Un’epoca gloriosa, di spessore cronometrico ed etico dove prendere parte a gare piene zeppe di giovani non era utopia bensì consuetudine.

Il passato. Un’epoca che il mezzofondo sardo ricorda con emozione e nostalgia, in attesa di replicare quei risultati che, ancora oggi, rappresentano le migliori prestazioni mai realizzate nell’Isola. Tra i protagonisti di quel florido periodo c’è Renzo Madeddu, 66 anni, portacolori di alcune delle squadre sarde più forti tra cui la Ferrini, l’Amsicora, l'Ucla e l’Esperia, specialista delle siepi di cui fu dominatore prima dell’avvento di Mauro Lenzu e Franco Deriu.

I suoi inizi. La sua avventura nel mondo dell’atletica leggera è cominciata per caso. “Ho iniziato a correre a 17 anni’’, ricorda, “a darmi l’idea fu mio fratello Marino. Da quel momento iniziai a frequentare quello che allora era il campo Coni di Cagliari e a fare le prime gare’’. Il feeling con le siepi è naturale: riviere, ostacoli, continui cambi di ritmo per Madeddu sono  trampolino di lancio verso traguardi prestigiosi: nel 1977 colse il terzo posto sui 3000 siepi, distanza in cui vanta il personale di 9’01’’70, ai Tricolori Universitari di Rieti. “Ma sarebbe potuta andare meglio’’, aggiunge con un pizzico di rammarico. “Ero secondo per tutta la gara, purtroppo sbagliai il conteggio dei giri e crollai psicologicamente. Quel titolo andò a Marco Marchei, maratoneta di spessore che partecipò più volte alle Olimpiadi. Fu una bella soddisfazione e un’esperienza molto significativa’’.

Le esperienze da ricordare sono molteplici. Il 1982 fu la sua stagione migliore con il personale sui 3000 siepi e negli 800 con 1’54’’60 ma dalla sua può vantare anche varie partecipazioni ai Tricolori di cross e tempi di rilievo come 3’56’’00 sui 1500 e 14’55’’10 sui 5000. Tra le figure più importanti nel suo percorso Aldo Medea, che lo seguì nelle prime fasi di carriera, l’amico fraterno Piero Ligas con cui ha condiviso chilometri giornalieri e il tecnico Nardino Degortes, faro del mezzofondo sardo. “Furono anni bellissimi, si trovavano gare di corsa campestre con oltre 100 Juniores, adesso  è un miracolo se partecipano 20 atleti’’, conclude. “I talenti in Sardegna non mancano, la nota dolente sono i tecnici.

La crisi. C’è una grande crisi in merito a cui si deve porre freno: un tecnico non può pensare solo al fattore economico, deve creare un rapporto umano solido con l’atleta e lavorare giornalmente per fare sì che cresca come sportivo e come persona’’.

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