Il suo sogno? Fare un assist a Gigi Riva. «Mi sarebbe piaciuto giocare con lui. Credo ci saremmo divertiti molto». Gianfranco Zola cita Rombo di Tuono in una lunga intervista rilasciata al Corriere. Dove parte proprio dal suo passato in Sardegna, a Oliena, figlio di genitori pastori che poi cambiarono attività aprendo un bar.

Proprio nell’Isola il suo primo amore con il calcio, grazie anche a quel pallone che gli venne regalato al terzo compleanno. «Mio padre era diventato amico di alcuni giocatori della squadra del paese che erano chiamati gli “stranieri” – spiega Zola –  perché venivano dai paesi vicini. Loro mi regalarono quel pallone di plastica, un Super Tele, e mia mamma dice che non l’ho mai più mollato. Ci andavo anche a dormire».

Quindi le squadre giovanili, la Torres in Serie C, il Napoli, il Parma, la Nazionale, il Chelsea e il Cagliari, una storia costellata di successi. Con un fil rouge, fantasia e libertà. «Io diventavo matto, quando cercavano di imbrigliarmi. Qualche allenatore ci ha provato, ma non era per me. Io al calcio sapevo giocare solamente in quel modo». «Al mio amico Luca Vialli, dicevo: “Tu dimmi come vuoi la palla, poi a come fartela avere ci penso io, non preoccuparti”. Tenevo alla mia indipendenza, al modo in cui cercavo la posizione, al tempo delle mie giocate. Mi dava certezza, sicurezza. Perché era quello che sapevo fare».

Un mondo, anche quello del calcio, dove tutto è cambiato, dove in molti si spostano in Arabia, dove anche lui ha avuto un’esperienza nella squadra dell’Al-Arabi, attratti da ingaggi milionari. «In qualsiasi lavoro, se l’offerta è cinque volte superiore a quello che prendi abitualmente, è naturale che uno ci pensi o accetti – prosegue Zola – . Mi rendo conto che i soldi sono molto importanti però, non lo so, io vengo da un’epoca in cui, certo si guardava agli ingaggi, ma ci tenevamo molto anche a giocare nei campionati più importanti, nelle coppe più importanti». «Non voglio fare paragoni, non amo l’ipocrisia. Tutto è cambiato e il contesto va valutato. Ma rimane che per me la competitività del torneo in cui si gioca è importante, non meno del conto in banca».

Quanto a Mancini «sono rimasto sorpreso. Se devo essere sincero, non me lo aspettavo». «Dopo l’eliminazione ai mondiali io sono tra quelli che ha sostenuto lui dovesse continuare – prosegue – . Pensavo volesse arrivare ai mondiali». Quindi il pensiero a Maradona, «inimmaginabile», e Baggio, «talento straordinario, gli sono grato. Se in quegli anni fosse stata prevista una nazionale con due fantasisti avremmo fatto grandi cose».

(Unioneonline)

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