Scandalosa, come era la Hollywood del dopoguerra. Senza scrupoli, come era (ed è tutt'ora) la macchina spietata dello spettacolo che valuta tutto col metro del successo. Crudele, come la costruzione di certe carriere dove gli avanzamenti non si fanno per meriti professionali ma per disponibilità sessuali. In poche parole questo il sunto di "Hollywood" nuova serie televisiva targata Netflix.

C'è un doppio registro narrativo, uno tipico del vecchio, ma evidentemente mai desueto, american dream: ovvero l'uomo che conquista il cielo partendo dal basso; e un altro che leva il velo al marciume poi scoperchiato dal movimento Mee Too nato per denunciare le molestie e le violenze sessuali che proprio nel mondo del cinema hanno registrato vittime e carnefici eccellenti.

Partiamo da qui. Tutto gira intorno a uno strano distributore di benzina dove i giovanotti che vi lavorano, guidati da Ernie West (Dylan McDermott, su tutti "American Horror Story"), sono bellocci, prestanti e pronti ad andare oltre il pieno di benzina. Prostituti, insomma. Fra loro c'è il giovane reduce di guerra Jack Castello (David Corenswet di "The Politician") che sogna di fare l'attore, si presenta ai cancelli degli studios, ma non riesce neppure a fare un provino come comparsa. Con lui lo sceneggiatore Archie Coleman (Jeremy Pope) che, in quanto di colore e omosessuale, mai potrà ambire a firmare per uno dei grandi studios. Siamo negli Stati Uniti di fine anni Quaranta, non dimentichiamolo. I loro clienti sono uomini e donne, non fa differenza, se non per il nostro Castello. I loro clienti sono spesso potenti produttori (o produttrici) del cinema. Quindi, tra un servizio e l'altro, ognuno dei nostri protagonisti cerca di migliorare la propria posizione.

C'è poi l'agente Henry Willson (lo straordinario Jim Parsons reso famoso da "The Big Bang Theory") che impone schiavitù sessuale (ma anche psicologica) a chiunque voglia lavorare con lui. Sceglie solo attori e fra loro ecco spuntare un giovanissimo e maestoso Roy Harold Fitzgerald. Un nome da bifolco, secondo mister Willson, che lo ribatezzerà Rock Hudson.

Ma è proprio osservando le storie di Castello (un povero reduce), Coleman (un emarginato) e Hudson (un sottomesso) che inizia a comporsi l'american dream. Non vi diciamo come, ovviamente. Però: al centro della rivalsa c'è una sceneggiatura rivoluzionaria scritta da Coleman. Intorno a questo progetto si compone il coro di un'America degli ultimi. Un'attrice di colore, Camille Washington, che è stufa di essere relegata a ruoli di cameriera (Laura Harrier), una collega (parte affidata niente meno che a Mira Sorvino, Premio Oscar) ormai avanti con gli anni che ha paura di perdere contratti se non andrà più a letto col produttore, un manager capace e gentile, Dick Samuels (Joe Mantello), che ha il terrore di dichiarare la propria omosessualità.

Cosa c'è di vero dietro questa nuova serie? Molto. Di sicuro il clima di quegli anni dentro e fuori la fabbrica del cinema, dentro e fuori Los Angeles. In secondo luogo la storia di Rock Hudson e del suo manager Henry Willson che pur di nascondere l'omosessualità del suo più importante attore, ormai divenuto una star hollywoodiana, lo spinse a sposare la sua segretaria. Mentre il personaggio di Ernie West è ispirato alla vera vicenda di Scotty Bowers, ex marines, che offriva servizi sessuali prima lavorando a un distributore di benzina poi in un bar. La sua vita è raccontata in un documentario che il 16 maggio sarà trasmesso su Sky Arte. Si intitola "Scotty and the Secret Story of Hollywood".

Poi, ci sono due omaggi. Uno è dedicato all'attrice asiatica Anna May Wong che per questioni razziali fu sostituita da Luise Rainer per il ruolo da protagonista nel film "La buona terra". L'altro a Hattie McDaniel (qui interpretata da Queen Latifah), la mitica e indimenticabile Mami di "Via col vento". Per questo ruolo, l'artista vinse l'Oscar nel 1940 come migliore attrice non protagonista, aggiudicandosi il primato fra i colleghi afroamericani. Ma, attenzione: durante la cena di gala a Hattie McDaniel non fu concesso di accomodarsi insieme agli altri attori del cast. Le fu riservato un posto separato e isolato.
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