Diventa definitiva per Robinho la condanna per stupro di gruppo.

La Cassazione ha confermato i nove anni di reclusione per l'ex attaccante del Milan, sentenza emessa dalla Corte d'appello di Milano nel 2019. 

I fatti risalgono al 22 gennaio 2013: secondo gli inquirenti, l'ex giocatore brasiliano avrebbe fatto bere la vittima, all’epoca 23enne, fino al punto da renderla incosciente e poi l'avrebbe violentata insieme ad altri, senza che lei potesse opporsi, nel guardaroba di un locale notturno della movida milanese, dove la giovane era andata per festeggiare il suo compleanno.

Non è passata dunque la linea della difesa, secondo cui il rapporto era consensuale. Anche perché, contro quest’ipotesi, c’erano le parole dell’ex Real Madrid e Milan: “Sto ridendo perché non mi interessa – aveva detto in una telefonata - era completamente ubriaca, non sa nemmeno cosa sia successo”.

I giudici della Suprema corte hanno confermato anche la sentenza di secondo grado di Ricardo Falco, amico del calciatore.

Entrambi i condannati però attualmente si trovano in Brasile: "Il problema ora diventa di natura anche politica”, dice il legale di parte civile, l'avvocato Jacopo Gnocchi. 

Le autorità brasiliane non consegneranno Robinho all'Italia in quanto la Costituzione federale non consente l'estradizione dei cittadini brasiliani. Tuttavia, se l'Italia emettesse un mandato d'arresto internazionale contro l'ex giocatore, quest'ultimo non potrà recarsi in nessun luogo che abbia un accordo di estradizione con il nostro Paese. Per questa ragione negli ultimi anni l'attaccante non ha potuto mettere piede in quasi 70 nazioni del mondo, tra cui Argentina, Australia, Canada, Stati Uniti, Regno Unito e Paesi membri dell'Unione Europea.

(Unioneonline/D)

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