La Cassazione ha confermato il sequestro preventivo disposto nei confronti dei beni del regista Pupi Avati e di suo fratello Antonio, produttore cinematografico, legato all'evasione fiscale dell'Iva per una somma totale di un milione e 324mila euro.

Le irregolarità riguardano gli anni 2012, 2014 e 2015.

Il reato è stato contestato dalla Procura di Roma ai due "nelle loro vesti di Presidente del Consiglio di amministrazione e Consigliere delegato della Duea film spa".

La sentenza della Suprema corte ha negato che "la procedura di rateizzazione di cui la società amministrata" dagli Avati "si fosse avvalsa, relativamente all'anno 2012, e l'opposizione dagli stessi proposta nei confronti della cartella esattoriale relativa all'anno 2015, potessero escludere la sussistenza dei reati contestati e la confiscabilità del relativo profitto, in relazione alla quale era stata disposta la misura cautelare".

Gli ermellini hanno dato ragione ai giudici della Capitale, che ha ritenuto irrilevanti le "richieste di rateizzazione e delle opposizioni presentate" dagli Avati, che hanno sostenuto la loro buona fede.

Per queste ragioni la Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricordo dei due fratelli.

(Unioneonline/F)
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