Gli ingredienti di base erano già eccellenti: un genio artistico fuori dal comune, una personalità debordante, un misto di sensibilità e curiosità che intercettava sempre lo spirito del tempo. Non poteva che venirne fuori una figura destinata a passare alla storia, e anzi Pablo Picasso è andato addirittura oltre: la storia, lui, l’ha fatta. Di pochi esseri umani si può dire che abbiano influenzato il corso dell’arte mondiale più di quanto abbia fatto quell’omino nato a Malaga, cittadino d’Europa, protagonista del Novecento.

A mezzo secolo dalla sua morte (avvenuta l’8 aprile 1973 a Mougins, in Costa Azzurra, a 91 anni), il tempo trascorso consente di guardare a Picasso già in una prospettiva storica, che però non ne relativizza per niente il valore. L’apprezzamento della sua opera resta un fatto soggettivo, ma è innegabile che abbia rappresentato un esempio di intellettuale a 360 gradi, capace di interpretare il suo presente, prefigurare il futuro, lanciare messaggi di rara potenza ben al di là del contesto puramente artistico. L’immortale grido di dolore contro la guerra contenuto in Guernica è solo il più noto dei casi in cui la sua “voce”, benché espressa con i segni su una tela, ha saputo leggere la realtà meglio di tante analisi politiche o storiche.

LE CREAZIONI E LE FOTOGRAFIE

La ricorrenza dei 50 anni dalla scomparsa di Picasso verrà celebrata in tutto il mondo nel corso del 2023; in particolare a Malaga, Barcellona e Parigi, le città che furono più “sue”, ma non solo. In Italia a dire il vero non sono molte le iniziative in calendario, ma una assume particolare rilievo. È la mostra “Pablo Picasso. Le origini del mito”, in programma alla Fortezza Firmafede di Sarzana, in Liguria, inaugurata nel giorno del cinquantesimo anniversario della morte dell’artista, appunto l’8 aprile, e visitabile fino al 16 luglio. L’iniziativa, organizzata dal Comune insieme alle associazioni Paloma e Comediarting, e con la collaborazione del Museo casa natal Picasso de Malaga, ripropone un’antologia dell’intero percorso artistico del fondatore del cubismo, attraverso opere grafiche, ritratti (in particolare la “Tête de femme” che raffigura Henriette Theodora Markovitch, carismatica pittrice e intellettuale che fu la sua compagna tra il 1936 e il 1943), ceramiche.

Per aprire uno squarcio sul lato privato di Picasso, completano l’esposizione diciotto fotografie: per metà scattate dal mitico Robert Capa nell’estate del 1948, quando trascorse un periodo di vacanza in Francia insieme all’artista e alla sua compagna dell’epoca, Françoise Gilot, che da qualche anno aveva preso il posto di Henriette Markovitch (Gilot, di 40 anni più giovane del suo uomo, gli diede i figli Claude e Paloma ed è ancora viva, avendo compiuto 102 anni nel novembre 2022). Le altre nove foto che si possono ammirare alla Fortezza Firmafede di Sarzana sono state messe a disposizione dal museo picassiano di Malaga e si devono all’obiettivo di Juan Gyenes.

Pablo Picasso nel suo studio ad Antibes nel 1946
Pablo Picasso nel suo studio ad Antibes nel 1946
Pablo Picasso nel suo studio ad Antibes nel 1946

La volontà del Comune in provincia di La Spezia di ricordare Picasso si deve anche alle origini liguri del pittore, per parte di madre: lo stesso cognome che lui scelse per presentarsi al mondo era appunto quello di Maria Picasso y López de Oñate, nata anche lei a Malaga ma da una famiglia che si era trasferita da Genova. Il vero cognome dell’artista sarebbe stato Ruiz y Picasso, dato che era figlio dell’insegnante di disegno José Ruiz y Blasco. Le spiegazioni dei biografi, riguardo all’approdo al nome d’arte definitivo, oscillano tra il rifiuto della figura paterna, per via di un rapporto non felice, e la preferenza verso un appellativo decisamente più originale rispetto al più diffuso Ruiz. 

Gli esperti di genealogia hanno anche ricostruito un legame che la famiglia Picasso ebbe con la Sardegna, dato che un antenato di Maria vi si stabilì nel corso del XVIII secolo. In realtà il Picasso più famoso non ebbe rapporti con l’Isola; eppure è stato il Man di Nuoro, nei mesi a cavallo tra il 2022 e il 2023, ad anticipare le celebrazioni per il cinquantenario della morte dell’artista con una mostra dedicata a Guernica, in corrispondenza con un altro anniversario: i 70 anni dall’esposizione dell’opera nel Palazzo Reale di Milano.

L’EREDITÀ DI GUERNICA

Il passaggio in Italia del manifesto pittorico contro tutte le guerre merita di essere ricordato, perché è una delle poche occasioni in cui il dipinto ha viaggiato fuori dalla Spagna: ora non viene più spostato dal Museo Reina Sofia di Madrid. Resta però un emblema del lavoro di Picasso, non solo per la forza espressiva inimitabile, ma anche come “summa” della rivoluzione da lui impressa all’arte figurativa. È celebre la frase attribuita al pittore catalano, che avrebbe detto: “A 12 anni dipingevo come Raffaello, ci ho messo tutta la vita a imparare a dipingere come un bambino”. Ma in realtà il cubismo, per il suo fatto di scomporre il soggetto in più piani e punti di vista, sembra anticipare i temi postbellici della società frammentata e relativista, in cui viene meno la Verità assoluta derivata dalla religione, e poi anche quella derivata dall’ideologia.

Un'immagine di Guernica, forse l'opera più celebra di Picasso
Un'immagine di Guernica, forse l'opera più celebra di Picasso
Un'immagine di Guernica, forse l'opera più celebra di Picasso

Come accaduto nei secoli a certe scoperte scientifiche o elaborazioni concettuali, che determinano una cesura netta tra un prima e un dopo, così anche un tale squarcio di modernità non poteva che cambiare il corso della storia, quanto meno dell’arte. Non importa quanti si siano esplicitamente ispirati al cubismo e ai suoi padri (Georges Braque è l’altro grande capostipite del genere): anche in molti artisti contemporanei, a volte senza che essi ne siano neppure pienamente consapevoli, germogliano i semi sparsi un secolo fa da Pablo Picasso.

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