Ogni volta che si arriva dentro una galleria, mentre si sta concludendo una telefonata importante durante un tragitto in auto, le soluzioni sono due: fermarsi prima e chiudere la conversazione oppure interromperla bruscamente per mancanza di segnale all’interno del tunnel. Ebbene, alla fine del 2030 questo potrebbe non accadere più anche se la conclusione dell’attività di sperimentazione è prevista già entro quest’anno e l’inizio del 2025. La tecnologia avanza e mentre in molte regioni del nostro Paese non è ancora arrivato il 5G, gli scienziati stanno già sperimentando la nuova forma di trasmissione del segnale per far funzionare gli smartphone. Ed è una vera rivoluzione rispetto al passato.

Le novità

“Fino ad ora i sistemi fino al 5G prevedono la divisione del territorio in celle e stazioni radio base che trasmettono il segnale”, spiega Maurizio Murroni, docente di xG Mobile Communications alla facoltà di Ingegneria elettronica, informatica e telecomunicazioni dell’Università di Cagliari. Con il nuovo sistema 6G invece le celle e la tradizionale divisione del territorio sparirà, non sarà più necessario “inseguire” il segnale, ma lo si troverà un po’ dappertutto. “In sostanza nel 6G ci sarà un’integrazione molto forte delle reti terrestri con le cosiddette NTN, Non Terrestrial Network, ossia anche i satelliti e i droni potranno dare copertura di segnale in alcune zone – aggiunge ancora Murroni – assicurando tanta banda e poca latenza”. Per essere pratici non solo ci sarà una copertura costante ma anche la velocità migliorerà enormemente e questo grazie al fatto che il segnale “rimbalzerà” quasi ovunque.

Maurizio Murroni, docente del dipartimento di Ingegneria elettrica ed elettronica
Maurizio Murroni, docente del dipartimento di Ingegneria elettrica ed elettronica
Maurizio Murroni, docente del dipartimento di Ingegneria elettrica ed elettronica

La nuova tecnologia, infatti, si basa non solo sul sistema di trasmissione radio con antenne, ma anche sull’utilizzo di “superfici intelligenti riconfigurabili”, le cosiddette RIS, che permettono di riflettere il segnale ritrasmettendolo. Una sorta di rimbalzo che permette di coprire il territorio in maniera più completa e propagare il segnale anche dove oggi non arriva, per esempio appunto nelle gallerie. Altrimenti saranno anche direttamente i satelliti ad assicurare la trasmissione di dati e voce. E tutto avverrà molto più velocemente, anche se il nuovo sistema non sostituirà la trasmissione via cavo che attraverso la fibra continua ad essere più veloce e stabile di quella mobile e anche in continua evoluzione.

Gli effetti pratici

Non è però solo una questione di velocità. Già oggi la stabilità del segnale e la riduzione della latenza (il tempo necessario per ottenere una risposta nella trasmissione dei dati) con il 5G sono discreti, con il 6G si arriverà a migliorare ancora. E questo significa poter utilizzare la rete mobile per una serie di applicazioni pratiche che oggi ancora non sono possibili oppure lo sono solo parzialmente. Parliamo ad esempio “della guida autonoma o della realtà aumentata”, osserva Maurizio Murroni. Infatti, le auto a guida autonoma, ad esempio, possono circolare in sicurezza nelle aree in cui la trasmissione del segnale è molto forte, ma dove è carente o ci sono zone d’ombra si rischia di far schiantare il mezzo. Con il 6G questo non avverrà. Così come, per quanto riguarda la realtà estesa (aumentata e virtuale), “sarà possibile implementare i sistemi in cui attraverso la tecnologia una persona può partecipare ad esempio a un evento pur non essendo fisicamente in quel luogo”, osserva ancora il docente cagliaritano, spiegando anche che si potranno dunque fare esperienze sensoriali e condivise molto intense anche se virtuali. E tutto questo anche “con una tecnologia più green” perché non c’è necessità di antenne per la trasmissione del segnale. Il nuovo sistema infatti consuma meno e riduce l’inquinamento elettromagnetico.

I tempi

Le sperimentazioni sono già in fase avanzata, soprattutto in Cina e negli Stati Uniti e si prevede che entro il 2030 diventerà fruibile, dando così il là a una vera e propria rivoluzione digitale che andrà oltre quella che già viviamo. L’Unione europea ha stanziato circa 900 milioni di euro da utilizzare entro il 2027 per la sperimentazione della nuova tecnologia. E anche la Sardegna è già coinvolta nelle attività di ricerca per studiare le applicazioni che si possono portare avanti con il 6G. L’ateneo cagliaritano, infatti, è appena risultato vincitore di un bando Europeo Horizon 2020 sulle applicazioni della realtà estesa (XR) in ambito 5G/6G, in cui coordinerà per i prossimi tre anni, un partenariato di 15 soggetti, fra aziende e centri di ricerca europei per un finanziamento complessivo di 7 milioni di euro. Inoltre, a Cagliari è già attivo il “Cagliari Digital Lab-Casa delle Tecnologie Emergenti, finanziato dal MIMIT nell’ambito del Programma di supporto alle tecnologie emergenti del Piano per la diffusione della Banda larga” conclude Maurizio Murroni. In sostanza, sta prendendo forma nel capoluogo sardo un centro di trasferimento tecnologico sulle tecnologie emergenti abilitate dal 5G (IoT – Internet delle cose -, Intelligenza Artificiale, Blockchain, AI, tecnologie quantistiche), “in grado di promuovere l’accelerazione di start-up e il trasferimento tecnologico verso le piccole e medie imprese”. Il finanziamento complessivo dovrebbe aggirarsi intorno ai circa 11 milioni di euro, ma quello che è ancora più importante è che molti giovani studenti e ricercatori dell’Università di Cagliari, che operano nell’innovativo dipartimento di Ingegneria elettrica ed elettronica - DIEE , trovano così impiego nell’Isola oltre che lavorare in un luogo fertile dove poter mettere in pratica i loro studi senza dover trasferirsi oltre Tirreno. Insomma, il 6G riduce le distanze fisiche e assicura nuove possibilità purché anche la Sardegna sappia essere ancora una volta in sintonia con la tecnologia come lo è stata in passato.

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