"Finalmente una domenica contento", ci diceva, stanchi e sudati, Cochi, giovane e saggio compagno di una squadra che, di tanto in tanto, riusciva a vincere.

Una vita fa, vissuta anche sbucciandosi le ginocchia su campi polverosi, con un solo risultato in testa. Il calcio è anche questo, cari soloni alla ricerca della pietra filosofale persino dentro un pallone: "Una domenica contento". Ma anche un sabato, un lunedì, una settimana intera. In campo e fuori. Il calcio è come la fede. O ce l'hai o non ce l'hai. Tutto il resto è noia.

Chi ha provato a dare una giustificazione scientifica a una passione che accomuna decine di milioni di persone - giusto per stare solo in Italia - è finito regolarmente in fuorigioco. Per noi sardi con il cuore rossoblù (affettuosamente ci dispiace per chi si illumina davanti ad altri colori) l'altare da oggi si chiama Sardegna Arena. Piccolo, forse, ma adatto a noi, come aveva scritto sulla porta di casa un grande della nostra letteratura. È spuntato dal nulla, lo stadio, in quattro mesi. Oggi accanto al vecchio Sant'Elia c'è un altro prato, verde come la speranza che, chi gonfia il petto con i Quattro Mori, possa portare il nostro orgoglio in tutte le arene d'Italia e, speriamo, anche più lontano. Proprio come ha fatto Gigi, Gigi Riva, il Gigante dello sport più bello del mondo.

Il Cagliari è una bandiera da quasi un secolo. Ancor di più da quando, a metà percorso, è finito lassù, davanti a tutti: Campioni d'Italia.

I problemi per l'Isola sono tanti, lo sappiamo. Ma oggi il pensiero va alle migliaia di persone che hanno già fatto una fila per entrare allo stadio per Cagliari-Crotone, a chi fa sacrifici per la pay tv, a chi accende Radiolina o va sul nostro sito. Perché? Stanno giocando i rossoblù! Complimenti a Tommaso Giulini, ha vinto la prima partita. Lo stadio del centenario verrà. Come diceva duemila anni fa Plinio il Vecchio, la casa è dove c'è il cuore. E il cuore è già lì che batte forte, alla Sardegna Arena. Forza Cagliari. Sempre!
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