L’esordio a diciotto anni in Eccellenza sul campo del Bosa con la maglia del Calcio Quartu non è stato proprio di quelli da sogno ma Michele Antinori lo ricorda molto bene: «Finì due pari. Nonostante le due reti incassate fu una prestazione dignitosa e soprattutto un buon risultato per la squadra».

La stagione fu impreziosita dalla vittoria sull'Iglesias, una corazzata che stravinse il campionato e che in quella stagione perse solo due gare. «Provenivo dalla Primavera del Cagliari», ricorda. «Facevo il secondo di Scarpi che già mostrava qualità e mentalità da professionista; per me Alessio è stato un esempio, che soprattutto negli anni della maturità ha influenzato la mia carriera».
Un lungo curriculum, tante stagioni tra serie D ed Eccellenza per il quasi 50enne di Pirri: «Davvero entusiasmanti le stagioni con l’Atletico in D, la più bella quella della salvezza all’ultima giornata nello scontro diretto col Pavia, in trasferta dove vincemmo due a uno condannando i lombardi alla retrocessione. Indimenticabile anche la gara a Civitanova Marche davanti a quattromila spettatori finita in pareggio ma che ci permise di vincere il playoff di Eccellenza e di salire in D, vestivo la maglia del Selargius. Dal punto di vista umano rimarranno per sempre nel mio cuore gli anni a Quartu, Serramanna, Samassi e Pula. Ho conosciuto persone splendide e fatto amicizie che conservo ancora oggi come con Angelo Tomasini, Fabrizio Cesaracciu e Alessio Balloi».
I trascorsi nelle giovanili del Cagliari sono sempre un piacevole ricordo: «Forse all’epoca della Primavera non ero ancora pronto a sfruttare l’occasione, come capita a tanti ho raggiunto la maturità quando la carriera era oramai indirizzata».
Malgrado un importante impiego da ingegnere presso la Regione la voglia e la passione per il calcio sono quelle di sempre. «Seguo con grande passione il Cagliari e reputo l’introduzione del var una regola democratica, la migliorerei introducendo gli interventi a chiamata dalle panchine, opterei anche per dirimere i falli di mano che creano davvero situazioni paradossali».
Il tempo per il pallone si trova sempre: «Per me il calcio sono quei tre legni e il portiere da solo in mezzo, detto questo, da grande non potevo far altro che il preparatore dei portieri, d'altro canto ho avuto maestri di un certo livello che ricordo con affetto come Antonello Casiddu, Pierluigi Venturi e Roberto Micheli. Ho trovato la dimensione ideale nella Ferrini, società fantastica, con grande organizzazione e soprattutto fatta di dirigenti equilibrati che trasmettono sempre il giusto spirito col quale va affrontata una partita di calcio».
Un vita tra i campi di calcio non può non avere un aneddoto da poter essere raccontato: «In D con l’Atletico contro il Palazzolo il mister Virgilio Perra mi porta in panchina perché reduce da un infortunio. Mi consegna la maglia numero 16 e sul 2 a 1 per noi mi fa scaldare ma per entrare in attacco. Un minuto prima della sostituzione il nostro portiere viene espulso e pertanto mi cambio in fretta e furia metto i guanti e corro in porta. I tifosi avversari incitavano gli avversari a calciare da tutte le parti convinti che in porta ci fosse un attaccante. Peccato che nelle fila degli avversari ci fossero alcuni giocatori, tra cui Angelo Tomasini, che mi conoscevano molto bene. Finì 2 a 1 per noi».

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