E' stato numero 13 al mondo nel 1988, anno in cui ha raggiunto i quarti di finale al Roland Garros a Parigi battendo addirittura Stefan Edberg in tre set e perdendo contro Andrè Agassi (il titolo poi andò a Mats Wilander). Guillermo Perez Roldan, argentino di Tandil, la città che ha dato i natali anche ad altri sportivi illustri come il calciatore Camonaresi (campione del mondo con l'Italia nel 2006 da naturalizzato) e come il tennista Del Potro, oggi ha 49 anni e sta per firmare un contratto che lo legherà al Tennis club Cagliari: sarà il responsabile del settore tecnico. Una svolta per certi versi clamorosa: in passato l'unico "straniero" a ricoprire quel ruolo nel più importante circolo sardo era stato il bolognese Lillo Palmieri. Perez Roldan non è un uomo che concede interviste, soprattutto quando manca ancora l'ufficialità e si stanno discutendo i dettagli del contratto con il Tc Cagliari. E men che meno in un periodo in cui è tornato alla ribalta della cronaca per un'intervista choc riportata da una testata argentina: "Avevo il conto corrente in comune con mio padre che ha fatto sparire tutti i soldi vinti in carriera". Botta e risposta al veleno, che oggi sinceramente poco interessa agli appassionati sardi: Guillermo da anni svolge la professione di insegnante di tennis, prima in giro per il mondo, poi per quasi quindici anni a Olbia, tra i circoli Geovillage e Terranova. Qualche anno fa lasciò la Sardegna, destinazione Sud America, Cile. Sembrava un addio, era un arrivederci. È tornato in Gallura a settembre e adesso sbarcherà a Cagliari.

Perez Roldan a Olbia (foto tratta dal libro "Gioco Partita Incontro" di Paolo Carta, Aipsa edizioni)
Perez Roldan a Olbia (foto tratta dal libro "Gioco Partita Incontro" di Paolo Carta, Aipsa edizioni)
Perez Roldan a Olbia (foto tratta dal libro "Gioco Partita Incontro" di Paolo Carta, Aipsa edizioni)

In un ambiente chiuso come quello sardo, che proprio per la difficoltà nei confronti paga un dazio pesante soprattutto a livello giovanile se si fanno i paralleli con quel che accade nella Penisola, la notizia ha avuto l'effetto di una deflagrazione. Soprattutto per il calibro del personaggio. Al di là del suo passato agonistico, grande regolarista, solidissimo, difficile da battere per chiunque al mondo nella sua epoca sulla terra rossa, da coach Perez Roldan ha seguito prima a tempo pieno una nidiata di giovani talenti per conto della Federtennis argentina (Nalbandian, Coria, Acasuso e Puerta), poi per qualche tempo come consulente Francesca Schiavone, l'azzurra che dieci anni fa di questi giorni vinse il Roland Garros a Parigi, e il marocchino El Anaouy. Perez Roldan è un personaggio conosciutissimo nel circuito internazionale, ambiente che non dimentica mai i campioni, neppure quelli sfortunati come lui costretto a chiudere da giovane la carriera a certi livelli per un brutto infortunio al polso: nel 2003, addirittura sua maestà Roger Federer, in vacanza in Costa Smeralda dopo aver vinto Wimbledon, si presentò al circolo Geovillage di Olbia per salutarlo e finì per giocare con i bambini della scuola tennis dell'argentino.

Chi ci ha lavorato gomito a gomito a Olbia come Vittorio Boi o Rosa Mazzone dipingono Perez Roldan come un grande professionista: pretende molto da se stesso, dai maestri del suo staff e dai ragazzi. E i risultati si vedono: se i giovani lo seguono, migliorano in poco tempo, la sua mano si vede subito. E' anche famoso per il suo carattere fumantino che forse gli ha negato per ora opportunità professionali più importanti.

Nelle rare chiacchierate con i giornalisti, in passato ha esposto il suo credo: "Tutti amiamo i gesti perfetti di Federed e Gasquet, io per primo. Bisogna curare la tecnica puntando al massimo. Il tennis è in continuo aggiornamento ma gli allenamenti come quelli di Bollettieri, Pilic o di Hopman, il tecnico australiano che portò dodici suoi allievi a vincere Wimbledon, restano sempre attuali. In tutto il mondo ormai si conoscono le linee guida per insegnare la tecnica. Occorre avere pazienza e credere nel lavoro". Lavoro duro, assicurano i suoi amici.

Guillermo Perez Roldan ha raccontato spesso del suo maestro Felipe Lo Cicero, quello che portò un altro Guillermo, Vilas, ex numero due al mondo negli anni 80, a vincere quattro prove dello Slam: "Un giorno mi vide palleggiare in allenamento, si fermò e restò in silenzio. Stava contando le palle che mandavo in rete: tre in un'ora. Mi disse: la rete è alta 91 centimetri, sopra il cielo è infinito, sono errori assurdi. Prova a tirare forte, prendendo come bersaglio mezzo metri oltre la linea di fondocampo del tuo avversario. Poi in partita, con la tensione della gara, accorcerai i colpi che finiranno nei pressi della linea ma in campo".

Una lezione che Perez Roldan non scordò mai.
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