Affitti brevi, case introvabili per gli studenti, ma anche per famiglie che cercano una sistemazione e oggi, con la risalita dei mutui, hanno difficoltà ad acquistare un’abitazione. La ministra del Turismo Daniela Santanché, fin dal suo insediamento, ha annunciato di voler metter fine al Far West degli affitti brevi, promuovendo una nuova politica sulla casa, cosa che chiedono anche le associazioni degli albergatori, i sindaci e gli studenti. Questi ultimi sono perfino scesi in piazza, sistemando le tende davanti alle università per richiamare l’attenzione sulla grande difficoltà nel reperire un alloggio, anche per la carenza in molti casi (come ad esempio Cagliari) di sistemazioni Ersu fino a quando non saranno aperte nuove strutture.

Il disegno di legge, tuttavia, fa fatica ad arrivare in Parlamento nonostante sia stato scritto e presentato dal Governo. Di recente si era parlato anche di un’accelerazione con la possibilità di riformare il settore partendo da un decreto, ma poi si è tornati alla formula del disegno di legge da presentare alle Camere. Le proposte contenute, tuttavia, non soddisfano i proprietari che oggi affittano per ragioni turistiche, piacciono solo in parte agli albergatori e alla fine non si è proprio certi che portino miglioramenti per gli studenti universitari e le famiglie in cerca di un alloggio.

La proposta

Il punto cruciale della riforma è quello di limitare la concorrenza sleale delle case destinate agli affitti brevi, che tolgono clientela agli alberghi ma non hanno personale professionalmente adeguato (e quindi non creano nuova occupazione), non creano indotto e pagano meno tasse. In effetti, la riforma prevede di limitare a due notti il minimo di permanenza in una casa destinata all’affitto breve (in sostanza se si prenota per una notte si deve andare necessariamente in albergo), vietare la possibilità che il gestore possa possedere più di due immobili utilizzati per questo scopo (oggi il numero è quattro) oltre che imporre anche l’obbligo di apparecchi di sicurezza nell’edificio. Altra novità importante è che sarà istituito un codice unico nazionale per identificare l’immobile, sostituendo così i venti codici regionali attualmente operativi. Una misura quest’ultima che appare inutile, visto che i codici regionali permettono già di individuare i singoli immobili e di evitare che rimangano nel sommerso per quanto riguarda le tasse e altre imposte.

Con le altre misure, si cerca invece di limitare quella che in realtà non è una vera e propria attività professionale, salvaguardando gli hotel. Bisogna però tenere presente che, nelle città più grandi, la permanenza di una sola notte ha un’incidenza alta, mentre nei centri più piccoli si preferiscono vacanze decisamente superiori alle due notti. Secondo i dati dell’Aigab, l’associazione dei property manager, ossia le società a cui i privati affidano la gestione delle abitazioni, a livello nazionale la permanenza di una sola notte non supera l’8%, mentre nelle città più turistiche o in cui si registrano molte trasferte di lavoro, come ad esempio Milano, si arriva al 29%.

Le scelte

Il punto è che i proprietari di abitazioni preferiscono utilizzare il sistema dell’affitto breve perché, se non si esercita un’attività professionale, permette di accedere comunque alla tassazione agevolata con la cedolare secca, e dal punto di vista pratico non si va incontro a contenziosi con inquilini morosi, c’è meno burocrazia per la registrazione dei contratti (anche se bisogna rispettare le regole su registrazione dei dati alla Questura e pagamento della tassa di soggiorno ad esempio) e si può rientrare in possesso della casa in qualsiasi momento. Rispetto quindi alla gestione dell’affitto con studenti o altri inquilini a lungo termine, dunque, quello breve è molto più agevole. La riforma si pone l’obiettivo di invertire questa tendenza e porre fine al Far West, liberando alloggi in zone delle città a maggiore vocazione turistica, dove qualcuno, come ad esempio il sindaco di Firenze Dario Nardella, ha cercato di porre un limite approvando un regolamento che congela il numero delle case destinate all’affitto breve. Molto probabilmente ci saranno ricorsi e verranno anche vinti, però intanto si pone il problema. Posto che la riforma pone sì dei limiti, ma non prevede norme che in qualche modo riducano la burocrazia o agevolino i proprietari per convincerli ad altre forme di locazione più tradizionale (a parte la cedolare al 10% ad esempio per alcune forme di affitto agevolato come quello agli studenti).

In ogni caso, la riforma non sarà immediata, visto che dovrà seguire il tradizionale percorso parlamentare che al momento è appena avviato con la presentazione del disegno di legge. Nel frattempo, bisogna capire cosa accade in questi anni di ripresa del boom turistico. Certo è che il patrimonio immobiliare italiano è molto consistente: secondo il Catasto urbano, gli immobili censiti sono circa 78 milioni, di cui 67 milioni nelle categorie catastali ordinarie e speciali, 3,7 tra quelli non sono idonei a produrre reddito e 7 milioni non censibili in quanto di proprietà comune o che anche in questo caso non producono reddito. Le abitazioni di proprietà delle persone fisiche, infine, sono circa 33 milioni. Numeri su cui si dovrà ragionare per prendere le decisioni migliori nell’approvazione della nuova legge.

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