Il nemico numero uno dei lavoratori potrebbe diventarne presto il miglior amico. L’intelligenza artificiale, da sempre accusata di poter un giorno all’altro sostituire in uffici e fabbriche milioni di persone, è infatti al centro di un programma per il rafforzamento della sicurezza nei luoghi di lavoro. 

L’idea

Tutto merito del nuovo progetto dell’Enea, basato su strumenti incentrati sull’intelligenza artificiale. «I primi test sono stati condotti con risultati positivi in due contesti lavorativi diversi, una multinazionale farmaceutica e un’azienda italiana di lavorazione dei metalli», spiegano i tecnici dell’Ente nazionale di ricerca che hanno pubblicato uno studio sulla rivista internazionale Journal of Industrial Information Integration come parte del progetto internazionale “Human-Centred Safety Crowd-Sensitive Indicators”, al quale hanno partecipato lo stesso Enea nel ruolo di coordinamento, l’Università Sapienza di Roma, la Middlesex University di Londra, l’azienda Human Factors Everywhere e l’Inail che ha finanziato la quota italiana.

Robot vigilantes

«La metodologia e gli strumenti software che abbiamo sviluppato sono pensati per garantire l’efficienza e la sicurezza nelle imprese moderne dove i processi produttivi prevedono l’interazione tra persone, strumentazione fisica e componenti tecnologiche, tra cui robot, droni, software e sensori. In gergo tecnico, ci riferiamo a sistemi cyber-socio-tecnici», spiega Antonio De Nicola, ricercatore del Laboratorio Enea di Analisi e protezione delle infrastrutture critiche e coautore dello studio insieme alla collega Maria Luisa Villani, Francesco Costantino, Andrea Falegnami e Riccardo Patriarca di Sapienza Università di Roma, Mark Sujan di Human Factors Everywhere e John Watt della Middlesex University.

Il lavoro del team di esperti si è concentrato su un cambio di prospettiva e la definizione un nuovo indicatore di resilienza per cogliere il disallineamento tra procedure formali (Work-As-Imagined) e lavoro concretamente svolto dagli operatori in fabbrica e nei cantieri (Work-As-Done). Ovvero comprendere ciò che pianificato in teoria non si realizza effettivamente nella pratica. 

«Spesso efficienza e sicurezza sono messi a rischio da questo disallineamento, in quanto nella realtà esistono più modi di “vedere” lo stesso processo lavorativo e può succedere che i lavoratori possano cambiare, per necessità, quanto stabilito dal protocollo. Ma molti di questi cambiamenti possono essere potenzialmente pericolosi se si è, ad esempio, in una centrale elettrica o in un cantiere edile», sottolinea De Nicola.

Sperimentazioni

Il lavoro sul campo è stato lungo e complesso: nell’azienda di produzione di semilavorati in alluminio, per esempio, l’indicatore ha permesso di individuare la tipologia di funzioni da monitorare con più attenzione per garantire ai lavoratori una maggiore sicurezza. Nell’impianto di produzione farmaceutica, invece, sono state evidenziate anche le principali azioni da intraprendere per migliorare l’efficienza delle operazioni.

«A volte il disallineamento tra procedure lavorative formali e il lavoro concreto sono “deprecabili” per il mancato rispetto delle procedure di sicurezza, mentre altre volte il completamento di un processo lavorativo richiede effettivamente che i lavoratori si discostino dai protocolli formali. In ogni caso questa diversità di prospettive può causare tensioni organizzative nell’intero sistema e portare a un basso livello di prestazione o, addirittura, a incidenti legati al mancato rispetto delle procedure di sicurezza», conclude il ricercatore 

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