Amici Miei: il capolavoro di Monicelli compie mezzo secolo
Tra battute, scherzi e malinconia, le “zingarate” furono anche una vera critica politica alla mediocrità borghesePer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Era uscito in anteprima il giorno di Ferragosto del 1975, per poi approdare nelle sale cinematografiche qualche mese dopo, in autunno, e restare saldamente nei cuor degli italiani sino ai giorni nostri. Usare il termine “iconico” è ormai inflazionato, se non addirittura irritante, ma Amici Miei, il capolavoro di Mario Monicelli, è sicuramente una delle pellicole più significative e amate della commedia all’italiana. A cinquant’anni di distanza, il film non ha perso nulla della sua forza espressiva, della sua ironia tagliente e della sua profonda malinconia.
Il film – per i pochi, pochissimi che non l’avessero visto - racconta le vicende di cinque amici fiorentini di mezza età: il conte Raffaello Mascetti (Ugo Tognazzi), il giornalista capocronista Giorgio Perozzi (Philippe Noiret), il primario Professor Sassaroli (Adolfo Celi), l’architetto Rambaldo Melandri (Gastone Moschin) e il barista Guido Necchi (Duilio Del Prete). Una banda di uomini di mezza età che, per combattere anche un po’ la malinconia della mezza età ormai raggiunta, si ritrovano regolarmente per mettere in atto “zingarate”, ovvero scherzi e burle spesso crudeli, ma sempre geniali.
Come detto, dietro la comicità di Monicelli, si cela però una profonda riflessione sull’età che avanza, sulla solitudine, sull’incapacità di affrontare la realtà. Una malinconia esistenziale che ha sempre contrassegnato i lavori del grande regista, morto suicida il 29 novembre 2010, all'età di 95 anni, ma che faceva coppia con la sua immensa capacità di far riflettere sui mali della società contemporanea. I protagonisti sono tutti uomini, in buona parte colti e benestanti, che scelgono di evadere dalle responsabilità e dai dolori della vita rifugiandosi nell’amicizia e nell’infantilismo. Il film alterna momenti esilaranti a scene struggenti, in un equilibrio perfetto tra riso e commozione.
La pellicola, in realtà, nacque da un’idea Pietro Germi, che scrisse il soggetto insieme a Age & Scarpelli. Amici Miei doveva essere diretto dallo stesso Germi, ma la sua morte prematura (nel 1974) portò Mario Monicelli alla regia. A differenza di Germi, Monicelli diede al film una conduzione più amara e riflessiva, pur mantenendo intatta la leggerezza del soggetto. E il regista di Viareggio trasformò le “zingarate” in atti di ribellione contro la mediocrità borghese – tenendo fede al suo messaggio politico, presente in tanti film - rendendo i protagonisti dei veri e propri anti-eroi. La pellicola ebbe anche due sequel (nel 1982 e nel 1985), ma nessuno è riuscito a eguagliare la forza del primo capitolo.
Le battute del film sono entrate nel linguaggio comune: dalla “supercazzola” al “come se fosse antani” “tarapia tapioca” e tante altre che vengono ancora oggi citate e ripetute. Per il cinquantesimo anniversario, diverse cineteche italiane hanno organizzato proiezioni speciali, retrospettive e incontri con critici e attori. È stato anche annunciato un restauro in 4K del film, che verrà distribuito nelle sale e sulle piattaforme digitali, permettendo alle nuove generazioni di riscoprire questo capolavoro in alta definizione.