altre parti (oggi inaccessibili) ve ne siano in quantità. Certo, individuarle subito sarebbe statisticamente importante perché dimostrerebbe (a loro dire) che la vita nella galassia è diffusa. Insomma, tutto e il contrario di tutto. E non basta.

Resta aperta infatti la possibilità che si riveli esatta la teoria della panspermia, secondo cui la diffusione della vita nell'Universo sia avvenuta e avvenga ancora attraverso i "semi" portati da mondi lontani su bus spaziali quali comete o meteoriti che, caduti sulla Terra, hanno lasciato poi elementi sviluppatisi grazie a un ambiente favorevole. In questo caso il numero di pianeti abitati potrebbe essere inferiore a quello stimato, la vita sarebbe figlia di un evento più raro.

Quale sia la verità oggi non si può dire. L'unica cosa certa (o forse no) è che serviranno diverse generazioni per scoprirlo.
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