Un viaggio nel percorso umano, personale e professionale di Mahmood, senza mai entrare nella sfera sentimentale su cui il due volte vincitore di Sanremo (nel 2019 con “Soldi” e nel 2022 in coppia con Blanco con “Brividi”) ha sempre mantenuto il più stretto riserbo.

Debutta alla Festa del cinema di Roma “Mahmood”, il docufilm di Giorgio Testi che poi arriverà al cinema e – dal 15 novembre – anche su Prime Video.

Non sono mai stato tanto bravo a parlare di me, forse anche per questo ho iniziato a scrivere canzoni”, è una delle prime riflessioni del cantautore.

Il filo conduttore del docufilm è il tour italiano ed europeo di Mahmood, passato dal Bataclan di Parigi allo O2 Shepherd’s Bush Empire di Londra, dalla Sala But di Madrid all’Alcatraz di Milano. Ci sono anche filmini di famiglia e testimonianze di amici, familiari e colleghi, da Carmen Consoli a Blanco.

Parla anche la madre di Alessandro Mahmoud. Anna, sarda di Orosei, è un punto fermo nella vita del cantautore classe 1992: “Si mostrava sempre come un bambino felice, ho scoperto poi che esprimeva il suo malessere nelle canzoni”, spiega.

Si esplorano le difficoltà superate: dal difficile rapporto con il padre egiziano Ahmed, raccontato anche in “Soldi”, le fragilità e le delusioni professionali, come l’eliminazione nel 2012 a X Factor, la casa distrutta nell’incendio della Torre dei Moro a Milano nel 2021. E il rapporto con il successo che – parola di una sua amica – “non lo ha cambiato, anzi lo ha reso più empatico”.

“Quando decidi di fare un docufilm sulla tua vita e sul tuo percorso devi essere sincero e raccontare anche cose un po’ più scomode, come ho fatto rispetto al rapporto con mio padre”, ha detto Mahmood in conferenza stampa. “Si è rivelato un viaggio molto utile anche per me, io a volte per non pensare ai miei problemi cerco di offuscare i ricordi del passato. Il documentario in questo senso è stato terapeutico, mi ha aiutato a mettere dei puntini su certi momenti... Certo ora li conoscono pure gli altri", ha commentato sorridendo.

Ancora: “Non volevo un racconto pomposo, ma che fosse messo in rilievo il lato più umano di questo percorso, volevo mostrare come sono fatto realmente”. Il film “è l’antitesi di una celebrazione, anche perché vedermi passare dalla pineta in Sardegna dove cucino le salsicce insieme alla mia famiglia (particolarmente numerosa tra zii e cugini) alle prove nei camerini di Londra non corrisponde al tratto di una superstar che spacca tutto”.

Un insegnamento? A Mahmood piacerebbe che il docufilm comunicasse come “non esistano scappatoie nella strada per arrivare a un obiettivo e che comunque non ci si debba fermare di fronte alle porte in faccia”.

(Unioneonline/L)

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